Nostalghia fu il primo film di Tarkovskij ad essere girato interamente fuori dall’Unione Sovietica, in Italia, ed essere prodotto in collaborazione con la RAI. Il 20 maggio del 1983 Nostalghia venne presentato al Festival di Cannes ottenendo tre premi: il Grand Prix della Giuria, il Premio Fipresci e quello ecumenico.
L’esigenza di dedicare una tesi di dottorato ad un film del grande regista russo nasce dal profondo convincimento che Nostalghia rivesta un ruolo molto importante in tutta la filmografia di Tarkovskij e, nonostante la letteratura critica sul film sia imponente, non si è mai confrontata direttamente con le fonti, e raramente ha sviluppato strumenti metodologici e scientifici aggiornati. Questa tesi intende fornire un contributo per la comprensione del film, con l’obiettivo di proporre una interpretazione sul coinvolgimento emotivo a partire dalla teoria cognitivista del film.
La complessità del testo filmico necessita di un lavoro preventivo di critica genetica, in grado di documentarne l’intero processo di costruzione, dall’ideazione narrativa alla redazione della sceneggiatura. Tanto più che il film nasconde una produzione tortuosa e articolata (1). Si pensi alle drammatiche condizioni di lavoro per mancanza di fondi e ai rapporti difficili con le autorità del regime sovietico.
L’attività di ricerca si è caratterizzata per lo studio della consistente letteratura critica sul film e per il lavoro negli archivi attraverso un confronto diretto con le fonti inedite. Una tappa fondamentale di tale attività è stata la ricerca all’Istituto Internazionale Tarkovskij di Firenze presso il quale è stato possibile consultare l’archivio personale del regista. Nell’archivio sono conservate le lettere personali di Tarkovskij e le moltissime lettere inviate al regista da amici e ammiratori; gli originali dei moltissimi premi conseguiti dal regista nel corso della sua carriera; i contratti e documentazione varia di carattere amministrativo; i manoscritti di racconti, poesie e scritti di Tarkovskij; le sceneggiature, con i materiali sui film ma anche i materiali di lavoro (le cc. dd. Idee per i film). Inoltre vi sono custoditi i quaderni giovanili contenenti note, idee, disegni a partire dalla seconda metà degli anni quaranta; i diari dal 1970 al 1986, i diari di lavoro e le agende; i testi delle dispense dei corsi di cinematografia tenuti da Tarkovskij, le interviste e i testi delle conferenze; le raccolte di materiale bibliografico, di giornali e riviste; le fotografie delle riprese e varie; i video di seminari, interviste e conferenze; e la biblioteca del regista costituita da oltre trecento volumi.
Successivamente si sono condotte ulteriori ricerche presso l’Archivio centrale dello Stato in Roma, dove è stato consultato il faldone CF 8517 della sezione «Cinema» del fondo del Ministero del Turismo e dello Spettacolo all’interno del quale è presente un fascicolo dedicato a Nostalghia, contenente la sceneggiatura del film e varia documentazione relativa per lo più alla produzione tra cui: il piano di lavorazione del film, la domanda di nazionalità presentata al Ministero del Turismo e dello Spettacolo dalla RAI Spa, la domanda di revisione, la denuncia di inizio della lavorazione del film, l’istanza per l’iscrizione nel pubblico registro cinematografico da parte del Ministero del Turismo e dello Spettacolo alla SIAE, il contratto tra la RAI e la Opera Film Produzione Srl di Roma (in qualità di organizzatore generale per la realizzazione di Nostalghia).
Si è ritenuto, inoltre, consultare la letteratura critica su Tarkovskij in lingua russa inedita in Italia. Negli ultimi anni in Russia è cresciuto molto l’interesse nei confronti del regista attraverso la pubblicazione di studi, l’organizzazione di retrospettive sui suoi film e l’allestimento di numerose mostre dedicate a Tarkovskij. La ricerca bibliografica si è svolta soprattutto presso la Biblioteca di Stato Russa in Mosca. I contributi dedicati al regista sono molto diversi, ma si possono raggruppare sostanzialmente in due grandi categorie: i contributi di carattere storico-biografico (ved. Filimonov, Gordon, Surkova, Turovskaja e Volkova) e i contributi di carattere ermeneutico-filosofico (ved. Evlampiev, Salynskij, Staševskaja, Nažmudinov, Zagrebin).
