Il processo di integrazione europea - anche grazie al “Piano Marshall” - stava dando i suoi frutti. Dopo la creazione della CECA si era percepita la volontà degli stati europei occidentali di realizzare, dietro il largo consenso americano, un mercato unico. Come già visto, nel 1955 vi era stata la conferenza di Messina, che aveva delineato i principali obiettivi futuri per l’integrazione nel vecchio continente.
Il 25 marzo 1957, con i Trattati di Roma, venne istituita la “Comunità Economica Europea” (CEE), insieme al “Mercato Europeo Comune” e l’EURATOM <1.
L’amministrazione Eisenhower era soddisfatta del livello raggiunto dai paesi europei, soprattutto dal punto di vista dell’economia e la liberalizzazione dei mercati. Tuttavia, ciò non bastava a difendere fisicamente l’Occidente. La preoccupazione per i successi sovietici nel campo della missilistica atomica portò gli Stati Uniti a proporre forme di “nuclear sharing” agli alleati europei. Tra il 1957 e il 1958 vi furono diverse consultazioni tra Francia, Germania e Italia per accordarsi sulla possibile produzione di armi nucleari europee <2. Anche se poi questa opzione venne scartata, il governo italiano diede il suo generale assenso alla proposta americana di schierare sul territorio missili “Irbm” (raggio intermedio) a testata nucleare, che sarebbero diventati, come spiega la definizione ufficiale nell’aprile 1958, “la spada che doveva integrare lo scudo costituito dalle forze convenzionali <”3.
Nonostante ciò, la “soglia di Gorizia” rimaneva un punto cruciale per l’Alleanza Atlantica, richiedendo uno schieramento ed organizzazione più profondi ed estesi. Infatti, le elezioni politiche italiane del 1958 assunsero un significato decisivo, sia per la politica interna del paese che per quella estera. La Democrazia Cristiana riuscì a guadagnare il 42% dei voti (273 seggi), mentre i comunisti si attestarono al 23% (140 seggi) e i socialisti al 14% (84 seggi) <4.
L’intervento dell’intelligence americana si era fatto sempre più presente nella penisola. Come rivelò nelle sue memorie il già citato funzionario CIA William Colby: "Il mio lavoro consisteva nell’impedire che i comunisti vincessero le elezioni del 1958 […] Ora, non si può negare che interferenze come quelle della CIA in Italia siano illegali […]; tuttavia, il sostegno a gruppi democratici italiani, per metterli nella condizione di tenere testa a una campagna sovversiva sostenuta dai sovietici, può sicuramente essere accettato come un atto morale" <5.
Gli USA di Eisenhower, dopo i successi del 1953, nel rovesciamento del Governo Mossadeq in Iran e del Governo Arbenz in Guatemala, poterono confermare la riuscita delle operazioni clandestine anche in Italia. Nonostante nel 1959 Colby venne trasferito alla base CIA in Vietnam, lasciò l’italiana nelle mani del SIFAR del Generale De Lorenzo, che continuò con costanza la sua battaglia contro le sinistre <6.
Tornando alla questione degli arsenali nucleari, fu portato avanti il negoziato tra Italia e USA per il dispiegamento di 45 missili “Irbm”, meglio conosciuti con il nome “Jupiter”. Malgrado il fatto che il leader del PCI Togliatti presentasse un disegno di legge per vietare l’istallazione di armi nucleari in Italia, questo fu bocciato <7. Si presero inoltre accordi per missili contraerei che avrebbero garantito una prima linea di difesa in caso di attacco. Nel frattempo, aveva ormai preso avvio la cosiddetta “corsa allo spazio”, che non era altro se non un’ennesima Guerra Fredda dal punto di vista dell’ingegneria aerospaziale delle due superpotenze.
Nel 1957 l’URSS lanciò in orbita il primo satellite artificiale, lo “Sputnik” <8, arrivando poi nel 1961 a portare il primo uomo nello spazio, Yuri Gagarin. Gli USA risposero fondando nel 1958 la “National Aeronautics and Space Administration”, la NASA, e cominciando anche loro a lanciare astronauti in orbita, fino a quando supereranno gli stessi sovietici, con lo sbarco sulla Luna della missione “Apollo 11”, nel 1969.
