sabato 14 giugno 2025

Con l'arrivo degli alleati a Roma Dosi ebbe la possibilità di riabilitare la sua posizione


Il 19 giugno del 1939 [Giuseppe Dosi] fu condotto a Regina Coeli, nel terzo braccio, quello dei politici, fu posto in “stretto isolamento cellulare a disposizione del capo della polizia”. Fu dichiarato soggetto pericoloso. Alla prigione seguì il manicomio. Dopo tre mesi di carcere duro fu visitato da uno psichiatra inviato dal Ministero di Grazia e Giustizia. Dopo quella visita, il 21 settembre, venne prelevato da Regina Coeli e inviato al manicomio provinciale di S. Maria della Pietà. Venne rinchiuso nel padiglione XVIII per diciassette mesi, ne è testimonianza un ricorso straordinario avanzato per ottenere l’annullamento del decreto di dispensa dal servizio, che indirizzò al Ministero dell’Interno -289 per cercare, dopo la morte del capo della Polizia Arturo Bocchini, a suo giudizio detrattore principale, di recuperare la sua posizione. Fu liberato nel gennaio del 1941, quando la guerra era già scoppiata, tornò a vivere a Roma in via Veio, 54 dalla sua famiglia. Non appartenendo più al corpo della polizia, cercò e ottenne un posto di funzionario amministrativo all’Ente italiano per le audizioni radiofoniche -290 (Eiar) -291 nella sede di via Botteghe Oscure 54; lì rimase fino alla fine di gennaio 1944, quando rifiutò di trasferirsi al Nord per lavorare nei servizi radio della Repubblica Sociale Italiana. All’Eiar si occupò di pratiche amministrative, di inchieste disciplinari, di vigilanza e di sicurezza, oltre che di reportage giornalistici.
Il 4 giugno del 1944, l’arrivo degli Alleati a Roma e la fuga degli occupanti nazi-fascisti, offrirono a Dosi la possibilità di riabilitare la sua posizione. Spontaneamente la mattina del 4 giugno Dosi, entrò nei locali del carcere di via Tasso abbandonato dagli occupanti per prelevare i documenti. L’ex carcere in quel momento era in balia della folla che aveva fatto irruzione liberando i prigionieri, saccheggiando e poi bruciando mobili, suppellettili e documenti.
Unica testimonianza di quei momenti concitati sono le fotografie che Dosi scattò. All’indomani si recò al Campidoglio <292 e riferì agli ufficiali alleati che era in possesso di numerosa documentazione tedesca tra cui elenchi di sabotatori e di collaborazionisti. Venne interrogato a lungo da due ufficiali appartenenti al Counter Intelligence Corp (Cic) <293, controspionaggio alleato, i quali vennero a conoscenza del fatto che fosse un ex-commissario capo della polizia italiana, consegnò loro alcuni elenchi di nomi ritrovati a via Tasso. Dopo qualche tempo, per evitare la diffusione di notizie a Dosi venne chiesto di consegnare tutte le carte tedesche in suo possesso. Allo stato attuale degli studi è possibile affermare, dopo l’individuazione ed il recupero delle carte appartenute a Giuseppe Dosi operato da chi scrive, che non tutto fu consegnato e che parte rimase nelle mani di Giuseppe Dosi <294. Una pubblicazione divulgò parzialmente, a distanza di poco tempo, il contenuto di quelle carte. Dosi con l’editore Realino Carboni nel 1946 diede alle stampe solo il primo volume dei tre previsti, il titolo scelto fu "Via Tasso: I. I misteri delle SS". Documenti originali raccolti e commentati da Giuseppe Dosi, gli altri non vennero mai pubblicati.
Verso la fine di giugno del 1944 venne condotto nuovamente nel comando alleato, in quell’occasione gli proposero l’assunzione come addetto alla German section all’interno del controspionaggio. Fu assunto in servizio come “tecnico speciale” in campo investigativo, prima alla German Section poi alla Political Section del Cic <295 - U.S. Army-Via Sicilia 59 - Roma, attuando un servizio di collegamento col Ministero dell’Interno e la Questura di Roma.
Le carte che compongono l’Archivio Dosi restituiscono l’attività svolta dallo stesso a partire dal periodo che coincide con il ritrovamento delle carte, all’impiego presso il Cic e poi presso l’Interpol. Dalle carte emerge che la prima parte della sua attività fu mirata al chiarimento di fatti ed episodi e all’identificazione certa dei personaggi che ruotavano intorno al comando di via Tasso. Dal luglio 1944 a dicembre dello stesso anno si occupò dell’analisi delle carte tedesche <296 che lui stesso recuperò.
