Edith Piaf muore l’11 ottobre 1963, a 48 anni. Tre giorni dopo viene sepolta, per suo espresso desiderio, al Père-Lachaise, insieme alla figlia e al padre. Il cimitero parigino viene invaso da migliaia di persone che, quasi morbosamente, sembra vogliano trattenere le sue spoglie mortali. Poi finalmente la pace. Per chi la ama resta quella voce unica, indimenticabile. Prima di morire anche lui il giorno dopo, Jean Cocteau le rende omaggio: “Non ho mai conosciuto un essere umano così poco avaro della sua anima. Non la dispensava, la prodigava, ne buttava l’oro dalla finestra”.
La voce di Parigi
La voce di Parigi
Piaf è il passerotto cittadino, quello che a Parigi come in ogni altra città danza da una finestra all’altra, da un marciapiede all’altro. Edith è la voce di Parigi. Le sue note richiamano le atmosfere di una città meravigliosa, gaia, ma anche piena di contraddizioni, di chiaroscuri, dove ci si può amare da morire, ma anche morire per amore. Edith Giovanna Gassion vi nasce il 15 dicembre 1915 da un acrobata e una cantante lirica. Adolescenza ingrata, povertà, la scoperta precoce degli uomini e della propria voce straordinaria, la voglia di prendersi una rivincita e di ritagliarsi un posto nella vita, il disperato bisogno d’amore: Edith non è una donna qualunque, ha talento, passionalità, pulsioni forti e un’estrema fragilità. Diventa cantante, una cantante grande, la più grande. Debutta nel 1935: pochi anni ed è una celebrità. Parigi l’adora: i suoi spettacoli sono sempre esauriti, i dischi un successo garantito. “La vie en rose” diventa una canzone di culto. Dopo tanto uomini, nel ’49 il “passerotto” conosce il grande amore, Marcel Cerdan, campione del mondo di pugilato. Ma Edith non ha fortuna. Marcel muore in un incidente aereo e le resta solo il lavoro, a cui si aggrappa per non impazzire: cantare è vivere, non c’è più altro nella sua vita.
Il declino
La sua esistenza dopo il lutto è un violento declino anche se apparentemente ricco di successi personali, nuovi incontri, nuovi amanti, due mariti. Ma anche medicine, droghe, alcol, vita disordinata, incidenti d’auto, ricoveri in ospedale per disintossicarsi e operazioni chirurgiche per rimediare ai danni fisici. Accanto a lei ci sono amici affezionati e gente priva di scrupoli che sfrutta il suo scarso attaccamento al denaro e la sua fragilità. Piena di debiti nonostante guadagni milioni, sempre sull’orlo della bancarotta, spreme se stessa in lunghe, estenuanti tournées per il mondo.
Il crollo
L’ospedale diventa la sua seconda casa. E’ curva, con i capelli radi, le mani deformate dall’artrite. Fatica a cantare e si spegne. Dimostra molti più anni di quelli anagrafici. La sua è una vita bruciata, donata al pubblico facendo vibrare le corde del suo essere fino allo spasimo, per trasmettere la passione di un cuore troppo solo. Non si è mai amata, si crede brutta da sempre, una cosa piccolina che solo attraverso la voce diventa grande, immensa. “Cantare per me è la vita”. Ma la vita se ne va per sempre. Restano le canzoni e quella voce che faceva sentire le persone più belle, più innamorate e anche, forse, un po’ più malinconiche.
La sua esistenza dopo il lutto è un violento declino anche se apparentemente ricco di successi personali, nuovi incontri, nuovi amanti, due mariti. Ma anche medicine, droghe, alcol, vita disordinata, incidenti d’auto, ricoveri in ospedale per disintossicarsi e operazioni chirurgiche per rimediare ai danni fisici. Accanto a lei ci sono amici affezionati e gente priva di scrupoli che sfrutta il suo scarso attaccamento al denaro e la sua fragilità. Piena di debiti nonostante guadagni milioni, sempre sull’orlo della bancarotta, spreme se stessa in lunghe, estenuanti tournées per il mondo.
Il crollo
L’ospedale diventa la sua seconda casa. E’ curva, con i capelli radi, le mani deformate dall’artrite. Fatica a cantare e si spegne. Dimostra molti più anni di quelli anagrafici. La sua è una vita bruciata, donata al pubblico facendo vibrare le corde del suo essere fino allo spasimo, per trasmettere la passione di un cuore troppo solo. Non si è mai amata, si crede brutta da sempre, una cosa piccolina che solo attraverso la voce diventa grande, immensa. “Cantare per me è la vita”. Ma la vita se ne va per sempre. Restano le canzoni e quella voce che faceva sentire le persone più belle, più innamorate e anche, forse, un po’ più malinconiche.
Marco Innocenti, 11 ottobre 1963: muore Edit Piaf, «il passerotto», neldeliriononeromaisola, 11 ottobre 2016, testo già edito in data 10 ottobre 2009 [Marco Innocenti collabora a IL REGESTO, Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca di Piazza del Capitolo, Sanremo (IM), ed è autore di diverse opere, tra le quali: Verdi prati erbosi, lepómene editore, 2021; Libro degli Haikai inadeguati, lepómene editore, 2020; Elogio del Sgt. Tibbs, Edizioni del Rondolino, 2020; Flugblätter (#3. 54 pezzi dispersi e dispersivi), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2019; articoli in Sanremo e l’Europa. L’immagine della città tra Otto e Novecento. Catalogo della mostra (Sanremo, 19 luglio-9 settembre 2018), Scalpendi, 2018; Flugblätter (#2. 39 pezzi più o meno d’occasione), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2018; Sanguineti didatta e conversatore, Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2016; Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, Ventimiglia, Philobiblon, 2014; Sull’arte retorica di Silvio Berlusconi (con uno scritto di Sandro Bajini), Editore Casabianca, Sanremo (IM), 2010]