Il materiale d’archivio costituirà la fonte principale per la redazione della prima parte della tesi, quella cosiddetta di critica genetica e di natura descrittiva, che sarà suddivisa in tre capitoli: il primo sulla produzione (cioè il lavoro di preparazione del film, dalla programmazione delle riprese alla previsione delle spese di produzione, dal reperimento dei finanziamenti al reperimento dei principali collaboratori del regista e dei principali interpreti); il secondo sul soggetto (ossia sulle circostanze in cui nacque l’idea del film); e il terzo sulla sceneggiatura desunta (ossia la segmentazione in sequenze del film) e sulla struttura del film (cioè sulla suddivisione in inquadrature e sequenze del film).
Il lavoro filologico della prima parte si avvale della sceneggiatura desunta che consiste nella descrizione di un film intero o solo di una o più sequenze. La sceneggiatura desunta è uno strumento che consente una comprensione profonda delle strategie narrative di un testo filmico, senza trascurare il contatto diretto con l’oggetto fisico. La sceneggiatura desunta si pone, quindi, come premessa necessaria all’analisi testuale del film per una comprensione che va dalle particelle più piccole fino alla struttura architettonica. Infatti l’interpretazione di un film presuppone una conoscenza dettagliata del testo che non può avvenire a prescindere da una sua trascrizione sulla carta. La sceneggiatura desunta orienta il livello ermeneutico e a sua volta il livello ermeneutico orienta la sceneggiatura desunta, in quanto particolari che uno studioso ritiene trascurabili, per un altro sono invece importanti, a seconda della sensibilità di ogni analista.
Una conseguenza che deriva dallo studio analitico di un film è la possibilità di individuare delle sequenze, ossia dei segmenti autonomi dal punto di vista narrativo. La sequenza è, appunto, una porzione autonoma del racconto caratterizzata da unità d’azione e che al suo interno può contemplare anche microfratture spazio-temporali ed essere spezzata a sua volta in ulteriori sottosequenze che non sono autonome dal punto di vista narrativo. Non sempre gli estremi di una sequenza sono oggettivati e per questo la segmentazione in sequenze di un film può diventare un atto di interpretazione dello stesso studioso (2).
La seconda parte della tesi è dedicata alle emozioni come fondamento dell’esperienza spettatoriale: si concentra in particolare sulla partecipazione emozionale che un film è in grado di attivare. A questo tipo di esperienza ci riferiamo parlando di coinvolgimento: lo spettatore è implicato nella vicenda avendo stabilito un legame affettivo con i personaggi e gli eventi narrati.
Il coinvolgimento spettatoriale è innescato innanzitutto dall’intreccio tra dinamiche emozionali. Ogni elemento della forma filmica, narrativo o tecnico-stilistico, può contribuire a questo innesco, nell’intreccio tra materiali percettivi e dinamiche narrative; una volta innescato, il coinvolgimento può esaurirsi, rimanendo limitato a specifiche situazioni, oppure estendendosi a segmenti più ampi, a seconda delle opzioni narrative e stilistiche.
Una narrazione, infatti, forte o debole che sia, costituisce il principale vettore del nostro coinvolgimento. L’emozione è il principale mezzo di connessione tra spettatore e film. Se esiste una dimensione immersiva dell’esperienza cinematografica, infatti, essa ha luogo innanzitutto sul piano delle emozioni; e anzi il coinvolgimento si spiega esclusivamente prendendo in considerazione l’esperienza emotiva dello spettatore. In questa prospettiva, la narrazione costituisce il principio che stabilisce e gestisce le situazioni emotive, gli stati d’animo o le tonalità affettive.
Come abbiamo accennato, ci occuperemo del coinvolgimento al cinema, cioè delle dinamiche emozionali. Tenteremo di offrirne una visione aggiornata, facendo riferimento a ipotesi e modelli provenienti dalla filosofia della mente che include le riflessioni sulla spettatorialità emerse, nel corso dei decenni, nell’ambito degli studi sul cinema (3).
