lunedì 18 ottobre 2021

Per Dino la vita da borghese finisce i primi di marzo del 1940


Lettere dal fronte” è un progetto multimediale basato sulla corrispondenza di Bernardino “Dino” Ferrero artigliere dell’esercito italiano, dall’11 marzo 1940, tre mesi prima della dichiarazione di guerra alla Francia, fino alla fine della seconda guerra mondiale.
Il progetto è destinato prima di tutto ai giovani e più in generale a chiunque voglia aderirvi gratuitamente: famiglie degli ex internati militari, scuole di ogni ordine e grado, cultori di storia, Comuni e aziende citate nelle lettere, associazioni culturali, più in generale persone interessate o anche solo incuriosite dalla possibilità di ricevere in maniera continua corrispondenza dal passato.
La documentazione comprende circa 150 tra lettere e cartoline inviate dall’Italia, dalla Francia, dall’Albania, dalla Grecia e dalla Germania; un centinaio di fotografie; documenti militari (attestati, onorificenze, foglio matricolare, tessere, ecc.); alcuni quotidiani dell’epoca; tre lettere dai campi di prigionia in Germania, prima come IMI e poi come prigioniero di un campo KZ.
Tempistica: le lettere e le fotografie (oltre al collegamento ai giornali dell’epoca) verranno pubblicate sul sito internet “Lettere dal fronte”, oppure inviate per posta elettronica (vedi a fondo pagina) a chi ne farà richiesta, a partire dall’11 marzo 2020, a distanza di 80 anni esatti dall’entrata in guerra dell’Italia. L’invio potrà riguardare la scansione dell’originale e/o la trascrizione fedele e/o il file audio (qualora si riesca a realizzare quest’ultima forma di divulgazione).
Nelle lettere vengono citati molti luoghi, persone e avvenimenti dell’epoca: 98 persone (alcune famose come attori, politici o sportivi), 119 luoghi (città, paesi, vie, monumenti), 15 corpi militari, 5 giornali diversi, 17 film, 6 canzoni, 24 marchi commerciali. E’ stata avanzata richiesta di patrocinio ai tanti Comuni citati, italiani e stranieri.
Le lettere andranno man mano a costituire alla fine dell’opera un vero e proprio diario di guerra.
 
[Questo progetto a questa data è concluso, come, altresì, messo in evidenza dalla locandina qui riprodotta nella soprastante immagine]

[...] Per Dino la vita da “borghese”, così si diceva in contrapposizione alla vita da militare, finisce i primi di marzo del 1940 quando riceve la cartolina precetto: si deve presentare lunedì 11 marzo al distretto militare di Torino dove verrà sottoposto a visita medica e assegnato ad un reparto. Venerdì 8 marzo 1940 sarà il suo ultimo giorno di lavoro alla cava Gualdoni di Sant’Ambrogio, tre giorni dopo inizierà la sua avventura militare che durerà più di cinque anni. Lui e altri milioni di giovani sottratti alle famiglie e parcheggiati nelle caserme in attesa di una guerra sciagurata ma divenuta inevitabile.
Quindi l’11 marzo 1940, tre mesi esatti prima della dichiarazione di guerra, Dino entra al distretto militare di Torino e, a fine giornata, scrive la prima di una lunga serie di lettere alla sua famiglia.
Essendo un giovane sano e robusto viene dichiarato abile e viene arruolato nel corpo degli artiglieri da montagna. Il primo periodo di naia lo trascorre in varie località del Piemonte. Prima di tutto Venaria Reale dove avviene appunto la sua assegnazione all’arma dell’artiglieria da montagna. Quindi Condove, dove segue il  periodo di addestramento che si conclude con il giuramento di fedeltà al Re e alla Patria. Poi, come ci si attendeva da tempo, il 10 giugno 1940 il capo del governo italiano dichiara guerra agli Alleati. Va detto che cinque giorni prima i tedeschi avevano di fatto annientato la resistenza dell’esercito francese e si accingevano ad entrare a Parigi. Temendo che l’Italia potesse restare esclusa dal “tavolo della pace” Mussolini la fece entrare nel conflitto. Ma le forze armate italiane, indebolite dai precedenti impegni in Etiopia e in Spagna, non erano pronte a sostenere un conflitto di tale portata. Mussolini, convinto di un’imminente vittoria tedesca, non ritornò indietro dalla sua decisione e sferrò quella che rimase alla storia come la “pugnalata alle spalle” della Francia.