Ebbe modo di verificare l’esistenza di una fitta rete di spionaggio che i tedeschi avevano intessuto a Roma attraverso l’analisi di piani e di elenchi di nomi recuperati, rivelò il ruolo di molti agenti occupati nelle retrovie in azioni di sabotaggio nelle zone intorno a Roma <297. Queste indagini lo portarono ad intessere molteplici contatti professionali, molte volte svolse il ruolo di testimone nei processi <298 contro i nazisti Kappler, Maeltzer, Von Mackensen e di altri collaboratori assoldati dal comando di via Tasso nei nove mesi di occupazione. Ebbe modo di collaborare ai lavori della Commissione delle «Cave Ardeatine», offrendo preziose informazioni al prof. Attilio Ascarelli, prima, ed al prof. Ugo Sorrentino poi.
La seconda parte della sua attività condotta nel Cic, a partire dal gennaio del 1945, fu condizionata dal mutamento degli scenari politici internazionali. In seguito all’elezione del nuovo presidente americano Trumann, i cambiamenti
post-bellici che tratteggiarono nuovi equilibri internazionali bipolari innescarono, nell’Italia dell’immediato Dopoguerra, una dinamica di forze messe in atto dai settori militari dei servizi segreti americani, legati alla nascente guerra fredda che portarono forti mutamenti già a partire dalle settimane successive alla fine della guerra.
Il cambiamento del focus del Cic è riscontrabile negli incarichi affidati a Dosi e nella conseguente produzione di carte. Venne incaricato di monitorare le vicende dei partiti politici, della massoneria e la formazione di movimenti neo-fascisti. A fine mandato gli venne consegnata la Medal of Freedom <299, una benemerenza conferita dal presidente degli Stati Uniti. Rimase presso il comando alleato, con il grado di vice-questore, fino al giugno del 1946 <300. La sua totale riabilitazione sul fronte italiano avvenne il 20 maggio del 1946 quando fu riassunto in servizio. Il 10 giugno 1946, fu promosso vice-questore ed incaricato in qualità di corrispondente italiano delle comunicazioni con il Treasure department di Washington-Bureau of narcotic per gli affari riguardanti il narcotraffico. Partecipò alla riorganizzazione di quella che una volta era la Commissione internazionale di polizia di Vienna <301 e che sarebbe diventata l’Interpol. Termine, quest’ultimo, coniato durante una riunione a Parigi, grazie al suggerimento dello stesso Dosi, che di quell’organismo diventò parte integrante.
Dalla seconda metà del 1946 gli fu affidata la direzione dell’ufficio italiano Interpol presso la Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, ufficio da lui organizzato ex-novo. Si specializzò in problemi di polizia aerea, di stupefacenti, di falsificazioni, e, per due volte, venne inviato come rappresentante dell’Italia all’Onu302. Partecipò attivamente alle assemblee annuali dell’Interpol, tenendo corsi di aggiornamento, lezioni e conferenze presso le scuola di polizia in Italia e all’estero.
Nel 1955 contribuì al recupero delle carte appartenute al generale Rodolfo Graziani, secondo quanto afferma, affidategli “in via del tutto personale-privata”, “salvandole da sicura dispersione all’estero” <303. Attualmente sono conservate, grazie al suo interessamento presso l’Archivio Centrale dello Stato. Fu posto in congedo nel 1956 con all’attivo nell’Interpol 31000 indagini effettuate e 364 arresti operati. Dopo il congedo venne nominato commendatore al merito della Repubblica e poi grande ufficiale. Ottenne la licenza di esercitare la professione di detective privato direttamente dal capo della Polizia e fondò, così, un'agenzia di investigazioni internazionali che chiamò «DOSI Inchieste Speciali»; ebbe il plauso del prefetto di Roma, Vincenzo Perruso <304.
Dopo il pensionamento si dedicò ad approfondire ulteriormente molte delle indagini a cui partecipò durante la sua carriera, facendo ricerche scrivendo e divulgandole in vari articoli, interviste, reportage, approfondimenti. Morì nel 1981.
[NOTE]
289 Il ricorso puntuale e molto ben documentato è conservato nell’archivio storico dell’ufficio storico della Polizia di Stato. Contiene in allegato una serie di documenti fondamentali per ricostruire la carriera e la vicenda Dosi a ridosso del suo arresto e durante la sua detenzione in carcere. Ufficio storico della Polizia di Stato, archivio storico, Dosi Giuseppe - Fascicolo personale pensionistico, 1903/A.
290 Il periodo trascorso all’Eiar è dettagliatamente descritto in una relazione che Dosi fece al Cic. Msl, Archivio Giuseppe Dosi, b. 2, fasc. 26.
291 D'ora in poi Eiar.
292 È lì che lo si vede immortalato in una famosa foto dove, alla sinistra del generale Clark, visibilmente dimagrito sale le scale verso il Campidoglio il 5 giugno 1944. U. GENTILONI, 4 Giugno… cit., p. 100.
293Il Counter Intelligence Corp fu un'agenzia di contro spionaggio dell'United States Army durante la Seconda guerra mondiale e nel Dopoguerra. La sua funzione era quella di attivare una rete di spionaggio per investigare su possibili sabotaggi, attività sovversive fornendo addestramento alle unità combattenti in materia di sicurezza, censura, sequestro di documenti e sul pericolo delle trappole esplosive.