Ognuno dei capitoli che compongono la seconda parte di questa tesi si concentra su un aspetto del coinvolgimento emotivo. Nel primo capitolo si offre un breve excursus sul cinema lento, una tendenza stilistica all’interno del cinema d’arte. Le sue caratteristiche distintive riguardano la narrazione: film, dallo stile minimalista, il ritmo narrativo ritardato e l’eliminazione della causalità. In particolare, le sue caratteristiche estetiche includono un uso della ripresa lunga e una risoluta enfasi sui tempi morti; dispositivi che favoriscono una modalità di narrazione che inizialmente appare criptica, e offre soprattutto un’esperienza della durata sullo schermo. A questo proposito, cominciamo a delineare la funzione del piano-sequenza e la sua centralità nel realismo baziniano. Anche il tempo morto come tecnica di dedrammatizzazione riceve una lunga trattazione in questo capitolo. La combinazione della ripresa lunga e del tempo morto porta a una modalità unica di spettatore. Questa tesi, quindi, indaga gli aspetti formali del film e la loro funzione nel raggiungimento di una modalità contemplativa di spettatore.
Il secondo e il terzo capitolo sono di natura analitica e interpretativa: utilizzano diverse teorie dell’emozione spettatoriale per offrire una lettura particolare del film, un’interpretazione che emerge attraverso un’attenzione focalizzata sul tema della risposta emotiva. In questa tesi l’analisi del film è informata dall’approccio neoformalista di David Bordwell. Il secondo capitolo affronta il tema più studiato a proposito dell’esperienza spettatoriale, quello dell’empatia; poiché si tratta di un termine che possiede diversi significati, e poiché si tratta di un fenomeno che include un’ampia gamma di reazioni, dedicheremo uno spazio al confronto tra ipotesi diverse, ispirate dalla filosofia delle emozioni, con particolare riferimento alle componenti cognitive. Nell’ultima sezione, il capitolo affronta la questione cruciale del mood, che è tipicamente evocato dalle configurazioni audiovisive e dalla messa in scena, e che facilita il coinvolgimento secondo modalità che non dipendono direttamente dai personaggi e dalle loro azioni.
Attraverso una lettura attenta del film, l’obiettivo principale di questa tesi è di esaminare le diverse strategie estetiche, attraverso le quali vengono utilizzati i dispositivi cinematografici al fine di ottenere effetti emotivi, come la noia. Il film rispecchia questo stato d’animo al loro pubblico enfatizzando l’ozio e la noia come uno stato mentale produttivo e ricettivo. A tal proposito, questa tesi sostiene che il cinema lento trasforma la noia in un’esperienza produttiva. La principale strategia estetica di Tarkovskij è il trattamento della noia a vari livelli nel film. Nel terzo capitolo, infine, esploreremo la noia come un’esperienza che il film trasforma in un’esperienza esteticamente gratificante. Si sostiene che la noia è per molti versi una virtù estetica che consente la partecipazione attiva e la sua natura oziosa spesso porta ad una modalità contemplativa e meditativa del film.
[NOTE]
1 Cfr. Federico Vitella, Michelangelo Antonioni. L’avventura, Lindau, Torino 2010, p. 8.
2 David Bruni, Il cinema trascritto. Strumenti per l’analisi del film, Bulzoni, Roma 2006, pp. 15 e ss.
3 Enrico Carocci, Il sistema schermo-mente. Cinema narrativo e coinvolgimento emozionale, Bulzoni, Roma 2018, pp. 261 e ss.
Gabriele Lovecchio, La Nostalghia di Andrej Tarkovskij, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Messina, 2021
L’esigenza di dedicare una tesi di dottorato ad un film del grande regista russo nasce dal profondo convincimento che Nostalghia rivesta un ruolo molto importante in tutta la filmografia di Tarkovskij e, nonostante la letteratura critica sul film sia imponente, non si è mai confrontata direttamente con le fonti, e raramente ha sviluppato strumenti metodologici e scientifici aggiornati. Questa tesi intende fornire un contributo per la comprensione del film, con l’obiettivo di proporre una interpretazione sul coinvolgimento emotivo a partire dalla teoria cognitivista del film.
La complessità del testo filmico necessita di un lavoro preventivo di critica genetica, in grado di documentarne l’intero processo di costruzione, dall’ideazione narrativa alla redazione della sceneggiatura. Tanto più che il film nasconde una produzione tortuosa e articolata (1). Si pensi alle drammatiche condizioni di lavoro per mancanza di fondi e ai rapporti difficili con le autorità del regime sovietico.
