sabato 16 aprile 2022

Un diverso approccio educativo che svantaggia le donne e non gli uomini


2.2.1 Teoria della socializzazione
La teoria della socializzazione che, come si è visto, si inserisce nel quadro della corrente liberale, si afferma come prospettiva prevalente nel decennio che intercorre tra i primi anni settanta e i primi anni ottanta, quando la stratificazione in base al genere inizia a suscitare l’interesse degli ambienti accademici (Collins 1988). I concetti chiave che ritroviamo in questo approccio sono quelli di pari opportunità, socializzazione, stereotipi e discriminazioni sessuali.
L’assunto fondamentale della teoria della socializzazione è il seguente: le ragazze sono oggetto di un processo educativo discriminatorio che le porta ad avere risposte tradizionali in relazione ai ruoli di genere. Le ragazze sono socializzate in modo tale da divenire delle buone mogli e madri e prestare attenzione agli aspetti di aiuto e di cura; dai ragazzi ci si aspetta invece un atteggiamento orientato alla carriera, dominante, freddo e calcolatore (Lever 1976; Gianini Belotti 1973).
Uno dei principali obiettivi delle politiche che trovano spazio all’interno delle teorie della socializzazione è quindi quello di “de-genderizzare” ovvero mostrare le disuguaglianze che intercorrono tra maschile e femminile e fare in modo di appiattirle ed annullarle. L’approccio liberale della socializzazione sostiene che la neutralità delle politiche consenta di dare ad ogni singolo individuo le stesse opportunità di partenza e di trattamento; al tempo stesso impedisce che alcune specifiche categorie di persone possano limitare le potenzialità di altre (Bem 1974; Whelehan 1995; Friedan 1968).
Queste teorie muovono i primi passi dalla formulazione delle critiche al sistema funzionalista parsonsiano che grande credito aveva ricevuto nel mondo accademico statunitense degli anni sessanta (Johnson 1983, 1988, 1989).
Talcott Parsons riprende le dicotomie proposte da Durkheim (solidarietà organica e meccanica) e da Tönnies (comunità e società) per elaborare la teoria della differenziazione dei ruoli nella famiglia. Qualsiasi configurazione sociale è originata dall’istituzione familiare la cui principale funzione è quella del mantenimento della struttura latente (Parson 1951, 1955; Wallace Wolf 1980).
La differenziazione dei ruoli svolti dal padre e dalla madre ha una un’importanza fondamentale per il corretto funzionamento del sistema di riproduzione culturale che la famiglia svolge all’interno della società (Parsons 1951, 1955).
I ruoli di genere differenziano tra i compiti che spettano agli uomini adulti della famiglia e alle donne adulte: i primi hanno il compito di procacciare il reddito e di cura delle relazioni esterne e alle seconde sono attribuite funzioni di cura della casa e dei figli. I bambini e le bambine sono socializzati dai propri genitori affinché gli stessi valori siano interiorizzati e riprodotti: i bisogni e le predisposizioni, secondo Parsons, sono modellati dagli ideali fondamentali della società e, come conseguenza, i bambini e le bambine, una volta adulti, sentiranno la necessità di agire conformandosi ai valori trasmessi dai propri genitori dove questi sono coincidenti con quelli della società nel suo complesso (Ibidem 1951).
La rigida suddivisione dei ruoli di genere legata alla riproduzione dello status quo, dove gli uomini sono legati alla sfera pubblica e le donne a quella privata, non è stigmatizzata ma è anzi vista con favore per il buon funzionamento del sistema sociale. La teoria della differenziazione dei ruoli di Parsons trascura però gli elementi di interesse o vantaggio personale e le disuguaglianze derivanti dall’impostazione strutturata dei ruoli di genere (Collins 1988).
La teoria della socializzazione mette in dubbio la differenziazione dei ruoli con valenza positiva che la teoria di Parsons propone e evidenzia le disuguaglianze che un tale processo può comportare sul corso di vita maschile e femminile a svantaggio prevalentemente di queste ultime (Johnson 1983, 1988, 1989).
Le ragazze, fanno notare le teoriche della socializzazione, hanno una minore gamma di opportunità di accesso al mercato del lavoro, un diverso rendimento scolastico in alcune specifiche materie di studio (matematica e scienze) e più in generale una minore possibilità di realizzazione in ambiti che non siano quelli tradizionali di moglie e madre (Epstein 1981; Johnson 1983).
La necessità di non sottoporre le ragazze a discriminazione non è solo una questione di giustizia sociale: l’eliminazione delle condizioni che portano le ragazze ad avere risultati peggiori in alcuni ambiti di studio porta alla formazione di future lavoratrici con migliori competenze spendibili sul mercato del lavoro a beneficio dell’intera società (Stainer Maccia, Coleman, Estep, Miller Shiel 1975).
Le teoriche della socializzazione mostrano infatti una grande attenzione alla meritocrazia nelle dinamiche di accesso del mercato del lavoro e alla parità nello stipendio di uomini e donne: per questo si sono battute affinché fossero concessi congedi parentali e asili e affinché le carriere femminili non continuassero ad essere danneggiate rispetto a quelle maschili dalle esperienze di maternità (Epstein 1981; Coleman, Estep, Miller Shiel 1975).
Nel caso di disuguaglianze di tipo storico o naturale tali da comportare uno svantaggio di genere, la teoria della socializzazione prevede l’introduzione di politiche sociali volte a colmare lo svantaggio e nel garantire equità tra i generi. Ad esempio, se la maternità è un ostacolo alle aspirazioni di carriera, sarà necessario colmare questo svantaggio con leggi ed incentivi di intervento sulle politiche aziendali in grado di superare il divario di opportunità tra uomini e donne.
