sabato 28 giugno 2025

La condotta da bauscia di Perego fu sicuramente condizionata

Milano: il Palazzo di Giustizia. Fonte: mapio.net

Oliverio non fu tuttavia l’unico politico ben disposto nei confronti di Perego e Pavone. Un altro politico fu Emilio Santomauro, ex-consigliere milanese di Alleanza Nazionale, all’epoca delle indagini membro della direzione nazionale dell’UDC, il partito dell’ex-Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Quando gli investigatori lo videro entrare in scena nell’inchiesta Tenacia, accertarono che in quel momento si trovava in attesa di giudizio con l’accusa di aver agito da prestanome per alcuni uomini del clan camorristico Guida. Nel 2000, inoltre, era stato l’obiettivo di un attentato i cui contorni non vennero mai chiariti: un sicario gli sparò al ginocchio fuori dal suo studio di consulenza legale <1129. Dalle indagini emerse come egli si fosse proposto «chiaramente ed esplicitamente come persona in grado di passare degli appalti al Gruppo Perego» <1130.
Il 24 maggio 2009, ad esempio, presentò a Ivano Perego il candidato del PDL al Parlamento europeo, Vito Bonsignore, premurandosi, a fine evento, di inviare un sms all’imprenditore sul buon esito dell’incontro: «Mi ha appena detto che sei entrato nel suo cuore! Complimenti! Ti voglio bene! Tuo Emilio» <1131.
In altre telefonate invece Santomauro spiegava a Perego con dovizia di particolari la situazione di alcune gare pubbliche di appalto, convincendolo a desistere da quelle in cui non aveva speranza di vittoria, perché già assegnate <1132, promettendogli però altri lavori.
L’essenzialità del rapporto con la politica venne spiegata da Andrea Pavone in un’altra conversazione, intercettata il 20 maggio: «Facciamo un ufficio gare, lo facciamo a Milano nei loro studi e usiamo i loro architetti e quindi, cioè... usando le loro strutture... sono interessati a farci vincere le gare, no?» <1133. Dietro, come sempre, la consapevolezza di avere le spalle coperte dalla ‘ndrangheta, come emerse in un’altra conversazione tra Pavone e Perego <1134:
"PAVONE: «guarda... se abbiamo un pizzico di fortuna, tra un paio d'anni, siamo veramente sistemati…»
PEREGO: «bravo, bravo…»
PAVONE: «ci sistemano per le feste…» (ride)
PEREGO: «o ci gettano dentro qualche pilastro» (ride)
PAVONE: «porcodinci, cazzo... no, ma lì abbiamo anche i calabrotti che... certo... […] neanche quello ci... non ci potrebbero fare neanche quello, eh…»
PEREGO: «bravo... abbiamo la scorta…»".
Riassumendo, una volta ottenuto il completo controllo dell’azienda, il passo successivo della ‘ndrangheta è quello di consolidare il proprio capitale sociale con relazioni strategiche nella politica. In questo senso va letto l’appuntamento che Strangio procurò a Perego con Massimo Ponzoni, in quel momento assessore regionale alla Qualità dell’Ambiente <1135. «Abbiamo sforzato a prendere questo appuntamento» <1136, confidò Strangio a Pavone, parlando al plurale, con evidente riferimento all’organizzazione mafiosa.
Ponzoni, nei piani di Strangio, era una pedina importante non solo per le sue deleghe strategiche in Regione ma anche perché può facilitare la candidatura di un uomo a loro gradito, Giuseppe Romeo, all’epoca comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri a Vercelli <1137.
Il carabiniere e il poliziotto
Dalle indagini emerse che Romeo chiese al boss appoggio politico in cambio di protezione per i camion della Perego, coinvolti nel traffico di rifiuti, oltre ad offrirgli diversi suggerimenti sull’uso dei telefoni cellulari (ad esempio, non utilizzare mai schede intestate a proprio nome), tanto che Strangio lo definì «un amico per davvero»1138. Qualcosa che nel codice culturale della ‘ndrangheta va ben al di là del classico concetto di amicizia, come fanno notare gli inquirenti <1139.
In forze alla Polizia di Stato, invece, era l’ispettore Alberto Valsecchi, prodigo di favori a Perego nel suo ruolo istituzionale. Interessato ad ottenere un incarico dirigenziale nell’ambito della costituenda forza di polizia della Provincia di Monza, Valsecchi si interessò della questione multe ai camion aziendali della Perego per avere il supporto nella nomina dei contatti politici inseriti nella rete relazionale dell’imprenditore.