L’attività di ricerca si è caratterizzata per lo studio della consistente letteratura critica sul film e per il lavoro negli archivi attraverso un confronto diretto con le fonti inedite. Una tappa fondamentale di tale attività è stata la ricerca all’Istituto Internazionale Tarkovskij di Firenze presso il quale è stato possibile consultare l’archivio personale del regista. Nell’archivio sono conservate le lettere personali di Tarkovskij e le moltissime lettere inviate al regista da amici e ammiratori; gli originali dei moltissimi premi conseguiti dal regista nel corso della sua carriera; i contratti e documentazione varia di carattere amministrativo; i manoscritti di racconti, poesie e scritti di Tarkovskij; le sceneggiature, con i materiali sui film ma anche i materiali di lavoro (le cc. dd. Idee per i film). Inoltre vi sono custoditi i quaderni giovanili contenenti note, idee, disegni a partire dalla seconda metà degli anni quaranta; i diari dal 1970 al 1986, i diari di lavoro e le agende; i testi delle dispense dei corsi di cinematografia tenuti da Tarkovskij, le interviste e i testi delle conferenze; le raccolte di materiale bibliografico, di giornali e riviste; le fotografie delle riprese e varie; i video di seminari, interviste e conferenze; e la biblioteca del regista costituita da oltre trecento volumi.
Successivamente si sono condotte ulteriori ricerche presso l’Archivio centrale dello Stato in Roma, dove è stato consultato il faldone CF 8517 della sezione «Cinema» del fondo del Ministero del Turismo e dello Spettacolo all’interno del quale è presente un fascicolo dedicato a Nostalghia, contenente la sceneggiatura del film e varia documentazione relativa per lo più alla produzione tra cui: il piano di lavorazione del film, la domanda di nazionalità presentata al Ministero del Turismo e dello Spettacolo dalla RAI Spa, la domanda di revisione, la denuncia di inizio della lavorazione del film, l’istanza per l’iscrizione nel pubblico registro cinematografico da parte del Ministero del Turismo e dello Spettacolo alla SIAE, il contratto tra la RAI e la Opera Film Produzione Srl di Roma (in qualità di organizzatore generale per la realizzazione di Nostalghia).
Si è ritenuto, inoltre, consultare la letteratura critica su Tarkovskij in lingua russa inedita in Italia. Negli ultimi anni in Russia è cresciuto molto l’interesse nei confronti del regista attraverso la pubblicazione di studi, l’organizzazione di retrospettive sui suoi film e l’allestimento di numerose mostre dedicate a Tarkovskij. La ricerca bibliografica si è svolta soprattutto presso la Biblioteca di Stato Russa in Mosca. I contributi dedicati al regista sono molto diversi, ma si possono raggruppare sostanzialmente in due grandi categorie: i contributi di carattere storico-biografico (ved. Filimonov, Gordon, Surkova, Turovskaja e Volkova) e i contributi di carattere ermeneutico-filosofico (ved. Evlampiev, Salynskij, Staševskaja, Nažmudinov, Zagrebin).
Il materiale d’archivio costituirà la fonte principale per la redazione della prima parte della tesi, quella cosiddetta di critica genetica e di natura descrittiva, che sarà suddivisa in tre capitoli: il primo sulla produzione (cioè il lavoro di preparazione del film, dalla programmazione delle riprese alla previsione delle spese di produzione, dal reperimento dei finanziamenti al reperimento dei principali collaboratori del regista e dei principali interpreti); il secondo sul soggetto (ossia sulle circostanze in cui nacque l’idea del film); e il terzo sulla sceneggiatura desunta (ossia la segmentazione in sequenze del film) e sulla struttura del film (cioè sulla suddivisione in inquadrature e sequenze del film).
Il lavoro filologico della prima parte si avvale della sceneggiatura desunta che consiste nella descrizione di un film intero o solo di una o più sequenze. La sceneggiatura desunta è uno strumento che consente una comprensione profonda delle strategie narrative di un testo filmico, senza trascurare il contatto diretto con l’oggetto fisico. La sceneggiatura desunta si pone, quindi, come premessa necessaria all’analisi testuale del film per una comprensione che va dalle particelle più piccole fino alla struttura architettonica. Infatti l’interpretazione di un film presuppone una conoscenza dettagliata del testo che non può avvenire a prescindere da una sua trascrizione sulla carta. La sceneggiatura desunta orienta il livello ermeneutico e a sua volta il livello ermeneutico orienta la sceneggiatura desunta, in quanto particolari che uno studioso ritiene trascurabili, per un altro sono invece importanti, a seconda della sensibilità di ogni analista.
