mercoledì 20 luglio 2022

Tensioni sociali nell'Italia occupata dagli Alleati


A partire dall'estate del '44, la relazione fra Alleati ed Italiani entra in una delle sua fasi più critiche. I progressi della campagna militare, simbolicamente rappresentati dall'ingresso a Roma delle truppe alleate il 4 giugno, e dal successivo trasferimento del quartier generale dell'Acc e del Governo italiano nella capitale, contrastano con condizioni di vita terribili. La popolazione è stremata e affamata, e la fiducia negli anglo-americani è scesa forse al punto più basso dallo sbarco in Sicilia. Non c'è rapporto degli ufficiali alleati che non faccia menzione delle gravi condizioni della situazione alimentare, del “morale” basso della popolazione, sottolineando sempre che l'interesse primario, per occupati ed occupanti, è adesso solo e soltanto l'uscita dalla crisi[893]. Le preoccupazioni “alimentari” si uniscono però a una sempre maggiore vitalità del quadro politico italiano. Accanto ad una popolazione spesso definita “apatica”, i partiti si stanno attivamente riorganizzando e cercano uno spazio di intervento sempre più ampio, incontrando però il muro delle condizioni imposte dagli Alleati. A livello locale, le opzioni possibili sono per un verso l'inserimento nelle nascenti amministrazioni locali, per altro il tentativo di porsi alla guida di agitazioni e proteste correlate alla contingenza bellica, che si intrecciano con più complesse questioni legate al processo di democratizzazione e modernizzazione già iniziato in età liberale, e passato attraverso il fascismo[894]. In qualche caso però, chi si mette alla guida di queste agitazioni più o meno spontanee, e che spesso sfociano in vere e proprie manifestazioni violente, finisce per rappresentare se stesso più che il partito. La ricostruzione dei partiti che avviene a livello locale infatti spesso non è esente da personalismi. Per esempio a Cosenza, l'ufficiale Acc agli approvvigionamenti attacca duramente l'attività del socialista Giacomo Mancini, nominato sindaco dagli Alleati[895]. Secondo il funzionario della Commissione, Mancini usa la sua carica per controllare ogni attività della città, avendo costituito nella città calabrese, insieme alla propria famiglia, un vero e proprio “racket organizzato”; godendo fra l'altro della possibilità di attribuire ogni responsabilità per i risultati negativi dell'amministrazione alla Commissione stessa. É vero che Mancini apparteneva a una famiglia di antica tradizione politica, sicuramente antifascista, e non è dato verificare la fondatezza delle accuse alleate. Tuttavia è plausibile pensare al ricostruirsi di dinamiche politiche nell'ambito di reti locali preesistenti, o che si stanno formando durante l'occupazione alleata. Similmente, ma da un altro versante, il Pci si scontra spesso con la necessità di contenere, se non espellere, agitatori che nel contesto delle lotte per la terra si ritagliano uno spazio ponendosi alla guida di azioni violente, in “un'atmosfera da guerra civile”, come dichiara per esempio lo stesso Di Vittorio a proposito dei fatti di Minervino Murge[896]. Più in generale, come nota Rosario Mangiameli, nel '44 la dialettica fra aggregazione notabilare e organizzazione nazionale è ancora aperta[897]. E se la politica nazionale incide su quella locale, per esempio facendo cadere la Giunta Tasca a Palermo, d'altro canto lo stesso Tasca può dar vita in Sicilia a un suo Partito agrario. In questo quadro complesso e spesso confuso, l'emergenza alimentare, cui gli Alleati tentano di rispondere rivitalizzando il sistema degli ammassi, finisce per intrecciarsi strettamente alla questione della riforma agraria. Ma è il Governo italiano a cercare una risposta politica, recuperando però enti e istituti già del regime fascista, in un'emblematica