Pur risultando non penalmente rilevanti le condotte di Romeo e Valsecchi dopo la valutazione degli inquirenti, la loro presenza nel capitale sociale esteso della ‘ndrangheta dimostrava, allora come oggi, la capacità dell’organizzazione mafiosa di arrivare ovunque, ottenendo e concedendo favori in ogni campo, dalla sanità agli appalti pubblici, fino addirittura alla cancellazione delle multe e l’ottenimento di biglietti omaggio per il Gran Premio di Formula Uno.
La nuova morale borghese e le affinità elettive con la ‘ndrangheta 
La vicenda Perego ci riporta alle considerazioni fatte sulla «nuova morale borghese» tratteggiata tanto da Bourdieu che da Bauman, e nella sua compatibilità con l’habitus mafioso. Quando Ivano Perego ereditò il controllo dell’azienda dal padre defunto non aveva ancora 35 anni ed era un consumatore abituale di cocaina, tanto che nell’ordinanza del GIP venne definito senza mezze misure un «cocainomane» <1140. Benché non sia una droga «d’élite», la capacità di comprare e consumare in modo continuo e massiccio cocaina è considerata uno status symbol. Questo perché, al pari di una Ferrari o di una Porsche o di uno yacht, tutti segni distintivi dell’appartenenza alla classe dominante, richiede un flusso di spesa continuo per mantenerne inalterato il consumo: nel caso dell’auto di lusso è quello relativo al carburante e alla manutenzione, nel caso dello yacht c’è anche l’acquisto o l’affitto dell’attracco in porto o dell’equipaggio di bordo. In una società, o spazio sociale, in cui le persone sono giudicate in base alla propria capacità di consumare per via di quella «morale edonista del consumo, basata sul credito, sulla spesa, sul godimento» <1141, non sorprende l’atteggiamento piccolo-borghese di Perego, smanioso di appropriarsi dei segni distintivi dell’alta società borghese, ma incapace di mantenerseli per via della crisi di liquidità che attanagliava la sua azienda. Da non sottovalutare poi il grado di dipendenza dallo stupefacente e i suoi effetti psicologici, testimoniati dalle parole di Salvatore Strangio, che in più di un’intercettazione definì Perego un «drogato pazzo» <1142.
Questo non è un dettaglio di poco conto, perché proprio il bisogno di mantenere inalterato il proprio tenore di vita e, di conseguenza, il consumo di beni di lusso, ivi compresa la cocaina, portò Ivano Perego a consegnare nelle mani della ‘ndrangheta l’azienda che aveva ereditato dal padre.
Prova ne è che dall’estate del 2008, quando Strangio e Pavone misero piede in azienda, «Perego ha anche notevolmente innalzato il suo tenore di vita, manifestato dalla disponibilità di auto estremamente costose. Insomma, Perego ha bisogno di guadagnare... ad ogni costo» <1143.
Un atteggiamento, quello di Perego, segnalato anche dalla difesa di Oliverio, dopo gli arresti del 13 luglio 2010: il politico disse di aver interrotto il rapporto «perché qualcosa non mi convinceva: aveva un comportamento molto aggressivo» e in più aveva un tenore di vita molto alto. «È una persona appariscente, con macchine importanti. In milanese si dice bauscia» <1144.
Il bauscia nella cultura milanese, oltre a indicare i tifosi interisti, è sempre stato sinonimo di sbruffone e, in ambito imprenditoriale, generalmente qualifica quel piccolo borghese imprenditore poco aperto alle innovazioni, egocentrico, rozzo, con la smania di apparire e di enfatizzare ogni sua iniziativa, che però ha avuto una crescita improvvisa della sua azienda, cosa che lo ha catapultato nell’Olimpo dell’alta società borghese, pur non possedendone l’habitus necessario per farne parte.
La condotta da bauscia di Perego fu sicuramente condizionata dalla consapevolezza «del ruolo di Strangio e della funzione di protezione che lo stesso svolge non solo rispetto alla gestione dei cantieri, ma pure ai creditori calabresi che Strangio contribuisce a controllare e tacitare» <1145.
Quest’aura di invincibilità portò Perego a sopravvalutare la sua capacità imprenditoriale, portando alla rovina una solida realtà imprenditoriale come l’azienda di famiglia e le 150 famiglie a cui dava lavoro, ma anche la sua capacità di uscire indenne dal rapporto con l’organizzazione mafiosa.
