domenica 24 luglio 2022

I Bucaneve

Acis nicaeensis (Ardoino) Lledó, A.P. Davis & M.B. Crespo. Fonte: Acta Plantarum

In passato, la fioritura del Galanthus nivalis e del Leucojum vernum  segnava l'inizio precoce della primavera, in anticipo rispetto all’equinozio del 21 marzo: oggi, le mutazioni climatiche inducono, il ‘fiore di febbraio’ ad anticipare lo sboccio a gennaio e, di conseguenza, vale anche per i nati in questo mese la presunta copertura simbolica di speranza e di consolazione, di passaggio dal dolore a un nuovo inizio.
Nella tradizione celtica, il bucaneve era dedicato alla festa di Imbolc, una delle quattro “Cerimonie del fuoco” perché interamente incentrate sull’accensione rituale di falò. Nello specifico la ricorrenza celebrava la fiamma come dispensatrice di luce, perché il sole  inizia ad ampliare la sua presenza quotidiana.
Tutti i popoli antichi, molto attenti ai mutamenti di stagione, salutavano, in particolare l'atteso risveglio della Natura. Gli abitanti dei villaggi si radunavano per onorare, tutti assieme, la loro Dea della Luce; nell’Europa celtica si pregava Brigit (alias Brighid o Brigantia come nella vicina Briga Marittima), considerata la dea del triplice fuoco; infatti era la patrona dei fabbri, dell’ispirazione artistica e dell’energia guaritrice.  Anche nella tradizione cristiana dove convivono tuttora diversi soprannomi popolari per i Bucaneve (Campana della Candelora, Fiore della purificazione o Stella del mattino) il 2 febbraio gli altari delle Chiese venivano addobbati con i Bucaneve; coincide con il quarantesimo giorno dopo la Natività, dedicato alla celebrazione della Candelora (si benedicono delle candele come simbolo della luce della speranza per il mondo rappresentata da Gesù bambino).
Il 2 febbraio, è anche giorno della Presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme come neonato primogenito e la Festa della purificazione di Maria rivestendo, anche per la tradizione popolare, il valore simbolico della speranza perché  con la sua rinascita annuale rassicura l’umanità sull’imminente risveglio della natura e sul ritorno della bella stagione.
Infatti, per questi motivi, e per il suo candore, il Bucaneve è elevato a simbolo della purezza. Portarne uno fra le vesti indurrebbe a comportarsi onestamente, mentre per il linguaggio dei fiori, comunicherebbe simpatia, ottimismo, virtù; soprattutto se lo esibisce una sposa o decora una cerimonia nuziale. Per contro, il Bucaneve fu anche  gravato di  presagio di morte perché sbocciava diffusamente in molti cimiteri.
E’ leggendario anche il racconto tedesco su Dio che, completando la Creazione della Terra, chiese alla neve di scendere sui fiori per tingere le corolle, ma opposero un secco rifiuto: tutti, ad eccezione del Bucaneve. Da allora, per  ricompensarlo, la neve lo lascia fiorire solitario, ogni anno in anteprima, anticipando lo spettacolo primaverile. Secondo un’antica narrazione moldava, la Primavera, allora si trattava di una bellissima donna, litigava ogni anno con la Strega dell'inverno che non voleva mai cederle il posto. La bella stagione risolse la disputa pungendosi un dito; nei punti in cui erano cadute le gocce di sangue si sciolse la neve e spuntarono i prototipi dei Bucaneve.  
Una popolare leggenda attribuisce la nascita dei diversi Bucaneve all’intervento di un ignoto angelo disceso sulla terra a consolare Eva, ancora affranta dopo la cacciata dal Paradiso, piangente e disperata per tutti i fiori abbandonati nei giardini dell’Eden.
Con lo scopo di alleviare in qualche modo il cocente dolore della prima donna il sacro volatile pensò di trasformare i fiocchi di neve in altrettanti Galanthus nivalis, o Leucojum vernum, a seconda delle preferenze del lettore.
Molte specie di Bucaneve vivono anche in zone dove la bianca coltre invernale non è mai di casa, come nei monti dell'Egeo; tuttavia in Grecia è nata un'altra leggenda secondo la quale la tomba del primo sfortunato aviatore sarebbe nell’isola di Nikaria, patria di Dedalo. Secondo gli indigeni il vento mattutino, a primavera, continua a piangere la morte di Icaro con lacrime che sull’erba mutano forma e sostanza, assumendo le delicate sembianze di un Leucojum.
Infatti, quasi inaspettatamente, nel mese di febbraio, fra gli steli d’erba rigidi ed annientati dai gelidi mesi invernali, spuntano le campanelle bianche dopo aver vinto la resistenza del terreno ancora indurito con la punta acuta e consistente delle due foglioline congiunte.
Per questo motivo, nel linguaggio dei fiori, i Bucaneve si uniscono alle altre specie precoci quale simbolo di Speranza e di Sollievo per la fine della stagione più ingrata dell’anno; non si dicono d'accordo solo gli sciatori.  
