lunedì 19 ottobre 2020

I ragazzi erano i garofani e lei era una rosa


[...]  pensando ai giorni in cui non avresti potuto scegliere se uscire o restare in casa, quando affidare le tue parole a una lettera diventava un gioco di astuzia nello sfidare la censura (lettere censurate dalla Gestapo: Geöffnet vuol dire aperto) che avrebbe letto prima del vero destinatario le tue frasi d’amore o i tuoi pensieri più privati.

Queste buste con su scritto "aperto" erano inviate dal mittente a una signora e apparentemente parlavano di comuni questioni commerciali o di banale quotidianità; invece mio nonno Ugo, che aveva assunto l’identità fittizia di Francesco Rosselli, parlava con la moglie della sua vita in clandestinità e dei suoi sentimenti mascherati sotto banali ordinazioni di fiori.

Poco prima dell’entrata in guerra, per quasi quattro anni, la famiglia si polverizzò, come accadeva per tutti gli italiani, con l’aggravante di essere diventati in quanto giudei, o nemici della nazione o peggio fantasmi.


Il manifesto della razza del 18 settembre 1938 aveva indotto mio nonno a crearsi una identità alternativa proprio lì a Trieste e aveva potuto ottenere un passaporto e altri documenti a nome appunto di Francesco Rosselli. Appena ritornato a Sanremo aveva concertato con la nonna l’eventuale linguaggio segreto dove alcune parole attinenti al commercio dei fiori diventavano la chiave di lettura per lettere future.

Uno scorcio del Corso Fiorito di Sanremo del 1937

I ragazzi erano i garofani e lei era una rosa.


Dopo quel settembre del ‘38, nonostante le leggi razziali, Eugenio e, un anno dopo, Francesco [padre dell'autore] vennero arruolati nell’esercito, perché inizialmente il sangue "ariano" della madre non li esponeva direttamente alla discriminazione che avrebbero patito a partire dal 1942.

Finito il periodo di leva e ritornati alle rispettive Facoltà si avvicinarono per la prima volta alla futura Resistenza.

Il nonno, invece, dopo essere stato una prima volta arrestato e condotto a Marassi per i primi controlli che cominciavano a causa delle leggi antisemite, si sarebbe avviato velocemente alla clandestinità tra Genova, Torino e Trieste con la sua identità nuova di zecca.

Dalle lettere traspare una crescente preoccupazione per le sorti dell’attività e più tardi si percepisce l’ansietà per il futuro e la mancanza fisica dei propri cari.

Quell’aquila minacciosa e la croce uncinata lì sotto hanno turbato i sonni di mio padre per tutta la vita e dopo la guerra mio nonno, pur riappropriatosi della sua identità, ha continuato a galleggiare nella vita barricandosi dietro la sua sordità. 

Paolo Kahnemann