294 La documentazione a cui ci si riferisce, recuperata nel 2009, attualmente costituisce il fondo Archivio Giuseppe Dosi che è conservato presso il Museo storico della Liberazione.
295 Il comando aveva la sua sede a Roma in via Sicilia 59. L’indirizzo compare su numerosi documenti. In un rapporto del capitano James Jesus Angleton - secondo quanto afferma Nicola Tranfaglia nel suo volume - si legge che “il quartier generale dell’X-2 e delle unità Z dello Sci è situato in via Sicilia, 59, presso il Teatro delle Arti. Nello stesso edificio si trovano anche il Cic, lo Sci (Special counter intelligence) britannico, il National intelligence unit (Niu), l’Fss (Field security service), il G-2, il quartier generale delle forze armate americane e altri per un totale di otto ambienti”. N. TRANFAGLIA, Come nasce una repubblica, Milano, Bompiani, 2004, p. 346-347.
296 Nel 1956 Dosi, ormai in pensione, rilascia una serie di interviste al giornalista Renzo Trionfera in cui parla diffusamente della sua carriere. R. TRIONFERA, Le memorie del capo italiano dell’Interpol in «L’Europeo», a. 12, n° 564 e segg.
297 R. TRIONFERA, Le memorie … cit., n. 573, 7 ottobre 1956, p. 22.
298 Questo è il caso dei procedimenti giudiziari a carico di Mario Frigenti e di Domenico Campana celebrati nel 1948 dalla Corte d’Appello di Roma. All’interno dei fascicoli istruttori si trovano lettere manoscritte di Dosi a cui sono allegate schede matricolari del carcere di Regina Coeli e altra documentazione tedesca utilizzata come prove a carico degli imputati nel procedimento. Asrm, Cap, sezione istruttoria, b. 1140.
299 Nella motivazione si legge “Giuseppe Dosi, commendatore dottore italiano per condotta eccezionalmente meritevole nell’esecuzione di rilevanti servizi sul fronte di operazioni del Mediterraneo dal 6 giugno 1944 al 5 maggio 1946. La lealtà di Dosi, la sua integrità, la sua inesauribile devozione al dovere sono state di inestimabile assistenza al corpo di controspionaggio dell’esercito degli Stati Uniti. La sua vasta esperienza ed i suoi inflessibili sforzi sono stati responsabili per la distruzione di alcune delle più valutate organizzazioni nemiche di spionaggio. L’abilità, la comprensione e gli instancabili sforzi del dott. Dosi hanno contribuito immensamente alla sicurezza dell’organizzazione militare alleata e la sua condotta è stata in accordo con le più alte tradizioni del servizio militare. Rimase, poi, in servizio fino al novembre 1947. La motivazione è stata pubblica sul bollettino “General order” n. 146. Il documento è in possesso della famiglia.
300 Risale al 16 agosto 1944 una richiesta avanzata dal maggiore Floyd Snowden diretta al Ministro dell’Interno per chiedere la riammissione in servizio.
301 Fondata nel 1923 aveva lo scopo di collegare le polizie di più paesi.
302 È lì che lo conobbe Indro Montanelli, che nel volume 'I busti al Pincio' riferisce che Dosi, «sovente andava a riferire all’Onu». In quel caso si trovava all’Onu davanti alla commissione narcotici rappresentando il governo italiano e difendendolo dall’accusa internazionale di favorire o non curarsi a dovere del traffico di stupefacenti. I. MONTANELLI, I busti al Pincio, Milano, Longanesi, 1956, p. 319.
303 La vicenda legata al recupero delle Carte Graziani, attualmente conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato, è molto articolata. Nel febbraio del 1955 Giuseppe Dosi contattò il Soprintendente dell’Archivio Centrale dello Stato, Armando Lodolini, esprimendo la volontà di depositare sei fascicoli di carte appartenute a Rodolfo Graziani. Alla missiva (protocollo generale n. 413/96 del 28 marzo 1955) era allegato un elenco di consistenza di massima. Se ne fornisce qualche elemento. Oltre alle memorie redatte da Graziani da Addis Abeba, nelle carte si trova: numerosa rassegna stampa con commenti autografi di Rodolfo Graziani, Graziani carteggi vari di guerra, lettere autografe e telegrammi, carteggi con Pietro Badoglio, diplomi e riconoscimenti. Gli elementi per ricostruire il ruolo avuto da Giuseppe Dosi nel versamento delle carte Graziani in Archivio Centrale dello Stato sono stati possibili grazie alla disponibilità ed al confronto avuto con Margherita Martelli.
304 G. DOSI, II mostro… cit., p. 9.
Alessia A. Glielmi, Guida all’archivio del Museo storico della Liberazione e inventariazione del materiale documentario delle forze tedesche di occupazione, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno Accademico 2011-2012