L’essere umano (asessuato) che Corby ha inventato è rappresentato nella sua duplicità, forza, flessibilità, mancanza di libertà o modo commovente di sfuggire o meno agli ostacoli che gli sono stati imposti, i suoi trionfi, il suo linguaggio plastico universale e allo stesso tempo personale e unico che cattura ognuno di noi nella nostra coscienza più intima.
Ciò è spiegato dall’astrazione del movimento e dalla meticolosa individualità delle dita delle mani e dei piedi, dalla presenza imponente e onnipresente della gabbia in bronzo o terracotta e dai movimenti aggraziati e significativi delle braccia, dal fascino compatto del corpo che annuncia. un impulso fondamentale e suggerisce anche l’affinamento di un’identità, da una presenza che sembra essere una risposta all’enorme peso portato dall’individuo.
Sarebbe certamente un errore voler distinguere tra ciò che si riferisce all’uomo e ciò che risulta essere la traduzione o l’illustrazione di un’idea.
Corby si distingue come scultore, nel senso che è un narratore attento e allo stesso tempo realizza un’interpretazione scultorea superiore di un fatto piuttosto banale.
Libera così da ogni fardello aneddotico un’apparenza umana “ambigua” e questo grazie a una giocosa metamorfosi e ad un sorprendente linguaggio formale.
Inoltre, Corby mostra un’originalità, non solo plastica ma anche spirituale, che incanta lo spettatore in modo molto personale.
Così lo scultore occupa in un’atmosfera di flessibilità e grazia un posto unico nel linguaggio scultoreo di oggi.
Suscitano interesse e creano meraviglia attraverso il ritmo interiore specifico di ogni scultura e i significanti ad essa collegati e rendono ogni incontro un’esperienza personale profondamente commovente.