Una conseguenza che deriva dallo studio analitico di un film è la possibilità di individuare delle sequenze, ossia dei segmenti autonomi dal punto di vista narrativo. La sequenza è, appunto, una porzione autonoma del racconto caratterizzata da unità d’azione e che al suo interno può contemplare anche microfratture spazio-temporali ed essere spezzata a sua volta in ulteriori sottosequenze che non sono autonome dal punto di vista narrativo. Non sempre gli estremi di una sequenza sono oggettivati e per questo la segmentazione in sequenze di un film può diventare un atto di interpretazione dello stesso studioso (2).
La seconda parte della tesi è dedicata alle emozioni come fondamento dell’esperienza spettatoriale: si concentra in particolare sulla partecipazione emozionale che un film è in grado di attivare. A questo tipo di esperienza ci riferiamo parlando di coinvolgimento: lo spettatore è implicato nella vicenda avendo stabilito un legame affettivo con i personaggi e gli eventi narrati.
Il coinvolgimento spettatoriale è innescato innanzitutto dall’intreccio tra dinamiche emozionali. Ogni elemento della forma filmica, narrativo o tecnico-stilistico, può contribuire a questo innesco, nell’intreccio tra materiali percettivi e dinamiche narrative; una volta innescato, il coinvolgimento può esaurirsi, rimanendo limitato a specifiche situazioni, oppure estendendosi a segmenti più ampi, a seconda delle opzioni narrative e stilistiche.
Una narrazione, infatti, forte o debole che sia, costituisce il principale vettore del nostro coinvolgimento. L’emozione è il principale mezzo di connessione tra spettatore e film. Se esiste una dimensione immersiva dell’esperienza cinematografica, infatti, essa ha luogo innanzitutto sul piano delle emozioni; e anzi il coinvolgimento si spiega esclusivamente prendendo in considerazione l’esperienza emotiva dello spettatore. In questa prospettiva, la narrazione costituisce il principio che stabilisce e gestisce le situazioni emotive, gli stati d’animo o le tonalità affettive.
Come abbiamo accennato, ci occuperemo del coinvolgimento al cinema, cioè delle dinamiche emozionali. Tenteremo di offrirne una visione aggiornata, facendo riferimento a ipotesi e modelli provenienti dalla filosofia della mente che include le riflessioni sulla spettatorialità emerse, nel corso dei decenni, nell’ambito degli studi sul cinema (3).
Ognuno dei capitoli che compongono la seconda parte di questa tesi si concentra su un aspetto del coinvolgimento emotivo. Nel primo capitolo si offre un breve excursus sul cinema lento, una tendenza stilistica all’interno del cinema d’arte. Le sue caratteristiche distintive riguardano la narrazione: film, dallo stile minimalista, il ritmo narrativo ritardato e l’eliminazione della causalità. In particolare, le sue caratteristiche estetiche includono un uso della ripresa lunga e una risoluta enfasi sui tempi morti; dispositivi che favoriscono una modalità di narrazione che inizialmente appare criptica, e offre soprattutto un’esperienza della durata sullo schermo. A questo proposito, cominciamo a delineare la funzione del piano-sequenza e la sua centralità nel realismo baziniano. Anche il tempo morto come tecnica di dedrammatizzazione riceve una lunga trattazione in questo capitolo. La combinazione della ripresa lunga e del tempo morto porta a una modalità unica di spettatore. Questa tesi, quindi, indaga gli aspetti formali del film e la loro funzione nel raggiungimento di una modalità contemplativa di spettatore.
Il secondo e il terzo capitolo sono di natura analitica e interpretativa: utilizzano diverse teorie dell’emozione spettatoriale per offrire una lettura particolare del film, un’interpretazione che emerge attraverso un’attenzione focalizzata sul tema della risposta emotiva. In questa tesi l’analisi del film è informata dall’approccio neoformalista di David Bordwell. Il secondo capitolo affronta il tema più studiato a proposito dell’esperienza spettatoriale, quello dell’empatia; poiché si tratta di un termine che possiede diversi significati, e poiché si tratta di un fenomeno che include un’ampia gamma di reazioni, dedicheremo uno spazio al confronto tra ipotesi diverse, ispirate dalla filosofia delle emozioni, con particolare riferimento alle componenti cognitive. Nell’ultima sezione, il capitolo affronta la questione cruciale del mood, che è tipicamente evocato dalle configurazioni audiovisive e dalla messa in scena, e che facilita il coinvolgimento secondo modalità che non dipendono direttamente dai personaggi e dalle loro azioni.