Se ragazzi e ragazze sono sottoposti ad una educazione di genere di tipo “neutrale” da parte di genitori ed insegnanti, se vengono eliminati gli ostacoli di tipo oggettivo, se la socializzazione non si orienta verso trattamenti differenziati verso il genere femminile, sostengono le teoriche di questa corrente, allora le ragazze potranno raggiungere gli stessi risultati dei ragazzi (Stacey, Bereaud Daniels 1974, Gottfredson 1981). Tutto ciò è possibile solo con un sistematico esercizio alla neutralità: le pari opportunità sono infatti da garantire a qualsiasi persona indipendentemente dal genere che le caratterizza tramite uno stesso, identico, medesimo trattamento (Byrne 1978).
L’attenzione della teoria della socializzazione si concentra nel mettere in evidenza le similarità che accomunano tutti gli esseri umani: è quindi di fondamentale importanza rimuovere le barriere che possono impedire il pieno sviluppo di potenzialità delle ragazze. Se gli ostacoli che impediscono alle ragazze di realizzarsi verranno rimossi, allora sarà possibile una eguale realizzazione di uomini e donne.
Gli studiosi della teoria della socializzazione sottolineano infatti che se esiste una definizione di donne come esseri irrazionali è perché esiste una differente educazione che discrimina le ragazze negli apprendimenti (Hall, Sandler 1982; Frazier, Sadker 1973; Sadker, Sadker 1973). Fin dall’infanzia alle bambine viene chiesto di prestare attenzione alla propria immagine e alla cura del corpo; inoltre le giovani sono incoraggiate ad avere modalità più gentili nel parlare, modi tranquilli e lenti nel muoversi e nel comportarsi, a preoccuparsi per chi si ha vicino molto più di quanto avviene per i ragazzi. Per i teorici della socializzazione le ragazze sono spinte ad una forma di passività e di abnegazione delle proprie condotte da parte della famiglia, della scuola, dei media e della società più in generale che le rende insicure. La minore freddezza e razionalità, il mostrare un forte bisogno di protezione e sicurezza non è quindi una diretta conseguenza dell’essere femmina ma è dovuto ad un diverso approccio educativo che svantaggia le donne e non gli uomini. Per fare un esempio, le ragazze vengono interrotte e sminuite con maggiore frequenza nei loro discorsi rispetto ai ragazzi e ciò tende a renderle esitanti, poco inclini ad esprimere le proprie idee (Thompson 2003). Se le ragazze nel corso del processo educativo avessero la possibilità di essere considerate come capaci, razionali, creative, indipendenti, intelligenti allora ritroveremmo gli stessi comportamenti, atteggiamenti, motivazioni e attitudini che ritroviamo nei ragazzi.
Un ruolo fondamentale nell’eliminazione degli ostacoli di genere è svolta dalle istituzioni scolastiche. La scuola è il luogo privilegiato per il cambiamento e per il superamento delle barriere di genere. Le teoriche femministe della socializzazione suggeriscono una serie di azioni positive volte a colmare lo svantaggio femminile e a decostruire gli stereotipi (Lever 1976; Coser 1988). I risultati di alcune ricerche applicate che hanno accolto la prospettiva della socializzazione, hanno suggerito di proporre esempi di donne di successo con percorsi di carriera non tradizionali <13 oppure il fare dei corsi di matematica e scienze specificamente per ragazze. Soprattutto però è necessario che gli insegnanti non solo trattino nello stesso modo ragazzi e ragazze ma anche che superino gli stereotipi di genere di cui sono vittime e vadano oltre quelle che sono le percezioni a cui essi stessi sono stati socializzati (Houston 1985).
Sebbene le istituzioni scolastiche svolgano un compito primario nel superamento degli stereotipi di genere, è necessario il supporto di tutte le agenzie di socializzazione coinvolte nel processo educativo: se ad esempio i libri di testo e i media non contribuiscono a supportare e rafforzare una figura femminile più autonoma e indipendente, l’azione degli insegnanti apparirà debole, delegittimata e soggettiva <14 . Ciò vale anche qualora mancasse l’appoggio di genitori e figure fondamentali appartenenti al nucleo familiare che vivono e si confrontano nel mondo degli studenti e delle studentesse (Ibidem 1985).
[NOTE]
13 Anche in Italia negli ultimi anni, per incentivare le ragazze a seguire indirizzi scolastici di tipo matematico scientifico, sono partiti progetti nelle classi volti a proporre esempi di donne di successo in ambiti professionali
tradizionalmente femminili. Si veda l’interessante lavoro Progetto Diva, 2006, http://www.irpps.cnr.it/diva/progetto.php
14 Ancora oggi la cura nell’eliminazione degli stereotipi di genere nei libri di testo è una delle azioni per l’abbattimento degli stereotipi di genere che continua ad essere seguita. Dal 1998 al 2001 in Italia il Progetto Polite (Pari opportunità nei libri di testo) si è occupato di libri di testo con l'obiettivo di promuovere una riflessione culturale, didattica ed editoriale il cui esito sia quello di ripensare i libri di testo in modo che donne e uomini, protagonisti della cultura, della storia, della politica e della scienza siano presenti sui libri di testo senza discriminazioni di sesso. www.aie.polite/default.htm
Brunella Fiore, I ragazzi sono più bravi in matematica? Interpretare la relazione tra genere e competenze matematiche con il supporto dei dati Pisa 2003, Università degli Studi di Milano Bicocca, Anno Accademico 2006/2007