Dino viene inviato al fronte occidentale, nella zona d’operazioni del Colle del Moncenisio in Val di Susa. In questi mesi di spostamenti Dino passa più volte con il treno per Alpignano, il suo paese. Dal finestrino vedrà passare i suoi luoghi e la sua casa, vedrà persone conosciute, ma senza potersi fermare a salutarle.
L’attacco alla Francia sarà cruento ma breve. La cosiddetta “battaglia delle Alpi Occidentali” vede l’esercito italiano andare all’offensiva e quello francese resistere efficacemente. Tuttavia la disfatta di fronte all’avanzata dell’esercito tedesco induce i francesi a chiedere l’armistizio. Il Reich impone alla Francia di arrendersi anche all’alleato italiano, cosa che avviene il 25 giugno 1940.
La sciagurata aggressione alla Francia costa 651 morti (631 italiani e 20 francesi), 756 dispersi (616 italiani e 150 francesi, oltre a 2.715 feriti (2.631 italiani e 84 francesi), ma Mussolini raggiunge il suo scopo.
Dopo sole due settimane di guerra cessano quindi le ostilità ed inizia l’occupazione italiana della Francia sud-orientale. Eppure già in queste due settimane Dino rischia per la prima volta la vita sotto il tiro dei mortai francesi. Salva la pelle e alla fine del breve conflitto si ritrova a far parte dell’esercito d’occupazione, nel paese francese di Lanslebourg, da dove come sempre scriverà ai suoi cari per raccontare le vicende vissute.
Lunedì 30 settembre 1940 il pellegrinaggio di Dino ricomincia. Prima a Caselle torinese (TO) poi, due giorni dopo e sempre a piedi, ad Agliè (TO).
La tappa successiva è Vercelli dove arriva il 27 ottobre e lo comunica subito alla famiglia con una cartolina che ritrae la caserma Conte di Torino, sede del locale distretto militare.
Sul suo foglio matricolare tuttavia risulterà “trasferito alla forza matricolare del 17° Regg.to Art. per il Rep. Com. del 59° Regg. Art.” solo il 15 gennaio 1941. Ma di certo in quella data Dino era già da tempo a Vercelli, come del resto testimonia pure la tessera trimestrale rilasciatagli dal Comandante del Reggimento il 1° gennaio 1941.
Quest’ultimo documento è di particolare interesse perché ci rivela che Dino, il cui grado è artigliere scelto, in questa fase lavora otto ore al giorno al distretto come scritturale nell’ufficio amministrazione, e gode della libera uscita dalle 19 alle 22.
l fatto che lavori negli uffici amministrativi è ulteriormente dimostrato dal fatto che le sue lettere e cartoline sono ora scritte a macchina. In questo periodo riesce a passare qualche fine settimana in licenza ad Alpignano. Ma proprio in questo periodo, più esattamente il 28 ottobre 1940, l’Italia attacca la Grecia a partire dal territorio albanese già occupato nell’aprile 1939. La guerra alla Grecia, che nella presunzione del governo fascista e delle alte gerarchie militari avrebbe dovuto risolversi in poche settimane, in realtà si trasforma ancora una volta in una disfatta. L’esercito italiano viene ricacciato in territorio albanese. Vengono così mobilitate ulteriori divisioni che poco alla volta si raggruppano al di là dell’Adriatico per ritentare l’invasione.
La divisione Cagliari di cui fa parte Dino non verrà risparmiata, ed il 25 gennaio si ritrova a Bari in attesa di imbarcarsi per l’Albania. Dal fronte francese a quello greco-albanese in pochi mesi.
Da Bari partirà il 28 gennaio 1941 con il piroscafo Italia, per sbarcare a Durazzo il giorno dopo. Il piroscafo Italia fu utilizzato come trasporto truppe, in prevalenza sulle rotte per l’Albania e per la Libia,  effettuando numerosi viaggi senza subire alcun danno.