Per incatenare a se la persona amata, secondo rituali per fortuna ormai in disuso, ci si dovrebbe recare all’alba sulla riva di un fosso per cercare Bucaneve appena nati ed ancora intirizziti per la brina; farne un bel mazzetto e gettarli in acqua ad occhi chiusi sussurrando il nome dell’oggetto del desiderio.
Quindi, riaprire lo sguardo ed attendere con trepidazione gli scherzi del destino: se la corrente porta i fiori lontano, è fatta; il partner desiderato non riuscirà più a sganciarsi. Se restano a riva è bene rivolgersi ad altro soggetto.
Favole e fantasie a parte, fra le diverse specie riportate alla luce dallo sciogliersi delle nevi, queste Amaryllidacee si dimostrano sicuramente fra le più impazienti e frettolose nel loro ciclo vegetativo. Dopo poche settimane di manifesta attività vitale passano dal precocissimo risveglio postinvernale ad un altrettanto precoce nuovo sonno; necessario, del resto, a preservarli dalle forti calure estive che non gradiscono.
E’ quasi d’obbligo per il profano confondere l’una con l’altra queste bulbose nane, sovente localizzate gomito a gomito negli stessi areali. La più evidente differenza morfologica consiste nella forma dei tepali candidi: tutti eguali nei Leucojum, mentre appaiono manifestamente diversi (i tre esterni più lunghi) nell’unico Galanthus nazionale.
Quest’ultima denominazione, nata in epoca relativamente recente, significa letteralmente "fiore di latte" e serve per descrivere il candido colore delle corolle, condiviso anche dai Leucojum, un termine nato invece nella lontana epoca classica. Furono i naturalisti greci ad usare il battesimo di "Viola bianca" per paragonarli alla Mammola, altra abituale staffetta della primavera.
Il Galanthus nivalis sovente fa coincidere la sua comparsa annuale con il periodo della Candelora (2 febbraio, Festa della purificazione di Maria) ed è per questo chiamato "Fiore della Purificazione", rivestendo, anche per la tradizione popolare, il valore simbolico della speranza.
Infatti, con la sua periodica rinascita rassicura l’umanità sull’imminente risveglio della natura e sul ritorno della bella stagione.  Leucojum vernum e Galanthus nivalis sono così apparentemente sovrapponibili nelle loro caratteristiche morfologiche che anche i giardinieri li mescolano appaiati nelle aiuole di piante precoci.  
Il genere Galanthus comprende una ventina specie spontanee su tutti i rilievi dell’Europa centrale e meridionale, dai Pirenei al Caucaso, comprese Alpi ed Appennino ligure, anche se in Italia ne nasce una soltanto: il Galanthus nivalis.
La sue minuscola campana attira gli insetti per l’abbondante nettare contenuto nelle scanalature.
Il visitatore, all'ingresso del fiore, ha un primo contatto con lo stimma sul quale depositerà il polline raccolto altrove, ma movendosi alla ricerca del cibo, riuscirà a raggiungere e sollecitare il piccolo gancio alla sommità degli stami, provocando la fuoriuscita del polline dalle piccole aperture. E’ comunque accertato che la fecondazione può avvenire egualmente per le oscillazioni del fiore provocate dal vento.  Alcune specie di Leucojum viventi nei paesi dell'Europa occidentale producono raramente seme, forse perché fioriscono prima che gli insetti siano pronti a visitarli, ma la vera causa del fenomeno non è stata accertata.
 Questo Genere contava 11 specie, dislocate nell'Europa centrale e meridionale, nelle regioni mediterranee, in Crimea e Armenia, sino a quando (nel 2004) non è stata accettata la suddivisione proposta oltre un secolo prima; alcuni suoi membri, nove per la precisione, sono stati inseriti nella nuova compagine sistematica chiamata Acis. Cinque di essi sono presenti anche nella flora italiana spontanea, tre dei quali in Liguria.
Merita una particolare menzione uno di questi il cui areale lambisce la parte estrema del ponente ligure, le alture sopra la frazione di Latte ed è indicato presente, per quanto riguarda la Francia, nel dipartimento delle Alpi Marittime e sul monte Ventoux nel Vaucluse.
Si tratta dell'Acis nicaeensis (già Leucojum nicaeense e Leucojum hyemale) del quale sono state individuate alcune stazioni anche nella parte italiana del confine, al passo del Cornà.  Recentemente è rimbalzato alle cronache locali perchè il Comune di Ventimiglia e le vicine amministrazioni francesi hanno deciso di mettere questa rara bulbosa sotto protezione dotando le stazioni in cui nasce di apposita segnaletica per evitare che venga danneggiata; inoltre si è convenuto di contenere periodicamente la vegetazione concorrente per impedire che soffochi, distruggendola, la "Campanellina di Ventimiglia".
