Sul numero 10 (anno I, 23 aprile 1949) de "Il Mondo" inizia la pubblicazione del romanzo "Il bell'Antonio" di Vitaliano Brancati. Fonte: Biblioteca nazionale centrale di Roma |
Nel panorama degli studi di storia della critica figurativa del secondo dopoguerra, manca una disamina delle posizioni degli autori della pagina d’arte del periodico romano “Il Mondo” - in un primo tempo “Settimanale di politica e letteratura”, quindi, dal quarto numero del 1953, “Settimanale politico, economico e letterario” -.
Studi - raccolte di documenti <1, indagini sul rapporto tra arte e critica militante in Italia <2 e affondi sulla trasformazione del vocabolario visivo tra anni Quaranta e Cinquanta <3 - che, anche quando hanno centrato la propria attenzione su periodici o giornali non specialistici (a titolo esemplificativo, sulle pagine culturali de “L’Unità”, di “Rinascita”, de “L’Europeo”, de “L’Espresso”, perlopiù a caccia degli articoli delle grandi firme: Mario De Micheli, Roberto Longhi, Francesco Arcangeli, Lionello Venturi <4) hanno sempre finito per tenere fuori fuoco la definizione dei tratti propri della specola sulle arti costituita dal settimanale diretto da Mario Pannunzio.
Nell’ambito degli studi che, a partire dall’ultimo anno della direzione pannunziana, hanno ricostruito le vicende de “Il Mondo” <5, spazio preminente è stato dato alle battaglie politiche, economiche e civili del settimanale e alla costituzione del gruppo tra anni Trenta e Quaranta. In questo contesto, per primo è stato "Tempi di ferro" di Antonio Cardini <6 ad avere ragionato sulle posizioni espresse dagli autori de “Il Mondo” in ambito culturale, offrendo un tentativo di inquadramento della “prospettiva laica congiunta alla democrazia” ed alla “cultura neorealista” <7 che, per quasi un ventennio, aveva ispirato gli autori del periodico.
Sempre trattate a parte e mai inserite in un discorso complessivo sulla rivista, le questioni della grafica (che, opera della matita di Mino Maccari ed Amerigo Bartoli, non poteva essere questione disgiunta dalla definizione delle posizioni del giornale in materia di arti visive) e della fotografia, oggetto rispettivamente di due mostre e di un volume firmato da Massimo Cutrupi nel 2005 <8.
Gli autori della pagina d’arte de “Il Mondo” tra politica e cultura
L'analisi delle pagine culturali de “Il Mondo” dimostra l'insufficienza di un ragionamento costruito sulla base di una mera contestualizzazione degli scritti figurativi comparsi nel settimanale nel sistema delle arti e nel dibattito critico del secondo Novecento. “Il Mondo”, ha osservato Asor Rosa <9, è stato espressione di un clan, della élite raccoltasi a partire dagli anni Trenta attorno a Mario Pannunzio; un gruppo che, in alcuni dei suoi protagonisti (si citano, a titolo esemplificativo, Antonio Cederna, Alberto Arbasino, Nicola Chiaromonte) e in piena continuità politica e culturale, è poi confluito nell'avventura de “L’Espresso” di Benedetti e Scalfari.
Su un ragionamento sempre agganciato alla logica del gruppo hanno insistito anche Scalfari, Cardini e, più di recente, Teodori <10, gli ultimi saldando questione politica ed economica a battaglie di cultura. Sulla costituzione del gruppo, insomma, vale la pena di indugiare, resistendo alla tentazione di una distinzione tra questioni prettamente storico-artistiche e culturali in senso generale, o addirittura tra scelte di campo in materia di arti visive e battaglie politiche e civili: sono gli stessi autori della pagina d’arte de “Il Mondo” ad indicare questa strada, in un dibattito che, negli anni dell’immediato dopoguerra, era giocoforza carico di ragioni ideologiche <11.
Servono appoggi ulteriori, aperture interdisciplinari, una ricostruzione di biografie e sodalizi umani, politici e culturali che affondano le loro radici negli anni compresi tra le due guerre e che permettono di fare luce sulle due componenti salienti del gruppo gravitante attorno a Pannunzio ed alla redazione de “Il Mondo”. Serbatoi di uomini e di idee, essenzialmente cultura di fronda per quel che attiene agli autori delle pagine culturali, intellettualità liberaldemocratica per quanto attiene alla definizione della rotta politica, economica e civile del settimanale.