L’arrivo in Albania avviene quando è ancora pieno inverno e il clima ostacola non poco le azioni di guerra dell’esercito italiano. Dino scrive subito ai familiari per rassicurarli (sto benissimo, è un luogo bellissimo) quasi per far credere loro di essere andato in vacanza, ma sa bene che sta avvicinandosi al fronte con tutti i pericoli che ciò comporta.
Ancora a metà febbraio le piogge torrenziali sul terreno argilloso provocano uno strato di fango tale da arrivare alla pancia dei cavalli. Dino, dopo essere stato in trincea al fronte per alcuni giorni, si autodescrive come “uomo di argilla” anche perché i piedi sprofondano nel fango che arriva fin sopra le ginocchia.
A metà marzo Dino si trova nella città di Fier Sheganit, non lontano da Valona e dal confine greco-albanese.
L’esercito italiano è ripartito all’attacco il 9 marzo 1941 in quella che viene chiamata “offensiva di primavera“. Lo stesso Mussolini, giunto in Albania il 2 marzo, assiste all’inizio dell’attacco. Comprese le truppe d’appoggio sono 50000 i soldati italiani in campo. L’attacco, dopo un inizio apparentemente confortante, segna il passo a poche ore dall’avvio. Dopo pesanti combattimenti e perdite sanguinose, i reparti non riescono a conquistare che poche posizioni in alcuni casi subito perdute a seguito di contrattacchi greci. L’offensiva italiana rimane infruttuosa fino al 16 marzo, quando viene interrotta. In due sole settimane le perdite ammontano a circa 12000 uomini tra morti e feriti, a fronte di miseri guadagni territoriali.
Non solo, l’attacco italiano alla Grecia viene accolto con disappunto dai tedeschi. Innanzitutto Mussolini ha ignorato gli appelli di Hitler e poi la conduzione del piano era stata giudicata molto negativamente dagli esperti militari tedeschi, i quali si aspettavano una fulminea invasione sul modello di quella da loro attuata in Norvegia. Così l’esercito tedesco è quasi costretto ad intervenire e il 6 aprile 1941 attacca contemporaneamente da est la Jugoslavia e la Grecia. Dopo neanche una settimana, il 12 aprile, l’esercito greco richiama le sua divisioni dal fronte albanese. Le forze italiane possono così spingersi in avanti nel vuoto lasciato dai greci in ritirata. Il 14 aprile le truppe italiane rioccupano Coriza, seguita il 18 aprile da Argirocastro; quello stesso giorno i tedeschi sono in prossimità di Larissa. Il comando greco si arrende ai tedeschi il 20 aprile, ma l’armistizio è tutto in chiave anti-italiana: non è prevista la resa dei reparti greci all’Italia, le unità tedesche si dovrebbero interporre tra italiani e greci, i soldati ellenici non possono essere fatti prigionieri dagli italiani. A questo punto Mussolini protesta in prima persona e ottiene la resa incondizionata dei greci. La confusa situazione venutasi a creare tra greci in ritirata, truppe italiane che via via si imbattono nei tedeschi avanzanti viene risolta il 23 aprile a Giannina con la firma dell’armistizio conclusivo delle ostilità sul fronte greco-albanese.
Dopo la Francia quindi anche la Grecia. L’Italia e il suo alleato tedesco sembrano non avere ostacoli nell’occupare l’Europa. Ormai mancano solo più la Gran Bretagna e pochi altri Stati. Tra questi l’Unione Sovietica, che giocherà un ruolo fondamentale nella sconfitta dei nazisti pagando però un costo altissimo in termini di vite umane.
Nel frattempo gli Stati Uniti stanno a guardare, forse non percependo il pericolo di quanto succede nella lontana Europa. Il risveglio sarà brusco quando i giapponesi attaccheranno Pearl Harbour nel dicembre del 1941. Eppure già nel 1940 Charlie Chaplin con il suo film “Il grande dittatore” lanciò un grido di allarme attraverso l’uso della parodia satirica del nazifascismo. E’ rimasto celebre il discorso finale, una proclamazione d’amore, libertà, uguaglianza e solidarietà tra gli uomini nella speranza di tempi migliori.
Incomincia il lungo periodo dell’occupazione italiana delle isole greche e del Peloponneso, Dino viene destinato a sud. Attraversa città che descrive come bellissime: Giannina, Agrinio, Aitolico, Missolungi, Patrasso [...]
Redazione, La guerra di Dino lettera per lettera