Attraverso una lettura attenta del film, l’obiettivo principale di questa tesi è di esaminare le diverse strategie estetiche, attraverso le quali vengono utilizzati i dispositivi cinematografici al fine di ottenere effetti emotivi, come la noia. Il film rispecchia questo stato d’animo al loro pubblico enfatizzando l’ozio e la noia come uno stato mentale produttivo e ricettivo. A tal proposito, questa tesi sostiene che il cinema lento trasforma la noia in un’esperienza produttiva. La principale strategia estetica di Tarkovskij è il trattamento della noia a vari livelli nel film. Nel terzo capitolo, infine, esploreremo la noia come un’esperienza che il film trasforma in un’esperienza esteticamente gratificante. Si sostiene che la noia è per molti versi una virtù estetica che consente la partecipazione attiva e la sua natura oziosa spesso porta ad una modalità contemplativa e meditativa del film.
[NOTE]
1 Cfr. Federico Vitella, Michelangelo Antonioni. L’avventura, Lindau, Torino 2010, p. 8.
2 David Bruni, Il cinema trascritto. Strumenti per l’analisi del film, Bulzoni, Roma 2006, pp. 15 e ss.
3 Enrico Carocci, Il sistema schermo-mente. Cinema narrativo e coinvolgimento emozionale, Bulzoni, Roma 2018, pp. 261 e ss.
Gabriele Lovecchio, La Nostalghia di Andrej Tarkovskij, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Messina, 2021
La realizzazione della sceneggiatura di Nostalghia ha richiesto sette anni di lavorazione. Dal 1976 al 1982, anno di inizio delle riprese, Tarkovskij e il poeta e sceneggiatore romagnolo Tonino Guerra hanno lavorato con numerosi impedimenti ma in maniera assidua all’idea, al soggetto e alla sceneggiatura del film.
Confrontando gli scritti del regista e le diverse stesure della sceneggiatura, è possibile tracciare l’origine e lo sviluppo della figura di Domenico, sul cui ruolo fondamentale all’interno della narrazione si esprime anche Tarkovskij in Scolpire il tempo: "Nella sceneggiatura di Nostalghia mi sono sforzato di far sì che non vi fosse nulla di superfluo o di non essenziale che riuscisse d’impaccio all’intento principale: rendere lo stato d’animo di una persona che vive un profondo dissidio col mondo e con sé stesso, incapace di trovare un equilibrio tra la realtà e una sospirata armonia, che si strugge di nostalgia provocata non soltanto dalla lontananza da casa, ma anche da una integrale e nostalgica malinconia per una pienezza di vita. La sceneggiatura non mi aveva soddisfatto finché, finalmente, non si concentrò in una sorta di unità metafisica. [...] In relazione allo stato d’animo del protagonista è straordinariamente importante il personaggio, a prima vista insignificante, di Domenico". (Tarkovskij [1995] 2015, 72-73)
L’importanza che i due autori decidono di attribuire a Domenico evolve insieme alla sceneggiatura stessa. Dall’analisi dei diari del regista e delle sceneggiature conservate presso l’Archivio Tarkovskij a Firenze, si può appurare che il personaggio è solamente accennato nelle prime versioni - dove emergono, come vedremo, alcuni riferimenti o citazioni da opere di Dostoevskij -, mentre acquisisce sempre maggiore centralità nelle stesure successive <4.
Nelle ultime stesure della sceneggiatura, in cui i riferimenti espliciti a Dostoevskij scompaiono, il ruolo di Domenico si fa sempre più articolato e i suoi interventi, che spesso includono citazioni appartenenti a opere di Guerra, sono sempre più numerosi. Nella stesura finale, il personaggio diventerà essenziale nel processo narrativo, tanto da rappresentare la soluzione alla crisi interiore del protagonista e la chiave per il finale del film. [...]
Tarkovskij e Guerra iniziano a pensare a un progetto da realizzare insieme fin dalla primissima fase della loro conoscenza a Mosca, tra la fine del 1975 e l’inizio del 1976. Entrambi sono però in quel momento occupati con altri lavori, e da subito emergono numerose problematiche legate all’ottenimento dei permessi da parte dei dirigenti del Comitato Statale per la Cinematografia (Goskino) <5.