Per un periodico squisitamente romano come “Il Mondo” e per una figura come quella del suo direttore, la categoria della sociabilità assume un ruolo dirimente; prima che negli mbienti di via Veneto <12, le tappe di costruzione del gruppo hanno visto molti dei suoi uomini transitare negli anni Trenta per luoghi “eletti” della cultura e della mondanità romana come il Caffè Aragno, ambiente ripetutamente rimpianto sulle colonne del periodico, e simbolo di una Roma ancora immune dalla modernizzazione soprattutto urbanistica e tecnologica del secondo Novecento (oltre allo stesso Pannunzio, frequentatori assidui del Caffè sono stati, per esempio, Amerigo Bartoli, Leonardo Sinisgalli; e ancora, “rondisti” quali Emilio Cecchi: sua moglie, Leonetta Pieraccini, è collaboratrice assidua de “Il Mondo” <13).
Cultura di fronda, si è scritto. Per quel che concerne la genealogia del gruppo del “Mondo”, è documentato il passaggio al settimanale di molti intellettuali e critici prima riuniti attorno alle redazioni dei giornali di Longanesi e Maccari (“L'Italiano”, “Il Selvaggio”); di “Omnibus” (giornale diretto dallo stesso Pannunzio e da Benedetti, che di Longanesi erano stati allievi, giornale che fece da collettore di molta della intellettualità italiana che, dalla fronda, nel secondo dopoguerra avrebbe cercato un riposizionamento culturale o anche solo lavorativo); di periodici culturali illustrati e tangenti al gusto della intellettualità romana connotata in arte da un gusto genericamente naturalista o, lato sensu, antimodernista, periodici quali “Il Quadrivio” o “Il Tevere” <14. Chi segua, per esempio - e si cita senza porre distinzione tra disegnatori, redattori delle pagine di cultura e scrittori che per “Il Mondo” confezionarono racconti o, sulle medesime colonne, pubblicarono romanzi a puntate - le parabole intellettuali di Mino Maccari, Amerigo Bartoli, Giuseppe Raimondi, Alfredo Mezio, Giovanni Comisso, Vitaliano Brancati, Ennio Flaiano, Corrado Alvaro, afferra con esattezza la misura di una linea di continuità troppo spesso recisa nel contesto di periodizzazioni troppo rigide tra il giornalismo - e la cultura, anche visiva - d’età fascista e di prima età repubblicana.
Per chi si accinga a comprendere il posizionamento della rivista in seno alle principali diatribe culturali degli anni Cinquanta e Sessanta, è importante, e lo si preciserà in seguito, capire che cosa significhi il ponte gettato tra la Fronda e la redazione de “Il Mondo” attraverso l’ineludibile tramite di “Oggi”.
Tale componente si è innestata sull’ossatura portante de “Il Mondo”, i cui autori delle pagine politiche ed economiche, accomunati dalla militanza nei ranghi della sinistra liberale, erano transitati attraverso la tappa obbligata dell’antifascismo - spesso di segno azionista - e, in molti elementi, erano stati allievi di Benedetto Croce <15.
A tale costola liberale devono essere ascritti anche alcuni autori della pagina d’arte de “Il Mondo”: oltre a Lionello Venturi e Carlo Ludovico Ragghianti, di cui si dirà in seguito, si possono fare almeno i nomi di Nicola Chiaromonte, Ignazio Silone, Roberto Pane, Nina Ruffini, Carlo Cordié, Angiolo Bandinelli.