Le preoccupazioni statunitensi, tuttavia, si intensificheranno quando nel 1959, a Cuba <9, una rivoluzione aveva rovesciato il regime autoritario di Fulgencio Batista, vicino agli USA. Il nuovo leader, Fidel Castro, anche se non prettamente filosovietico, compì mosse dirette ad urtare gli interessi americani: espropriazione delle piantagioni possedute dall’azienda “United Fruit” e nazionalizzazione delle raffinerie petrolifere. Il nuovo presidente americano, il democratico John Fitzgerald Kennedy, per far fronte alla crisi cubana, autorizzò, nell’aprile del 1961, uno sbarco armato di esuli cubani “anticastristi”, alla Baia dei Porci <10. Ma l’operazione si rivelò un fallimento e il piano di rivolta popolare pianificato dalla CIA non trovò attuazione. Anzi, lo sbarco americano non fece che intensificare l’avvicinamento di Castro all’URSS di Chruščëv.
La tensione salì quando l’amicizia cubano-sovietica si concretizzò nel progetto di costruire una base missilistica sull’isola, con armi e mezzi forniti direttamente dall’URSS. Nell’ottobre 1962 Kennedy chiese l’immediato smantellamento della base, minacciando un attacco militare a Cuba <11. Dopo l’assenso dei sovietici, si avviarono delle trattative per impedire test nucleari nei mari e nell’atmosfera, che troveranno l’accordo nell’estate del 1963.
Sistemata la crisi cubana, l’attenzione si spostava sulla “situazione calda” del Vietnam. Nel 1954 erano stati siglati gli accordi di Ginevra, dopo che una lunga guerra tra francesi e vietnamiti (iniziata nel 1946) aveva visto i primi venir sconfitti e costretti a ritirarsi. Come per la questione della Guerra di Corea, il Vietnam venne diviso in due stati: una repubblica comunista nel Nord e uno Stato filoccidentale nel Sud <12. Tuttavia, nel 1963 truppe del Vietnam del Nord avviarono una serie di azioni di guerriglia contro lo stato meridionale, portando gli Stati Uniti ad intensificare i finanziamenti all’esercito del Sud. Il Presidente Kennedy stava considerando l’idea di un intervento militare americano in Vietnam, ma il 22 novembre 1963 <13, durante una visita ufficiale a Dallas, in Texas, verrà assassinato da un cecchino (ancora oggi in circostanze non del tutto chiare). Il suo vicepresidente, Lyndon Johnson, continuò la politica del defunto Capo di Stato, in particolare la questione del Vietnam. Dopo uno scontro navale tra forze americane e vietnamite, nel 1964, nel Golfo del Tonchino, il Congresso USA autorizzava l’intervento diretto di truppe statunitensi nella guerra in corso in Vietnam <14. Nel 1965 vi sarà l’invio di 185.000 soldati, che diverranno 540.000 due anni più tardi. Una delle principali strategie adottate dagli americani era quella di bombardare pesantemente il Vietnam del Nord, per distruggere ogni forma di resistenza dei “Viet Cong” (truppe non regolari dell’esercito del Nord). Tuttavia, per calcoli errati diversi ordigni colpiranno anche la Cambogia e il Laos, estranei al conflitto. Inoltre, l’azione americana non riuscì nell’intento di indebolire le forze settentrionali, che passarono invece al contrattacco nel 1968, con l’imponente “Offensiva del Tet” (dal nome del capodanno vietnamita) <15. La risposta statunitense risultò confusa e vi furono addirittura delle rappresaglie contro civili innocenti, ritenuti sostenitori dei guerriglieri del Nord. La nascita del grande movimento pacifista negli Stati Uniti e il generale malumore dell’opinione pubblica, fomentato dai servizi giornalistici e televisivi che trattavano dei massacri americani in Vietnam, indussero il Presidente Johnson a non ricandidarsi alle elezioni del novembre 1968, che vedranno trionfare il repubblicano Richard Nixon <16.
[NOTE]
1 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 242.
2 Idem, p. 251-252.
3 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p.
62.
4 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 86.
5 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 86.
6 Idem, p. 87.
7 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 62.
8 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 308.
9 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 309.
