Queste
buste con su scritto "aperto" erano inviate dal mittente a una signora e
apparentemente parlavano di comuni questioni commerciali o di banale
quotidianità; invece mio nonno Ugo, che aveva assunto l’identità
fittizia di Francesco Rosselli, parlava con la moglie della sua vita in
clandestinità e dei suoi sentimenti mascherati sotto banali ordinazioni
di fiori.
Poco prima dell’entrata in guerra, per quasi quattro anni,
la famiglia si polverizzò, come accadeva per tutti gli italiani, con
l’aggravante di essere diventati in quanto giudei, o nemici della
nazione o peggio fantasmi.
Finito il periodo di leva e ritornati alle rispettive Facoltà si avvicinarono per la prima volta alla futura Resistenza.
Il
nonno, invece, dopo essere stato una prima volta arrestato e condotto a
Marassi per i primi controlli che cominciavano a causa delle leggi
antisemite, si sarebbe avviato velocemente alla clandestinità tra
Genova, Torino e Trieste con la sua identità nuova di zecca.
Dalle
lettere traspare una crescente preoccupazione per le sorti dell’attività
e più tardi si percepisce l’ansietà per il futuro e la mancanza fisica
dei propri cari.
Quell’aquila minacciosa e la croce uncinata lì sotto hanno turbato i sonni di mio padre per tutta la vita e dopo la guerra mio nonno, pur riappropriatosi della sua identità, ha continuato a galleggiare nella vita barricandosi dietro la sua sordità.
Paolo Kahnemann