Ancora. Se si è detto del debito contratto da Pannunzio nei confronti del giornalismo longanesiano - debito esteso anche all’uso della fotografia <16 - e dell’esempio de “Il Selvaggio” di Mino Maccari, i cui disegni, assieme a quelli di Bartoli, hanno dato sugo anche alle battaglie di cultura e di costume de “Il Mondo”, qualche altra riga va spesa per quello che è stato indicato come il secondo corno del problema: la tradizione del giornalismo di impronta liberale. “Il Mondo” di Pannunzio riecheggia l'omonima testata fondata da Giovanni Amendola nel 1922 e soppressa nel 1926 dal regime fascista. Proprio in questo giornale, il 1 maggio del 1925 era comparso il 'Manifesto degli intellettuali antifascisti' redatto da Benedetto Croce. Riconoscibile, inoltre, è la continuità del giornale nei confronti della struttura e della direzione politica e culturale di riviste come “Risorgimento Liberale” (per l’intervallo di tempo nel quale fu diretto da Pannunzio, 1943-1947), “L’Europeo” di Benedetti (1945-1954), “Il Mondo” di Bonsanti (1945-1946) - Bonsanti che fu poi autore del settimanale pannunziano - e con la poco indagata rivista “Mercurio” diretta da Alba de Céspedes che si era proposta, tra 1944 e 1948, la ricostruzione civile e morale del Paese facendo affidamento su molte delle penne poi transitate al settimanale di Pannunzio, tra cui vale la pena citare almeno Gorresio, Calogero e Garosci <17.
[NOTE]
1 Si rimanda, in particolare, a T. Sauvage [A. Schwarz], Pittura italiana del dopoguerra (1945-1957), Milano, Schwarz, 1957; G. Celant, L'inferno dell'arte italiana. Materiali 1946-1964, Genova, Costa & Nolan, 1990; P. Barocchi, Storia moderna dell'arte in Italia. Manifesti polemiche documenti, Vol. III, 2, Tra Neorealismo e anni novanta 1945-1990, Torino, Einaudi, 1992; L. Caramel, Arte in Italia 1945-1960, Milano, Vita e Pensiero, 1994.
2 F. Fergonzi, La critica militante, in La pittura in Italia. Il Novecento/2 (1945-1990), a cura di C. Pirovano, Milano, Electa, 1993, pp. 569 - 598.
3 Idem., Lessicalità visiva dell’italiano. La critica dell’arte contemporanea 1945-1960, Pisa, Scuola Normale Superiore, 1996.
4 Si allude anche ad antologie di singoli scriventi, a titolo esemplificativo R. Longhi, Scritti sull’Otto e Novecento 1929-1966, Firenze, Sansoni, 1984; F. Arcangeli, Dal Romanticismo all’Informale, Vol. II, Il secondo dopoguerra, Torino, Einaudi, 1977.
5 I 18 anni de “Il Mondo”, Roma, Edizioni della Voce, 1966; P. Bonetti, “Il Mondo” 1949/66: ragione e illusione borghese, Roma-Bari, Laterza, 1975; P.F. Quaglieni, Il nostro debito col “Mondo” di Pannunzio, Firenze, Le Monnier, 1978; M. Del Bosco, I Radicali e “Il Mondo”, Torino, Eri, 1979; G. Spadolini, La stagione del “Mondo” 1949-1966, Milano, Longanesi, 1983; E. Scalfari, La sera andavamo in via Veneto. Storia di un gruppo dal “Mondo” alla “Repubblica”, Milano, Mondadori, 1986; “Il Mondo”. Indici analitici, con prefazione di G. Spadolini, Firenze, Passigli, 1987; V. Frosini, “Il Mondo” e l’eredità del Risorgimento, Catania, Bonanno, 1987; Pannunzio e il “Mondo”, a cura di M. Pegnaieff, A. Brandoni, G. Valentini, Torino, Meynier, 1988; M. Boneschi, “Il Mondo” e Pannunzio nei ricordi di un collaboratore, Milano, Cordani, 1989; “Il Mondo”. Antologia di una rivista scomoda, a cura di G. P. Carocci, Roma, Editori Riuniti, 1997. Nel quadro della vasta pubblicistica relativa al settimanale, l’elenco presenta i testi considerati salienti; restano fuori, per esempio, alcune delle pressoché annuali pubblicazioni promosse dal Centro Pannunzio di Torino, che da circa quarant’anni cura mostre e studi centrati sul periodico e sul suo fondatore.
6 A. Cardini, Tempi di ferro: “Il Mondo” e l'Italia del dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 1992.
7 Ibid., p. 84.
8 Un Mondo” di Maccari. Mostra delle vignette di Mino Maccari su “Il Mondo” di Pannunzio (1949/1966), Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, 18 novembre-18 dicembre 1995, catalogo della mostra, a cura di C. Autilio, Torino 1995; Un “Mondo” di Bartoli: mostra delle vignette di Amerigo Bartoli su “Il Mondo” di Mario Pannunzio (1949/1966), Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, catalogo della mostra, a cura di M. Pegnaieff, Torino, 1997; M. Cutrupi, “Il Mondo” e la fotografia. Il fondo Pannunzio, Roma, Nuova Arnica, 2005.