coesistenza di vecchio e nuovo che caratterizza profondamente questa fase[898]. Per altro verso, il peso delle responsabilità alleate nella situazione creatasi in Italia trascorso poco più di un anno dallo sbarco in Sicilia, non può essere ignorato. E certamente non lo ignora la stampa coeva. Nemmeno quella dei paesi alleati, assumendo un atteggiamento molto critico nei confronti della nebulosa politica anglo-americana in Italia[899]. A far esplodere la situazione è la crisi alimentare del '44, posta al centro di una campagna stampa italiana[900], ma anche americana, che i rappresentanti della Commissione, infastiditi, non esitano a definire “quasi isterica […] con l'insistente ritornello: Dateci il diritto di vivere”[901]. A luglio “Italia Liberata” pubblica un articolo dai toni fortemente critici[902], in cui gli Alleati vengono definiti “burocratici e inefficienti dietro le linee, troppo facilmente inclini alla distruzione nelle operazioni, troppo pieni di sè in un paese straniero, troppo dediti al bere e alla continua ricerca di piaceri”[903]. Ma l'accusa più pesante circa le reali intenzioni dei governi alleati viene da “La Voce Repubblicana”, e riguarda la mancata applicazione della Carta Atlantica in Italia[904]. La polemica sulla stampa era però conseguenza di una più esplicita e diretta polemica che il Governo italiano aveva avviato contro gli Alleati. Il 22 luglio Bonomi aveva infatti scritto ad Hull, Segretario di Stato americano, e al Commissario capo della Commissione Stone, chiedendo che l'Italia venisse liberata dalla “quarantena” e dall'isolamento in cui il controllo anglo-americano continuava a tenerla[905]. Nella sua lettera, Bonomi presentava alla Commissione un vero e proprio elenco di richieste disattese, che mostrava lo scarto fra i fatti e le promesse di “liberazione” alleate. Non erano state accolte infatti né la richiesta italiana di adesione alla Carta Atlantica, né la richiesta di partecipare alla conferenza di Bretton Woods. Il peso economico dell'occupazione, poi, continuava a ricadere interamente sulla disastrata economia italiana, mentre non veniva intrapresa alcuna azione concreta per risollevarne le sorti.
Allo stesso tempo, la Commissione non accennava a diminuire la sua oppressiva funzione di controllo, agendo di fatto come un governo parallelo a quello italiano. L'Italia avrebbe dovuto invece essere inserita nel programma “Affitti e Prestiti”, sosteneva Bonomi, mostrando la chiara intenzione di voler uscire da una restrittiva interpretazione della cobelligeranza. Peraltro, il problema dell'ambigua identità italiana (ex-nemici? neo-alleati?), imponeva anche la ricerca di una formula atta all'invio di eventuali aiuti Unrra in Italia - che sarebbero giunti comunque di lì a poco -, visto che l'Unrra non avrebbe potuto in teoria operare in paesi nemici, o ex-nemici[906]. Ma al di là dei temi sollevati dalla lettera di Bonomi, all'inizio dell'estate la questione era stata anche politica, perchè la costituzione del governo Bonomi, formatosi a giugno dopo la liberazione di Roma e il passaggio dei poteri al Principe di Piemonte[907], aveva dato inizio ad una nuova fase delle relazioni fra Italia e Alleati. Anche se il nuovo governo, espressione delle forze antifasciste riunite nel CLN, non era per niente gradito al Primo Ministro britannico, che solo in conseguenza dell'accoglienza americana e della posizione del Consiglio Consultivo, si decideva a prendere atto del passaggio della presidenza del consiglio da Badoglio a Bonomi. Tuttavia, l'assenso al nuovo quadro politico delineatosi in Italia rimaneva subordinato all'imposizione al nuovo governo di tutte le clausole armistiziali (ancora segrete) siglate da Badoglio, e all'impegno da parte del gabinetto Bonomi a rimandare la questione istituzionale[908].