Per la verità, la sua indiscussa rarità si limita al versante italiano delle montagne costiere perchè già oltre un secolo fa, nel suo Riviera nature notes George Comeford Casey contraddiceva in parte chi affermava la precarietà del "Bucaneve nizzardo" con queste parole: "E' distinguibile immediatamente per avere la spata divisa. Questa pianta ha una distribuzione geografica molto più limitata che qualsiasi altra, ciononostante, ma a mio parere non sembra assolutamente circoscritta, come dice Ardoino, al distretto di costa tra Nizza e Mentone, perché l'ho trovata ad occidente del Var dove  è abbondante sul Mont Vinaigrier, il Mont Alban, ed il Mont Boron; infatti dappertutto ad est di Nizza scende sino alle rocce marine. L'elegante "Bucaneve nizzardo" è molto perseguita, ma penso non sia in pericolo di estinzione, perché cresce in luoghi poco frequentati e non è menzionato da tutti i testi".
Fra tutte queste Amaryllidacee, il più famoso è il Leucojum vernum, dal delizioso profumo, dotato di un involucro esterno che protegge il seme e di un elaiosoma, minuscola appendice rugosa e bianco giallastra, provvista di cellule contenenti zucchero. Le formiche ghiotte di tutte le sostanze dolci se ne impadroniscono concorrendo alla sua propagazione perché trasportano il seme sottoterra mettendolo nelle migliori condizioni per germinare.  
Da alcuni secoli sono in gran parte coltivate nei giardini rocciosi e per infiorare le zone ombrose dei parchi oppure servono egregiamente per fornire cibo alle api in un periodo di scarse fioriture.
Anche di queste piante si è servita la medicina popolare casalinga ed ufficiale usando il bulbo come cataplasma e come vomitativo.
Le sostanze contenute nel Galanthus nivalis sono: lycorina, tazzettina, flexinina, diidrocinidina e la galantamina tutti alcaloidi ancora usati per la preparazione di farmaci ad azione colinergica.
Le stesse sostanze sono state isolate anche nei Leucojum nei quali è stata constatata anche la presenza di leucoina e leucoitina, ma c’è subito da dire che sono princìpi altamente attivi, e quindi tossici, da lasciar trattare ad esperti titolati.
-  Leucojum aestivum  L. (III-IV. Proprio dei prati umidi e torbosi sino ai 300 m. ma in rarefazione) Ha bulbo con tuniche  bruno chiare, fusto spugnoso e trigono con angoli evidenti, alto sino a 50cm. Le foglie sono tutte basali ed inguainanti quasi lunghe come lo scapo, lineari e piane. Le ombrelle di 2\8 fiori penduli sono avvolte da una spata. I tepali  sono bianchi e macchiati di verde in punta; gli stami hanno antere aranciate, lo stilo è cilindrico ed il frutto è una capsula a forma di pera.
-   Leucojum vernum  L. (II-IV. Nasce nei prati umidi e torbosi sino ai 1200 m. ma in rarefazione) Ha bulbo con tuniche  bruno chiare, fusto spugnoso e cilindrico, alto sino a 30cm. Le foglie sono tutte basali ed inguainanti più corte dello scapo, lineari ed ottuse. Le ombrelle sono composte da 1\2 fiori penduli. I tepali  sono bianchi e macchiati di verde in punta; gli stami hanno antere aranciate, lo stilo è cilindrico ed il frutto è una capsula subsferica.
-    Acis nicaeensis (Ardoino) Lledó. (Sin. Leucojum hyemale, Leucojum nicaeensis  Ard.  DC.III-IV. Nasce sulle rupi e nelle garighe dell'estremo ponente sino ai 1000m. ma in rarefazione) Ha bulbo ovoide con tuniche avvolgenti il fusto esile alto sino a 15cm. Le foglie sono tutte basali lineari più lunghe dello scapo. Il fiore unico (raram. 2\3) è pendulo avvolto da una spata a 2 lacinie lineari. I tepali sono bianchi, ovati e leggermente appuntiti; gli stami sono inseriti sopra l’ovario. Il frutto è una capsula subsferica.
-    Galanthus nivalis  L. (III-IV. Nasce nelle foreste umide sino ai 1200 m. ma in via di rarefazione). Ha bulbo ad uovo tunicato di scuro. Ha 2 foglie piane e lineari glauche, carenate ed ottuse poco più corte dello scapo alto sino a 30cm. Il fiore, solitario, pendente, ha il perigonio formato da 6 tepali esterni completamente bianchi ed oblungo spatolati, i 3 interni più brevi con una macchia verde. Il frutto è una capsula ovoide e carnosa.
 I bulbi dei Bucaneve devono essere piantati nelle zone fresche del giardino, anche in mezz’ombra in terreno sciolto e moderatamente umido.
Si possono lasciare liberi di crescere spontaneamente per parecchi anni e se si desidera dividerne i bulbi l’operazione è da effettuarsi a fine estate ripiantandoli immediatamente. Per la diffusione da semina c’è da attendere almeno per tre anni prima di vederli fioriti.
Questa seconda forma di moltiplicazione è da consigliare a chi voglia rendersi conto personalmente delle variazioni che caratterizzano le specie spontanee italiane e cercare di fissarle nel proprio giardino; anche per non depauperare ulteriormente la presenza della specie che in molte zone è veramente a rischio di scomparsa.
Le foglie in alcune specie compaiono dopo il fiore; sarà bene reciderle solo dopo che siano maturate bene e ingiallite.

Alfredo Moreschi