9 All’interno di Il giornalista: appunti sulla fisiologia di un mestiere difficile, in Storia d'Italia, Vol. 4, Intellettuali e potere, a cura di C. Vivanti, Torino, Einaudi, 1981, pp. 1225-1257, Asor Rosa attacca da sinistra la natura salottiera dell’impegno politico e civile degli autori del settimanale di Pannunzio; presenta, inoltre, un efficace raffronto tra “Il Mondo” e “L’Espresso” di Benedetti.
10 Il riferimento corre ai già citati volumi La sera andavamo in via Veneto... op. cit.; Tempi di ferro… op. cit.; per quel che attiene a Massimo Teodori, si veda Storia dei laici nell'Italia clericale e comunista, Venezia, Marsilio, 2008, volume nel cui ambito si cerca di connettere le battaglie culturali animate dai redattori de “Il
Mondo” con l’attività della Associazione Italiana per la Libertà della Cultura.
11 Della preminenza di istanze politiche nelle schermaglie vive all’interno del dibattito visivo è conscia, per esempio, Paola Barocchi: Tra Neorealismo ed anni Novanta, op. cit., pp. 5-7.
12 E. Scalfari, La sera andavamo in via Veneto... op. cit.
13 Questione a parte meriterebbero gli artisti che hanno frequentato abitualmente la terza saletta dell’Aragno; su tutti si fa menzione di Francalancia, emblema della nostalgica evocazione di luoghi, uomini e arte degli anni Trenta viva sulle colonne de “Il Mondo” tra anni Cinquanta e Sessanta. Sull’importanza dell’Aragno al di fuori della mera prospettiva della sociabilità, in un discorso che metta a fuoco gusti e poetiche maturate nell’ambito del circolo dei suoi avventori, qualche allusione in E. Crispolti, La pittura del primo Novecento a Roma (1900-1945), in La pittura in Italia. Il Novecento/1 (1900-1945), a cura di C. Pirovano, Milano, Electa, 1992, pp. 457-566; un’analisi più approfondita in G. Lupo, Poesia come pittura. De Libero e la cultura romana (1930-1940), Milano, Vita e Pensiero, 2002. Circa Francalancia e l’Aragno, come detto più volte ricordati dagli autori delle pagine di cultura de “Il Mondo”, si rimanda per esempio ad A. Mezio, Francalancia, III, 14, 7 aprile 1951, p. 12; Idem, Un caffè letterario, IX, 17, 23 aprile 1957, p. 13; Idem, I pittori romani della terza saletta, VIII, 29, 17 luglio 1956, p. 7; Idem, Le amicizie pericolose, IX, 28, 9 luglio 1957, p. 13; Idem, I pittori romani della terza saletta, VIII, 29, 17 luglio 1956, p. 7; Idem, Soffici al caffè, XVI, 41, 13 ottobre 1964, p. 13; di Gino Visentini è, invece, Le sirene del conformismo, IX, 2, 8 gennaio 1957, p. 13; all’evocazione della Roma perduta sono dedicati anche lo scritto di Giancarlo Fontanesi Gli amici di Bartoli, XV, 23, 4 giugno 1963, p. 15; l’articolo di Domenico Sforza La vita di caffè, XVI, 52, 29 dicembre 1964, p. 5.
14 La ricognizione sul giornalismo italiano del primo Novecento Giornalismo italiano, vol. II (1901 -1939), a cura di F. Contorbia, Milano, Mondadori, 2007, offre importanti riferimenti bibliografici, una breve storia delle principali riviste italiane ed un profilo degli uomini che le animarono.
15 Per le biografie ed i profili degli autori delle pagine politiche ed economiche de “Il Mondo”, si rimanda agli studi individuati nella nota numero 5.
16 M. Cutrupi, “Il Mondo” e la fotografia… op. cit.
17 Della rivista sono stati pubblicati gli indici: E. Gurrieri, Indici di “Mercurio” (1944-1948), in “Studi italiani”, VI, 2, luglio-dicembre 1994; e in Letteratura, biografia e invenzione. Penna, Montale, Loria, Magris, e altri contemporanei, Firenze, Edizioni Polistampa, 2007, pp. 141-189.