Guadagnata dunque una certa autonomia politica, l'Italia tenta di modificare le dure condizioni cui la sconfitta l'ha costretta ormai da un anno. L'intento è quello di qualificarsi come interlocutore politico delle forze d'occupazione, e non solo come nazione sconfitta in passiva attesa delle decisioni dei vincitori. In questo senso iniziava allora una forte sollecitazione rivolta ai governi britannico e statunitense, e diretta ad ottenere l'allargamento delle prerogative del Governo italiano. Contemporaneamente gli Alleati e il ruolo della Commissione divengono pietra di paragone obbligatoria per il discorso politico di ogni partito. E proprio gli osservatori della Commissione si accorgono di come la Commissione stessa sia divenuta uno degli elementi utili a costruirsi uno spazio politico, all'interno e all'esterno. L'Acc è insomma, nelle parole della Divisione Pubbliche Relazioni, una sorta di jolly per rafforzare la propria proposta politica, laddove “i reazionari” fanno appello a “tendenze conservatrici”[909] degli Alleati, mentre la Democrazia Cristiana a Napoli, nel corso del Congresso interregionale tenutosi alla fine di luglio, parla di “rivoluzione in atto, benvenuta per il partito”, da compiersi però senza ledere alcuna libertà individuale. E in questo senso ovviamente il Pci tiene il passo, riconoscendole il merito di aver usato per prima in maniera aperta, e caricandola di contenuti positivi, “la parola rivoluzione”[910]. A queste dichiarazioni di concordia e unità nel segno dei valori democratici, non fa però riscontro l'opportunità di far e esperienza concreta della democrazia tanto propagandata dalle forze anglo-americane. Le elezioni, anche quelle amministrative, sono ancora lontane e mentre “i vari partiti politici rimangono attivi e continuano nel loro tentativo di controllare gli uffici pubblici, [anche se] nessun partito ha un programma definito o una politica […], la gente comune continua ad essere più interessata al cibo che alla politica”[911], preferendo scioperare per l'aumento delle razioni, piuttosto che per i diritti non riconosciuti[912]. La possibilità di permettere all'Italia di tenere le sue prime elezioni, almeno quelle amministrative, divide i membri della Commissione ancora a dicembre. Nel corso di una riunione dei presidenti di sezioni e sottocommissioni che si svolge il 10 dicembre[913] i toni della discussione sonoanimosi: Antolini e la sezione Economica “all'unanimità” insistono sulla necessità di tenere le elezioni in quel “New Brave World” che è in procinto di “sorgere oggi”[914] davanti ai loro occhi. Dello stesso avviso Spicer, a capo della sottocommissione Interni. A esitare è invece il britannico Lush, il commissario esecutivo dell'Acc, che blocca ogni azione della Commissione in tal senso, preferendo raccogliere i pareri dei commissari regionali. Prevarrà comunque questo indirizzo, anche perchè alla fine di dicembre la posizione del Gabinetto di guerra britannico è nettamente opposta a quella americana. Se il Dipartimento di Stato infatti non dubita dell'opportunità di tenere le elezioni, i britannici temono che “nelle attuali circostanze potremmo probabilmente incoraggiare la formazione di Soviet locali e provinciali”[915]. Motivazione analoga sarà addotta, sempre dalla Gran Bretagna, a luglio del '45[916], ma in senso opposto, ossia per incoraggiare il Governo italiano a tenere entro la fine dell'anno le elezioni per la Costituente, “prima che le difficoltà dell'inverno abbiano avuto il tempo di esercitare un'influenza negativa sugli elettori”.[917]
Nell'estate del '44 dunque le elezioni sono ancora lontane, sebbene sia in atto un progressivo mutamento della politica alleata verso l'Italia. Insieme alla Commissione, come visto impegnata in progressive ristrutturazioni interne, è l'indirizzo politico alleato a ridefinirsi. A partire da luglio inizia infatti a prospettarsi la concreta possibilità che Stati Uniti e Gran Bretagna sostengano con aiuti economici la ripresa dell'Italia, dopo la liberazione di Roma entrata anche agli occhi degli Alleati (soprattutto americani) all'inizio di una fase già più compiutamente postbellica. È in questo momento che in America si inizia a riflettere su quella che potrebbe essere la politica postbellica nei confronti dell'Italia. Uno dei primi documenti in cui è rintracciabile questo mutamento di posizione è un memorandum del Dipartimento di Stato, redatto ai primi di luglio[918]. Il memorandum individua nella formazione del governo Bonomi, “antifascista, pro-Nazioni Unite e democratico”, il delinearsi di un'Italia riconoscibile come interlocutore politico, e dell'inizio del “periodo post-bellico nella nostra relazione con l'Italia”. L'argomento comunque sarà concretamente affrontato dai due governi alleati solo a partire dalla fine del '44, e soprattutto dopo che a gennaio verranno emanate le nuove direttive circa compiti e competenze della Commissione[919]. Saranno allora più evidenti i contrasti fra le due linee, britannica e americana, verso l'Italia.