Il progetto, ancora incerto tanto in termini di realizzazione quanto di contenuti tematici, rimane in sospeso a lungo e si sblocca temporaneamente solo nell’aprile del 1979, quando Tarkovskij ottiene il permesso di trascorrere un primo breve soggiorno in Italia. Il 10 aprile leggiamo sul diario del regista il soggetto per un film, La fine del mondo, che i due hanno pensato nel corso dei giorni trascorsi insieme: "Un uomo, aspettando la fine del mondo, si barrica in casa con tutta la famiglia (padre, madre, una figlia e un figlio). La donna mette al mondo un altro figlio. Il padre è molto religioso. Passano in reclusione quasi quarant’anni. Però alla fine la polizia e il pronto soccorso, venuti a conoscenza in qualche modo della loro esistenza, li portano via. Tutti ridotti in condizioni terribili. Il figlio maggiore accusa il padre di essersi macchiato di un crimine, tenendolo all’oscuro per tanti anni del fatto che esisteva un’altra vita più vera. Mentre li portano via il più piccolo guardandosi intorno chiede al padre: “Papà, è questa la fine del mondo?”." ([2002] 2014, 212-13)
L’episodio, mantenendosi molto fedele a questa idea iniziale, entrerà a far parte di Nostalghia andando a costituire il controverso passato del personaggio di Domenico, che dunque inizia a manifestarsi prima ancora che il film abbia un titolo o un protagonista ben definiti <6.
Quando nell’estate di quello stesso anno Tarkovskij e Guerra visitano la cittadina di Bagno Vignoni - che sarà sfondo principale delle riprese -, iniziano a delineare l’ambientazione dove l’uomo de La fine del mondo fa, per così dire, il suo ingresso sulla scena in Nostalghia. Il 24 luglio, Tarkovskij ha già in mente la piscina e l’albergo della località termale: "Un uomo che mette i piedi a mollo, ma con le scarpe ai piedi (è il cieco al quale raccontano il film). Una camera con una finestra che dà su un pozzo, dove il protagonista ha un attacco di cuore. Il protagonista è uno scrittore al quale qualcuno consiglia di andare a N. dove è ricoverato in ospedale il padre (o il figlio) de La fine del mondo. (229)"
[NOTE]
4 Tarkovskij e Guerra. Si tratta di dodici diverse versioni della sceneggiatura, per la maggior parte inedite. Sono dattiloscritti originali con correzioni a penna, numerati e ordinati cronologicamente dal più antico al più recente. Dalla stesura 001 fino alla 007 compresa i documenti sono in lingua russa, dalla stesura 008 fino alla 012 sono in lingua italiana.
5 Ente dedicato al controllo della produzione e distribuzione dei film in URSS.
6 Il titolo Nostalghia compare nei diari del regista solo a partire dal 17 luglio 1979, in una fase in cui il protagonista risulta ancora anonimo e la sua professione è incerta. Cfr. Tarkovskij (2002) 2014, 225-26
Cristina Matteucci, Lo jurodivyj in Nostalghia. Domenico in Tarkovskij e Guerra, Linguæ & - 2/2020
Confrontando gli scritti del regista e le diverse stesure della sceneggiatura, è possibile tracciare l’origine e lo sviluppo della figura di Domenico, sul cui ruolo fondamentale all’interno della narrazione si esprime anche Tarkovskij in Scolpire il tempo: "Nella sceneggiatura di Nostalghia mi sono sforzato di far sì che non vi fosse nulla di superfluo o di non essenziale che riuscisse d’impaccio all’intento principale: rendere lo stato d’animo di una persona che vive un profondo dissidio col mondo e con sé stesso, incapace di trovare un equilibrio tra la realtà e una sospirata armonia, che si strugge di nostalgia provocata non soltanto dalla lontananza da casa, ma anche da una integrale e nostalgica malinconia per una pienezza di vita. La sceneggiatura non mi aveva soddisfatto finché, finalmente, non si concentrò in una sorta di unità metafisica. [...] In relazione allo stato d’animo del protagonista è straordinariamente importante il personaggio, a prima vista insignificante, di Domenico". (Tarkovskij [1995] 2015, 72-73)
L’importanza che i due autori decidono di attribuire a Domenico evolve insieme alla sceneggiatura stessa. Dall’analisi dei diari del regista e delle sceneggiature conservate presso l’Archivio Tarkovskij a Firenze, si può appurare che il personaggio è solamente accennato nelle prime versioni - dove emergono, come vedremo, alcuni riferimenti o citazioni da opere di Dostoevskij -, mentre acquisisce sempre maggiore centralità nelle stesure successive <4.