10 Idem, p. 309.
11 Idem, p. 309.
12 Idem, p. 284.
13 Idem, p. 311.
14 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 311.
15 Idem, p. 311.
16 Idem, p. 312.
Daniele Pistolato, "Operazione Gladio". L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024
Il 25 marzo 1957, con i Trattati di Roma, venne istituita la “Comunità Economica Europea” (CEE), insieme al “Mercato Europeo Comune” e l’EURATOM <1.
L’amministrazione Eisenhower era soddisfatta del livello raggiunto dai paesi europei, soprattutto dal punto di vista dell’economia e la liberalizzazione dei mercati. Tuttavia, ciò non bastava a difendere fisicamente l’Occidente. La preoccupazione per i successi sovietici nel campo della missilistica atomica portò gli Stati Uniti a proporre forme di “nuclear sharing” agli alleati europei. Tra il 1957 e il 1958 vi furono diverse consultazioni tra Francia, Germania e Italia per accordarsi sulla possibile produzione di armi nucleari europee <2. Anche se poi questa opzione venne scartata, il governo italiano diede il suo generale assenso alla proposta americana di schierare sul territorio missili “Irbm” (raggio intermedio) a testata nucleare, che sarebbero diventati, come spiega la definizione ufficiale nell’aprile 1958, “la spada che doveva integrare lo scudo costituito dalle forze convenzionali <”3.
Nonostante ciò, la “soglia di Gorizia” rimaneva un punto cruciale per l’Alleanza Atlantica, richiedendo uno schieramento ed organizzazione più profondi ed estesi. Infatti, le elezioni politiche italiane del 1958 assunsero un significato decisivo, sia per la politica interna del paese che per quella estera. La Democrazia Cristiana riuscì a guadagnare il 42% dei voti (273 seggi), mentre i comunisti si attestarono al 23% (140 seggi) e i socialisti al 14% (84 seggi) <4.
L’intervento dell’intelligence americana si era fatto sempre più presente nella penisola. Come rivelò nelle sue memorie il già citato funzionario CIA William Colby: "Il mio lavoro consisteva nell’impedire che i comunisti vincessero le elezioni del 1958 […] Ora, non si può negare che interferenze come quelle della CIA in Italia siano illegali […]; tuttavia, il sostegno a gruppi democratici italiani, per metterli nella condizione di tenere testa a una campagna sovversiva sostenuta dai sovietici, può sicuramente essere accettato come un atto morale" <5.
Gli USA di Eisenhower, dopo i successi del 1953, nel rovesciamento del Governo Mossadeq in Iran e del Governo Arbenz in Guatemala, poterono confermare la riuscita delle operazioni clandestine anche in Italia. Nonostante nel 1959 Colby venne trasferito alla base CIA in Vietnam, lasciò l’italiana nelle mani del SIFAR del Generale De Lorenzo, che continuò con costanza la sua battaglia contro le sinistre <6.
Tornando alla questione degli arsenali nucleari, fu portato avanti il negoziato tra Italia e USA per il dispiegamento di 45 missili “Irbm”, meglio conosciuti con il nome “Jupiter”. Malgrado il fatto che il leader del PCI Togliatti presentasse un disegno di legge per vietare l’istallazione di armi nucleari in Italia, questo fu bocciato <7. Si presero inoltre accordi per missili contraerei che avrebbero garantito una prima linea di difesa in caso di attacco. Nel frattempo, aveva ormai preso avvio la cosiddetta “corsa allo spazio”, che non era altro se non un’ennesima Guerra Fredda dal punto di vista dell’ingegneria aerospaziale delle due superpotenze.
Nel 1957 l’URSS lanciò in orbita il primo satellite artificiale, lo “Sputnik” <8, arrivando poi nel 1961 a portare il primo uomo nello spazio, Yuri Gagarin. Gli USA risposero fondando nel 1958 la “National Aeronautics and Space Administration”, la NASA, e cominciando anche loro a lanciare astronauti in orbita, fino a quando supereranno gli stessi sovietici, con lo sbarco sulla Luna della missione “Apollo 11”, nel 1969.