Tale era il suo coinvolgimento all’interno dell’organizzazione, che in primo grado nel 2012 fu condannato a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa <1146, reato riqualificato in Corte d’Appello nel 2014 in concorso esterno in associazione mafiosa con riduzione della pena a 10 anni e 11 mesi <1147, poi confermata in Corte di Cassazione <1148. Ovviamente, insieme a lui, vennero condannati anche Salvatore Strangio e Andrea Pavone. L’assalto in Expo2015, attraverso la Perego, fallì anche per incapacità delle persone incaricate di gestire l’operazione. Tuttavia l’ingresso del potere mafioso nell’esposizione universale avvenne ugualmente, seppur in maniera decisamente più limitata rispetto alle intenzioni iniziali <1149: come ricorda Gianni Barbacetto <1150, «i molti allarmi e i tanti controlli che sono stati fatti hanno bloccato l’assalto che le organizzazioni mafiose preparavano da anni: se la politica è stata in ritardo fino all’ultimo, tant’è che rischiavamo di non aprire, le uniche non in ritardo erano le organizzazioni criminali che erano pronte da anni».
Una conferma in tal senso emerge anche dalla testimonianza del collaboratore di giustizia Gennaro Pulice, già referente della ‘ndrina dei Cannizzaro-Iannazzo-Daponte in Lombardia con la dote di santista: gli offrirono l’assegnazione di alcuni lavori ma «di fatto non accettai questa opportunità che mi veniva offerta perché l’Expo era sottoposto a numerosi controlli, quindi preferii non immischiarmi» <1151.
[NOTE]
1128 Gennari, G. (2010). Ordinanza di misura cautelare personale 47816/08 R.G.N.R., Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, 6 luglio, p. 124. Zambetti fu arrestato nell’ambito dell’indagine Grillo Parlante, condannato in primo grado nel 2017 a 13 anni e 6 mesi, pena ridotta nel 2018 a 7 anni e 6 mesi in Appello per via del riconoscimento delle attenuanti generiche, confermata in via definitiva dalla Cassazione il 9 marzo 2021. Il suo arresto, insieme agli scandali legati alla sanità lombarda, fu determinante nello scioglimento anticipato del Consiglio regionale nel 2013 e alla fine dell’era Formigoni.
1129 Ivi, p. 117-118.
1130 Ivi, p. 121.
1131 Ivi, p. 119.
1132 Ivi, p. 120.
1133 Ivi, p. 119.
1134 Ivi, p. 123.
1135 Ivi, p. 126.
1136 Ivi, p. 127.
1137 Ivi, p. 129.
1138 Ivi, p. 134.
1139 Ivi, p. 135.
1140 Ivi, pp. 74 e 332.
1141 Bourdieu, La Distinzione, p. 315-316.
1142 Gennari, op. cit., p. 332.
1143 Ivi, p. 333.
1144 Citato in Corriere della Sera, L’assessore che organizzava le cene tra il boss della ‘ndrangheta e i politici, 14 luglio 2010
1145 Gennari, op. cit., p. 333.
1146 BALZAROTTI, M. L. (2012). Sentenza 13255/12 contro "Agostino Fabio + 43", Tribunale Ordinario di Milano - VIII Sezione Penale, 6 dicembre, p. 1230.
1147 MALACARNE, M. (2014). Sentenza n. 5339/14 contro "Agostino + 40", Corte di Appello di Milano - I Sezione Penale, 28 giugno, p. 809.
1148 ESPOSITO, A. (2015). Sentenza n. 34147/15 contro "Agostino + 40", Suprema Corte di Cassazione - II Sezione Penale, 30 aprile, p. 260.
1149 Il 31 gennaio 2014, alla Camera del Lavoro, Nando dalla Chiesa, all’epoca Presidente del Comitato Antimafia del Sindaco Pisapia, lanciò l’allarme (si veda sul Canale YouTube di WikiMafia “Dalla Chiesa, la mafia entrerà in Expo”), confermato anche dall’allora prefetto Francesco Paolo Tronca in una relazione alla Commissione parlamentare antimafia. Diverse sono state le inchieste sul tema Expo sviluppate dalla DDA negli anni successivi, nonostante le polemiche politiche per la sensibilità istituzionale dimostrata dall’allora Procuratore Capo Edmondo Bruto Liberati per evitare inchieste a ridosso dell’inizio della manifestazione e durante il suo svolgimento.
1150 Intervista all’autore, 21 gennaio 2021.
1151 SIMION, A. (2020). Ordinanza di applicazione di misura cautelare - Procedimento n. 15565/17 R.G.N.R., Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, 2 luglio. p. 23. (Inchiesta Habanero). 
Pierpaolo Farina, Le affinità elettive. Il rapporto tra mafia e capitalismo in Lombardia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2019-2020