Lorenzo Nuovo, La pagina d'arte de “Il Mondo” di Mario Pannunzio (1949-1966), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2008-2009
Studi - raccolte di documenti <1, indagini sul rapporto tra arte e critica militante in Italia <2 e affondi sulla trasformazione del vocabolario visivo tra anni Quaranta e Cinquanta <3 - che, anche quando hanno centrato la propria attenzione su periodici o giornali non specialistici (a titolo esemplificativo, sulle pagine culturali de “L’Unità”, di “Rinascita”, de “L’Europeo”, de “L’Espresso”, perlopiù a caccia degli articoli delle grandi firme: Mario De Micheli, Roberto Longhi, Francesco Arcangeli, Lionello Venturi <4) hanno sempre finito per tenere fuori fuoco la definizione dei tratti propri della specola sulle arti costituita dal settimanale diretto da Mario Pannunzio.
Nell’ambito degli studi che, a partire dall’ultimo anno della direzione pannunziana, hanno ricostruito le vicende de “Il Mondo” <5, spazio preminente è stato dato alle battaglie politiche, economiche e civili del settimanale e alla costituzione del gruppo tra anni Trenta e Quaranta. In questo contesto, per primo è stato "Tempi di ferro" di Antonio Cardini <6 ad avere ragionato sulle posizioni espresse dagli autori de “Il Mondo” in ambito culturale, offrendo un tentativo di inquadramento della “prospettiva laica congiunta alla democrazia” ed alla “cultura neorealista” <7 che, per quasi un ventennio, aveva ispirato gli autori del periodico.
Sempre trattate a parte e mai inserite in un discorso complessivo sulla rivista, le questioni della grafica (che, opera della matita di Mino Maccari ed Amerigo Bartoli, non poteva essere questione disgiunta dalla definizione delle posizioni del giornale in materia di arti visive) e della fotografia, oggetto rispettivamente di due mostre e di un volume firmato da Massimo Cutrupi nel 2005 <8.
Gli autori della pagina d’arte de “Il Mondo” tra politica e cultura
L'analisi delle pagine culturali de “Il Mondo” dimostra l'insufficienza di un ragionamento costruito sulla base di una mera contestualizzazione degli scritti figurativi comparsi nel settimanale nel sistema delle arti e nel dibattito critico del secondo Novecento. “Il Mondo”, ha osservato Asor Rosa <9, è stato espressione di un clan, della élite raccoltasi a partire dagli anni Trenta attorno a Mario Pannunzio; un gruppo che, in alcuni dei suoi protagonisti (si citano, a titolo esemplificativo, Antonio Cederna, Alberto Arbasino, Nicola Chiaromonte) e in piena continuità politica e culturale, è poi confluito nell'avventura de “L’Espresso” di Benedetti e Scalfari.
Su un ragionamento sempre agganciato alla logica del gruppo hanno insistito anche Scalfari, Cardini e, più di recente, Teodori <10, gli ultimi saldando questione politica ed economica a battaglie di cultura. Sulla costituzione del gruppo, insomma, vale la pena di indugiare, resistendo alla tentazione di una distinzione tra questioni prettamente storico-artistiche e culturali in senso generale, o addirittura tra scelte di campo in materia di arti visive e battaglie politiche e civili: sono gli stessi autori della pagina d’arte de “Il Mondo” ad indicare questa strada, in un dibattito che, negli anni dell’immediato dopoguerra, era giocoforza carico di ragioni ideologiche <11.
Servono appoggi ulteriori, aperture interdisciplinari, una ricostruzione di biografie e sodalizi umani, politici e culturali che affondano le loro radici negli anni compresi tra le due guerre e che permettono di fare luce sulle due componenti salienti del gruppo gravitante attorno a Pannunzio ed alla redazione de “Il Mondo”. Serbatoi di uomini e di idee, essenzialmente cultura di fronda per quel che attiene agli autori delle pagine culturali, intellettualità liberaldemocratica per quanto attiene alla definizione della rotta politica, economica e civile del settimanale.