[NOTE]
[893] La notazione è presente praticamente in ogni rapporto. A mò di esempio si citano il Rapporto mensile per il mese di luglio 1944, quartier generale Acc, 30 agosto 1944, p.2, box 955 cit, Acc files 10000/132/7; Ufficio del commissario provinciale Bari, a Spicer, sottocommissione Interni, quartier generale Acc, 20 marzo 1944, in Acs, Acc
scatola 38/197A.
[894] Cfr. S. Finocchiaro, Il partito comunista nella Sicilia del dopoguerra (1943-1948), Salvatore Sciascia Editore, 2009, pp. 32-55; P. Amato, Calabria tra occupazione e riforma (1943-1960), in Campagne e movimento contadino nel Mezzogiorno d'Italia dal dopoguerra ad oggi, DeDonato, 1979, pp. 483-556, e in particolare pp. 483-98 e F. Renda, Il movimento contadino in Sicilia, ivi, pp. 559-717, e in particolare pp. 577-91. Comunque, più in generale, i reports alleati riferiscono di tentativi di “politicizzazione” delle agitazioni che a partire soprattutto dal '44 infiammano il Mezzogiorno. È il caso per esempio dei moti del “non si parte” in Sicilia, in cui gli Alleati riferiscono dei
tentativi separatisti o fascisti di guadagnare una leadership.
[895] Cfr. Rapporto su certe questioni concernenti l'approvvigionamento, s.d, ma primavera 1944, cit.. Il padre di Giacomo Mancini, Pietro, era stato uno dei fondatori del Psi e Giacomo, avvocato antifascista, aveva seguito le orme del padre. Nel '48 sarà eletto alla Camera nelle liste del Fronte Democratico Popolare. Negli anni '60, sarà poi ministro per tre volte, nominato per la prima volta ministro della Sanità nel primo governo Moro. Nel 1993 sarà eletto sindaco di Cosenza, e proprio in quell'anno rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Tuttavia il lungo iter giudiziario iniziato negli anni novanta, in cui si sono successe una condanna e un'assoluzione, non si è mai concluso in via definitiva.
Cfr. E' morto Giacomo Mancini, uno dei grandi vecchi del Psi, 8 aprile 2002, “la Repubblica”, edizione on line, in www.repubblica.it/online/politica/mancini/mancini/mancini.html.
[896] Cfr. Togliatti e il Mezzogiorno, a cura di Franco De Felice, Ed. Riuniti, 1977, p. 107.
[897] R. Mangiameli, La regione in guerra, cit., p. 552.
[898] Strutture ed enti che comunque si legano a soluzioni e programmi elaborati in età liberale: cfr. G. Barone, Stato e Mezzogiorno (1943-1960). Il “primo tempo” dell'intervento straordinario, in Storia dell'Italia repubblicana, Einaudi, 1986, vol. I, 7, t. 1, pp. 293-409.
