Colpo di dadi gettato fra le ombre della sera, in circostanze eterne,
alla ricerca di ciò che fonda l’esperienza visiva, la pittura di Enzo Maiolino [di Bordighera (IM)] plana con raffinato rigore sul magma dell’esistenza.
Trasparenze, intrecci, composizioni. Una spietatezza, la mano del
destino, il “rappel à l’ordre” di una ronda segreta, prova quest’uomo
chino sugli effetti della luce e dell’ombra. Reazione calcolata alla
solarità mediterranea, tentativo antico di racchiuderla dentro un corteo
di essenze, di intuizioni eidetiche, come a spogliare la terra di ciò
che non fa parte della sua frammentarietà astrale.
L’ordine stesso di questo mondo si alza nella sua luce, procede in
una geometria scarna, dove le cose vibrano per assenza, in una nostalgia
appena suggerita. Pittura di lavorio e di suggestioni intorno a una
struttura viva e di cenere.
Un severo, metodico spirito suscita l’idea di un aldilà dell’armonia
naturale, di cui la natura è solo un riflesso dalle forme imprecise.
L’ombra secolare di un’icona di Bisanzio accompagna la ricerca di
un’elementare verità pittorica.
Sono tanti i nomi che potrei fare di questi monaci della luce, una sorta di compagnia di templari e di giansenisti me ne astengo di proposito. Attorno a loro si addice un alone di silenzio.
Sono tanti i nomi che potrei fare di questi monaci della luce, una sorta di compagnia di templari e di giansenisti me ne astengo di proposito. Attorno a loro si addice un alone di silenzio.
Francesco Biamonti in Bollettino della Comunità di Villaregia, 1994