Per un periodico squisitamente romano come “Il Mondo” e per una figura come quella del suo direttore, la categoria della sociabilità assume un ruolo dirimente; prima che negli mbienti di via Veneto <12, le tappe di costruzione del gruppo hanno visto molti dei suoi uomini transitare negli anni Trenta per luoghi “eletti” della cultura e della mondanità romana come il Caffè Aragno, ambiente ripetutamente rimpianto sulle colonne del periodico, e simbolo di una Roma ancora immune dalla modernizzazione soprattutto urbanistica e tecnologica del secondo Novecento (oltre allo stesso Pannunzio, frequentatori assidui del Caffè sono stati, per esempio, Amerigo Bartoli, Leonardo Sinisgalli; e ancora, “rondisti” quali Emilio Cecchi: sua moglie, Leonetta Pieraccini, è collaboratrice assidua de “Il Mondo” <13).
Cultura di fronda, si è scritto. Per quel che concerne la genealogia del gruppo del “Mondo”, è documentato il passaggio al settimanale di molti intellettuali e critici prima riuniti attorno alle redazioni dei giornali di Longanesi e Maccari (“L'Italiano”, “Il Selvaggio”); di “Omnibus” (giornale diretto dallo stesso Pannunzio e da Benedetti, che di Longanesi erano stati allievi, giornale che fece da collettore di molta della intellettualità italiana che, dalla fronda, nel secondo dopoguerra avrebbe cercato un riposizionamento culturale o anche solo lavorativo); di periodici culturali illustrati e tangenti al gusto della intellettualità romana connotata in arte da un gusto genericamente naturalista o, lato sensu, antimodernista, periodici quali “Il Quadrivio” o “Il Tevere” <14. Chi segua, per esempio - e si cita senza porre distinzione tra disegnatori, redattori delle pagine di cultura e scrittori che per “Il Mondo” confezionarono racconti o, sulle medesime colonne, pubblicarono romanzi a puntate - le parabole intellettuali di Mino Maccari, Amerigo Bartoli, Giuseppe Raimondi, Alfredo Mezio, Giovanni Comisso, Vitaliano Brancati, Ennio Flaiano, Corrado Alvaro, afferra con esattezza la misura di una linea di continuità troppo spesso recisa nel contesto di periodizzazioni troppo rigide tra il giornalismo - e la cultura, anche visiva - d’età fascista e di prima età repubblicana.
Per chi si accinga a comprendere il posizionamento della rivista in seno alle principali diatribe culturali degli anni Cinquanta e Sessanta, è importante, e lo si preciserà in seguito, capire che cosa significhi il ponte gettato tra la Fronda e la redazione de “Il Mondo” attraverso l’ineludibile tramite di “Oggi”.
Tale componente si è innestata sull’ossatura portante de “Il Mondo”, i cui autori delle pagine politiche ed economiche, accomunati dalla militanza nei ranghi della sinistra liberale, erano transitati attraverso la tappa obbligata dell’antifascismo - spesso di segno azionista - e, in molti elementi, erano stati allievi di Benedetto Croce <15.
A tale costola liberale devono essere ascritti anche alcuni autori della pagina d’arte de “Il Mondo”: oltre a Lionello Venturi e Carlo Ludovico Ragghianti, di cui si dirà in seguito, si possono fare almeno i nomi di Nicola Chiaromonte, Ignazio Silone, Roberto Pane, Nina Ruffini, Carlo Cordié, Angiolo Bandinelli.
Ancora. Se si è detto del debito contratto da Pannunzio nei confronti del giornalismo longanesiano - debito esteso anche all’uso della fotografia <16 - e dell’esempio de “Il Selvaggio” di Mino Maccari, i cui disegni, assieme a quelli di Bartoli, hanno dato sugo anche alle battaglie di cultura e di costume de “Il Mondo”, qualche altra riga va spesa per quello che è stato indicato come il secondo corno del problema: la tradizione del giornalismo di impronta liberale. “Il Mondo” di Pannunzio riecheggia l'omonima testata fondata da Giovanni Amendola nel 1922 e soppressa nel 1926 dal regime fascista. Proprio in questo giornale, il 1 maggio del 1925 era comparso il 'Manifesto degli intellettuali antifascisti' redatto da Benedetto Croce. Riconoscibile, inoltre, è la continuità del giornale nei confronti della struttura e della direzione politica e culturale di riviste come “Risorgimento Liberale” (per l’intervallo di tempo nel quale fu diretto da Pannunzio, 1943-1947), “L’Europeo” di Benedetti (1945-1954), “Il Mondo” di Bonsanti (1945-1946) - Bonsanti che fu poi autore del settimanale pannunziano - e con la poco indagata rivista “Mercurio” diretta da Alba de Céspedes che si era proposta, tra 1944 e 1948, la ricostruzione civile e morale del Paese facendo affidamento su molte delle penne poi transitate al settimanale di Pannunzio, tra cui vale la pena citare almeno Gorresio, Calogero e Garosci <17.