Le preoccupazioni statunitensi, tuttavia, si intensificheranno quando nel 1959, a Cuba <9, una rivoluzione aveva rovesciato il regime autoritario di Fulgencio Batista, vicino agli USA. Il nuovo leader, Fidel Castro, anche se non prettamente filosovietico, compì mosse dirette ad urtare gli interessi americani: espropriazione delle piantagioni possedute dall’azienda “United Fruit” e nazionalizzazione delle raffinerie petrolifere. Il nuovo presidente americano, il democratico John Fitzgerald Kennedy, per far fronte alla crisi cubana, autorizzò, nell’aprile del 1961, uno sbarco armato di esuli cubani “anticastristi”, alla Baia dei Porci <10. Ma l’operazione si rivelò un fallimento e il piano di rivolta popolare pianificato dalla CIA non trovò attuazione. Anzi, lo sbarco americano non fece che intensificare l’avvicinamento di Castro all’URSS di Chruščëv.
La tensione salì quando l’amicizia cubano-sovietica si concretizzò nel progetto di costruire una base missilistica sull’isola, con armi e mezzi forniti direttamente dall’URSS. Nell’ottobre 1962 Kennedy chiese l’immediato smantellamento della base, minacciando un attacco militare a Cuba <11. Dopo l’assenso dei sovietici, si avviarono delle trattative per impedire test nucleari nei mari e nell’atmosfera, che troveranno l’accordo nell’estate del 1963.
Sistemata la crisi cubana, l’attenzione si spostava sulla “situazione calda” del Vietnam. Nel 1954 erano stati siglati gli accordi di Ginevra, dopo che una lunga guerra tra francesi e vietnamiti (iniziata nel 1946) aveva visto i primi venir sconfitti e costretti a ritirarsi. Come per la questione della Guerra di Corea, il Vietnam venne diviso in due stati: una repubblica comunista nel Nord e uno Stato filoccidentale nel Sud <12. Tuttavia, nel 1963 truppe del Vietnam del Nord avviarono una serie di azioni di guerriglia contro lo stato meridionale, portando gli Stati Uniti ad intensificare i finanziamenti all’esercito del Sud. Il Presidente Kennedy stava considerando l’idea di un intervento militare americano in Vietnam, ma il 22 novembre 1963 <13, durante una visita ufficiale a Dallas, in Texas, verrà assassinato da un cecchino (ancora oggi in circostanze non del tutto chiare). Il suo vicepresidente, Lyndon Johnson, continuò la politica del defunto Capo di Stato, in particolare la questione del Vietnam. Dopo uno scontro navale tra forze americane e vietnamite, nel 1964, nel Golfo del Tonchino, il Congresso USA autorizzava l’intervento diretto di truppe statunitensi nella guerra in corso in Vietnam <14. Nel 1965 vi sarà l’invio di 185.000 soldati, che diverranno 540.000 due anni più tardi. Una delle principali strategie adottate dagli americani era quella di bombardare pesantemente il Vietnam del Nord, per distruggere ogni forma di resistenza dei “Viet Cong” (truppe non regolari dell’esercito del Nord). Tuttavia, per calcoli errati diversi ordigni colpiranno anche la Cambogia e il Laos, estranei al conflitto. Inoltre, l’azione americana non riuscì nell’intento di indebolire le forze settentrionali, che passarono invece al contrattacco nel 1968, con l’imponente “Offensiva del Tet” (dal nome del capodanno vietnamita) <15. La risposta statunitense risultò confusa e vi furono addirittura delle rappresaglie contro civili innocenti, ritenuti sostenitori dei guerriglieri del Nord. La nascita del grande movimento pacifista negli Stati Uniti e il generale malumore dell’opinione pubblica, fomentato dai servizi giornalistici e televisivi che trattavano dei massacri americani in Vietnam, indussero il Presidente Johnson a non ricandidarsi alle elezioni del novembre 1968, che vedranno trionfare il repubblicano Richard Nixon <16.
[NOTE]
1 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 242.
2 Idem, p. 251-252.
3 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p.
62.
4 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 86.
5 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 86.
6 Idem, p. 87.
7 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 62.
8 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 308.
9 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 309.
10 Idem, p. 309.
11 Idem, p. 309.
12 Idem, p. 284.
13 Idem, p. 311.
14 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 311.
15 Idem, p. 311.
16 Idem, p. 312.
Daniele Pistolato, "Operazione Gladio". L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024