[899] Cfr. per es. New York Times, settembre 1944: A. O'Hare M'Cormick, New Relief Scheme for Italy Is Urged, 7 settembre 1944; Italy Asks Freedom to Help Itself, 11 settembre 1944; H. Furst, Food Needed in Italy, 19 settembre 1944. Ma si veda anche D. Ellwood, L'alleato nemico, cit., pp. 96-7.
[900] Cfr. Sezione Pubbliche Relazioni, bollettino settimanale Acc n. 17, 30 luglio 1944, pp. 1-2, in box 955, cit., Acc files 10000/132/9, e bollettino n. 18, 6 agosto 1944, ivi.
[901] Ivi, p. 1.
[902] L'Italia e gli Alleati, in “L'Italia Liberata”, cit. in bollettino Acc n. 17, cit., p. 2.
[903] Ibidem.
[904] “La Voce Repubblicana”, 29 luglio 1944, cit. ivi.
[905] Bonomi a Stone, 22 luglio 1944, Acc files 10000/136/117, in Civil Affairs, p. 496. Tuttavia secondo quanto riportato in Aga Rossi ed Ellwood, la lettera è indirizzata ad Hull. Cfr.E. Aga Rossi, La situazione politica ed economica dell'Italia nel periodo 1944-45: i governi Bonomi, in “Quaderni dell'Istituto Romano per la storia d'Italia dal fascismo alla resistenza”, 1971, n. 2, ora in L'Italia nella sconfitta, cit., pp. 125-190, p. 150, e D. Ellwood, L'alleato nemico, cit., p. 88. La versione pubblicata in Civil Affairs è comunque indirizzata al Commissario capo della Commissione.
[906] L'Unrra (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), era stata creata nel 1943, ed era il prodotto del “liberalismo sociale” che animava il progressismo newdealista dei collaboratori di Roosevelt. Attraverso l'Unrra sarebbe stato infatti possibile attuare il progetto di un New Deal mondiale caro all'amministrazione democratica. Si veda a proposito J.L. Harper, L'America e la ricostruzione dell'Italia, 1945-1948, Il Mulino, 1987, pp. 26-7.
[907] Per la formazione del primo governo Bonomi, cfr. fra gli altri E. Aga Rossi, La situazione politica ed economica dell'Italia nel periodo 1944-45: i governi Bonomi, cit., pp. 127 e sgg..
[908] Cfr. Bonomi Government Begins Work, “The Times”, 20 giugno 1944.
[909] Bollettino settimanale Acc n. 18, 6 agosto 1944, cit., p. 2.
[910] Ibidem.
[911] Rapporto mensile del quartier generale Acc, mese di luglio 1944, 30 agosto 1944, p. 6, in box 955 cit., Acc files 10000/132/9.
[912] La maggior parte degli scioperi che le fonti registrano sono legati alla richiesta di un aumento delle razioni garantite ai lavoratori, soprattutto nel caso di operai addetti ai lavori pesanti. Cfr., fra le tante testimonianze, l'analisi della sottocommissione Lavoro in rapporto mensile del quartier generale Acc, mese di maggio 1944, p. 6, in box 955 cit., Acc files 10000/132/7.
[913] Bollettino settimanale Acc n. 36, 10 dicembre 1944, p.4, in box 955, cit..
[914] Ibidem.
[915] Policy towards Italy: New Directive for the Allied Commission, il War Cabinet Offices al Foreign Office, 30 dicembre 1944, in Na, London, Fo 371/49749.
[916] Cfr. The Probable Future of Italy, Foreign Office, 9 luglio 1945, in Na, London, Wo 220/421.
[917] Ivi, p. 1.
[918] Memo di Dunn a Hilldring, 6 luglio 1944, in Civil Affairs p. 497.
[919] La questione verrà affrontata nel paragrafo successivo. Per il punto di vista inglese nel dibattito fra le due nazioni, si veda comunque Na, London, Fo 371/49924; Fo 371/49749; Fo 371/49751.
Manoela Patti, Gli Alleati nel lungo dopoguerra del Mezzogiorno (1943-1946), Tesi di dottorato, Università degli studi di Catania, 2010