[NOTE]
1 Si rimanda, in particolare, a T. Sauvage [A. Schwarz], Pittura italiana del dopoguerra (1945-1957), Milano, Schwarz, 1957; G. Celant, L'inferno dell'arte italiana. Materiali 1946-1964, Genova, Costa & Nolan, 1990; P. Barocchi, Storia moderna dell'arte in Italia. Manifesti polemiche documenti, Vol. III, 2, Tra Neorealismo e anni novanta 1945-1990, Torino, Einaudi, 1992; L. Caramel, Arte in Italia 1945-1960, Milano, Vita e Pensiero, 1994.
2 F. Fergonzi, La critica militante, in La pittura in Italia. Il Novecento/2 (1945-1990), a cura di C. Pirovano, Milano, Electa, 1993, pp. 569 - 598.
3 Idem., Lessicalità visiva dell’italiano. La critica dell’arte contemporanea 1945-1960, Pisa, Scuola Normale Superiore, 1996.
4 Si allude anche ad antologie di singoli scriventi, a titolo esemplificativo R. Longhi, Scritti sull’Otto e Novecento 1929-1966, Firenze, Sansoni, 1984; F. Arcangeli, Dal Romanticismo all’Informale, Vol. II, Il secondo dopoguerra, Torino, Einaudi, 1977.
5 I 18 anni de “Il Mondo”, Roma, Edizioni della Voce, 1966; P. Bonetti, “Il Mondo” 1949/66: ragione e illusione borghese, Roma-Bari, Laterza, 1975; P.F. Quaglieni, Il nostro debito col “Mondo” di Pannunzio, Firenze, Le Monnier, 1978; M. Del Bosco, I Radicali e “Il Mondo”, Torino, Eri, 1979; G. Spadolini, La stagione del “Mondo” 1949-1966, Milano, Longanesi, 1983; E. Scalfari, La sera andavamo in via Veneto. Storia di un gruppo dal “Mondo” alla “Repubblica”, Milano, Mondadori, 1986; “Il Mondo”. Indici analitici, con prefazione di G. Spadolini, Firenze, Passigli, 1987; V. Frosini, “Il Mondo” e l’eredità del Risorgimento, Catania, Bonanno, 1987; Pannunzio e il “Mondo”, a cura di M. Pegnaieff, A. Brandoni, G. Valentini, Torino, Meynier, 1988; M. Boneschi, “Il Mondo” e Pannunzio nei ricordi di un collaboratore, Milano, Cordani, 1989; “Il Mondo”. Antologia di una rivista scomoda, a cura di G. P. Carocci, Roma, Editori Riuniti, 1997. Nel quadro della vasta pubblicistica relativa al settimanale, l’elenco presenta i testi considerati salienti; restano fuori, per esempio, alcune delle pressoché annuali pubblicazioni promosse dal Centro Pannunzio di Torino, che da circa quarant’anni cura mostre e studi centrati sul periodico e sul suo fondatore.
6 A. Cardini, Tempi di ferro: “Il Mondo” e l'Italia del dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 1992.
7 Ibid., p. 84.
8 Un Mondo” di Maccari. Mostra delle vignette di Mino Maccari su “Il Mondo” di Pannunzio (1949/1966), Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, 18 novembre-18 dicembre 1995, catalogo della mostra, a cura di C. Autilio, Torino 1995; Un “Mondo” di Bartoli: mostra delle vignette di Amerigo Bartoli su “Il Mondo” di Mario Pannunzio (1949/1966), Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, catalogo della mostra, a cura di M. Pegnaieff, Torino, 1997; M. Cutrupi, “Il Mondo” e la fotografia. Il fondo Pannunzio, Roma, Nuova Arnica, 2005.