Nelle ultime stesure della sceneggiatura, in cui i riferimenti espliciti a Dostoevskij scompaiono, il ruolo di Domenico si fa sempre più articolato e i suoi interventi, che spesso includono citazioni appartenenti a opere di Guerra, sono sempre più numerosi. Nella stesura finale, il personaggio diventerà essenziale nel processo narrativo, tanto da rappresentare la soluzione alla crisi interiore del protagonista e la chiave per il finale del film. [...]
Tarkovskij e Guerra iniziano a pensare a un progetto da realizzare insieme fin dalla primissima fase della loro conoscenza a Mosca, tra la fine del 1975 e l’inizio del 1976. Entrambi sono però in quel momento occupati con altri lavori, e da subito emergono numerose problematiche legate all’ottenimento dei permessi da parte dei dirigenti del Comitato Statale per la Cinematografia (Goskino) <5.
Il progetto, ancora incerto tanto in termini di realizzazione quanto di contenuti tematici, rimane in sospeso a lungo e si sblocca temporaneamente solo nell’aprile del 1979, quando Tarkovskij ottiene il permesso di trascorrere un primo breve soggiorno in Italia. Il 10 aprile leggiamo sul diario del regista il soggetto per un film, La fine del mondo, che i due hanno pensato nel corso dei giorni trascorsi insieme: "Un uomo, aspettando la fine del mondo, si barrica in casa con tutta la famiglia (padre, madre, una figlia e un figlio). La donna mette al mondo un altro figlio. Il padre è molto religioso. Passano in reclusione quasi quarant’anni. Però alla fine la polizia e il pronto soccorso, venuti a conoscenza in qualche modo della loro esistenza, li portano via. Tutti ridotti in condizioni terribili. Il figlio maggiore accusa il padre di essersi macchiato di un crimine, tenendolo all’oscuro per tanti anni del fatto che esisteva un’altra vita più vera. Mentre li portano via il più piccolo guardandosi intorno chiede al padre: “Papà, è questa la fine del mondo?”." ([2002] 2014, 212-13)
L’episodio, mantenendosi molto fedele a questa idea iniziale, entrerà a far parte di Nostalghia andando a costituire il controverso passato del personaggio di Domenico, che dunque inizia a manifestarsi prima ancora che il film abbia un titolo o un protagonista ben definiti <6.
Quando nell’estate di quello stesso anno Tarkovskij e Guerra visitano la cittadina di Bagno Vignoni - che sarà sfondo principale delle riprese -, iniziano a delineare l’ambientazione dove l’uomo de La fine del mondo fa, per così dire, il suo ingresso sulla scena in Nostalghia. Il 24 luglio, Tarkovskij ha già in mente la piscina e l’albergo della località termale: "Un uomo che mette i piedi a mollo, ma con le scarpe ai piedi (è il cieco al quale raccontano il film). Una camera con una finestra che dà su un pozzo, dove il protagonista ha un attacco di cuore. Il protagonista è uno scrittore al quale qualcuno consiglia di andare a N. dove è ricoverato in ospedale il padre (o il figlio) de La fine del mondo. (229)"
[NOTE]
4 Tarkovskij e Guerra. Si tratta di dodici diverse versioni della sceneggiatura, per la maggior parte inedite. Sono dattiloscritti originali con correzioni a penna, numerati e ordinati cronologicamente dal più antico al più recente. Dalla stesura 001 fino alla 007 compresa i documenti sono in lingua russa, dalla stesura 008 fino alla 012 sono in lingua italiana.
5 Ente dedicato al controllo della produzione e distribuzione dei film in URSS.
6 Il titolo Nostalghia compare nei diari del regista solo a partire dal 17 luglio 1979, in una fase in cui il protagonista risulta ancora anonimo e la sua professione è incerta. Cfr. Tarkovskij (2002) 2014, 225-26
Cristina Matteucci, Lo jurodivyj in Nostalghia. Domenico in Tarkovskij e Guerra, Linguæ & - 2/2020