9 All’interno di Il giornalista: appunti sulla fisiologia di un mestiere difficile, in Storia d'Italia, Vol. 4, Intellettuali e potere, a cura di C. Vivanti, Torino, Einaudi, 1981, pp. 1225-1257, Asor Rosa attacca da sinistra la natura salottiera dell’impegno politico e civile degli autori del settimanale di Pannunzio; presenta, inoltre, un efficace raffronto tra “Il Mondo” e “L’Espresso” di Benedetti.
10 Il riferimento corre ai già citati volumi La sera andavamo in via Veneto... op. cit.; Tempi di ferro… op. cit.; per quel che attiene a Massimo Teodori, si veda Storia dei laici nell'Italia clericale e comunista, Venezia, Marsilio, 2008, volume nel cui ambito si cerca di connettere le battaglie culturali animate dai redattori de “Il
Mondo” con l’attività della Associazione Italiana per la Libertà della Cultura.
11 Della preminenza di istanze politiche nelle schermaglie vive all’interno del dibattito visivo è conscia, per esempio, Paola Barocchi: Tra Neorealismo ed anni Novanta, op. cit., pp. 5-7.
12 E. Scalfari, La sera andavamo in via Veneto... op. cit.
13 Questione a parte meriterebbero gli artisti che hanno frequentato abitualmente la terza saletta dell’Aragno; su tutti si fa menzione di Francalancia, emblema della nostalgica evocazione di luoghi, uomini e arte degli anni Trenta viva sulle colonne de “Il Mondo” tra anni Cinquanta e Sessanta. Sull’importanza dell’Aragno al di fuori della mera prospettiva della sociabilità, in un discorso che metta a fuoco gusti e poetiche maturate nell’ambito del circolo dei suoi avventori, qualche allusione in E. Crispolti, La pittura del primo Novecento a Roma (1900-1945), in La pittura in Italia. Il Novecento/1 (1900-1945), a cura di C. Pirovano, Milano, Electa, 1992, pp. 457-566; un’analisi più approfondita in G. Lupo, Poesia come pittura. De Libero e la cultura romana (1930-1940), Milano, Vita e Pensiero, 2002. Circa Francalancia e l’Aragno, come detto più volte ricordati dagli autori delle pagine di cultura de “Il Mondo”, si rimanda per esempio ad A. Mezio, Francalancia, III, 14, 7 aprile 1951, p. 12; Idem, Un caffè letterario, IX, 17, 23 aprile 1957, p. 13; Idem, I pittori romani della terza saletta, VIII, 29, 17 luglio 1956, p. 7; Idem, Le amicizie pericolose, IX, 28, 9 luglio 1957, p. 13; Idem, I pittori romani della terza saletta, VIII, 29, 17 luglio 1956, p. 7; Idem, Soffici al caffè, XVI, 41, 13 ottobre 1964, p. 13; di Gino Visentini è, invece, Le sirene del conformismo, IX, 2, 8 gennaio 1957, p. 13; all’evocazione della Roma perduta sono dedicati anche lo scritto di Giancarlo Fontanesi Gli amici di Bartoli, XV, 23, 4 giugno 1963, p. 15; l’articolo di Domenico Sforza La vita di caffè, XVI, 52, 29 dicembre 1964, p. 5.
14 La ricognizione sul giornalismo italiano del primo Novecento Giornalismo italiano, vol. II (1901 -1939), a cura di F. Contorbia, Milano, Mondadori, 2007, offre importanti riferimenti bibliografici, una breve storia delle principali riviste italiane ed un profilo degli uomini che le animarono.
15 Per le biografie ed i profili degli autori delle pagine politiche ed economiche de “Il Mondo”, si rimanda agli studi individuati nella nota numero 5.
16 M. Cutrupi, “Il Mondo” e la fotografia… op. cit.
17 Della rivista sono stati pubblicati gli indici: E. Gurrieri, Indici di “Mercurio” (1944-1948), in “Studi italiani”, VI, 2, luglio-dicembre 1994; e in Letteratura, biografia e invenzione. Penna, Montale, Loria, Magris, e altri contemporanei, Firenze, Edizioni Polistampa, 2007, pp. 141-189.
Lorenzo Nuovo, La pagina d'arte de “Il Mondo” di Mario Pannunzio (1949-1966), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2008-2009