A metà settembre 1944 la 34a Divisione della Wehrmacht, che da un anno occupava la provincia di Savona, fu avviata al fronte delle Alpi Marittime e sostituita da reparti della 148a Divisione tedesca di fanteria, provata dai combattimenti sostenuti per trattenere gli Alleati sul confine franco-italiano. Stato Maggiore e Comando della 148a divisione furono posti a Cairo Montenotte <27. Nello stesso periodo la Seconda Brigata risultava schierata su undici distaccamenti, così disposti: 1) il “Calcagno” operava a raggiera dalla zona di Vezzi Portio verso la costa tra Vado e Finale; 2) l’”Astengo” controllava la zona montana tra Castelnuovo di Ceva e Montezemolo; 3) il “Revetria” si occupava della direttrice Melogno - Calizzano - Garessio; 4) il “Rebagliati” concentrava la sua azione di guerriglia su Rialto, Calice, Melogno e Bardino partendo da Pian dei Corsi; 5) la zona d’operazione del “Giacosa” era compresa tra Osiglia e Cengio, lungo la Bormida di Millesimo; 6) il “Bori” era situato a cavallo tra Tanaro e Bormida, da Murialdo a Massimino; 7) il “Maccari”, vicinissimo al “Calcagno”, agiva di preferenza verso Mallare, Altare e Bormida; 8) il “Minetto” si trovava accanto all’”Astengo”, operando su Roccavignale e Cengio, all’estremità settentrionale dello schieramento garibaldino savonese; 9) il “Moroni” si batteva nel triangolo Bormida - Carcare - Cosseria; 10) il “Bruzzone” colpiva in Val Tanaro tra Nucetto e Priero; 11) l’”Ines Negri” faceva perno su Monte Carmo e controllava i monti sopra Loano, Pietra Ligure e Borghetto <28. Un dodicesimo distaccamento, il “Torcello”, avrebbe presto compiuto le sue prime azioni nell’impervio settore compreso tra Toirano, Bardineto e Castelvecchio di Rocca Barbena <29.
Isolati all’estremo opposto dello schieramento, e indipendenti de facto e de iure dal Comando [n.d.r.: partigiano di] Brigata, il “Sambolino” e il “Wuillermin” vivevano gomito a gomito con gli autonomi di “Bacchetta” nella zona di Montenotte - Pontinvrea - Giusvalla. La forza complessiva dei distaccamenti garibaldini raggiungeva ormai le novecento unità <30.
Una nuova serie di “colpi” riusciti accompagnò verso la fine di settembre la profonda riorganizzazione realizzata in campo garibaldino con la nascita della Quarta, Quinta e Sesta Brigata. Il giorno 18 il distaccamento “Ines Negri” costrinse alla resa nei pressi di Bardineto 23 “marò”, che entrarono più o meno di loro spontanea volontà nei ranghi dei garibaldini <31.
Nelle due settimane seguenti un continuo crescendo di imboscate ed attacchi, talora preceduti da taciti accordi, portò alla cattura o alla diserzione di ben 66 militari della “San Marco” <32, evidentemente poco inclini a difendersi efficacemente da un nemico che appariva e scompariva a suo piacimento. Da Mallare al Melogno, da Murialdo alla Valle di Vado l’estensione del controllo partigiano era una realtà tangibile, cui i tedeschi, colti dal timore di essere presi fra tre fuochi (gli Alleati in Costa Azzurra e in Versilia, che potevano sfondare da un momento all’altro, e i partigiani alle spalle), non potevano per il momento rispondere che con i cartelli “Bandengebiet” affissi all’imbocco delle statali verso il Piemonte <33.
La crescente audacia delle azioni garibaldine è testimoniata dagli obiettivi, non più solo colonne e postazioni isolate, ma anche presidi di fondovalle muniti e fortificati. Il 23 settembre una squadra del “Moroni” capitanata da “Toni” (il vadese Lorenzo Caviglia) catturò gli uomini di guardia ai ponti stradale e ferroviario di Altare (sede del comando divisionale della “San Marco”), poi, avvalendosi della collaborazione di due “marò”, saccheggiò una riservetta di armi e munizioni <34.
Subito dopo si mise in luce a più riprese il distaccamento “Ines Negri”, che nel giro di una settimana attaccò un camion tedesco sulla via Aurelia tra Loano ed Albenga, assaltò e sabotò una postazione antisbarco a Borghetto Santo Spirito catturando sette marinai della RSI, riuscì ad occupare per alcune ore il paese di Balestrino salvo poi esserne cacciato dai tedeschi perdendo tutti i 21 “marò” fatti prigionieri ed aggredì una forte colonna tedesca in marcia presso Bardineto <35.
Anche il “Rebagliati” dovette battersi, il 29 settembre, contro una colonna di “marò” che risaliva la strada del Melogno in cerca di due soldati catturati dai partigiani: nello scontro restò ucciso il tenente che guidava i repubblicani <36.
In aggiunta a tutto ciò, sempre in settembre i garibaldini eliminarono il commissario prefettizio di Roccavignale, Guglielmo Ghione, e il vicedirettore della Cokitalia di San Giuseppe di Cairo, ingegnere Giuseppe Viani <37. Quest’ultimo episodio, per nulla pubblicizzato dalla locale storiografia resistenziale <38, è riconducibile al filone della lotta di classe come elemento pur sempre centrale, al di là della tattica comunista del momento, nella Resistenza garibaldina savonese, permeata di cultura operaista.
Il prezzo pagato per questi innegabili successi fu ancora una volta elevato. Il 19 settembre, a Borgio Verezzi, furono fucilati sette “marò” catturati dai loro camerati mentre si accingevano a raggiungere le formazioni partigiane in base ad accordi intercorsi in precedenza <39. Il 24, a Castelnuovo di Ceva, caddero in un’imboscata tre garibaldini tra cui “Lauri” (Oscar Antibo), Intendente di Brigata. Quest’ultimo, ferito, fu incarcerato e in seguito, mutilato di una gamba, fucilato a Cravasco il 23 marzo dopo essere stato a più riprese sul punto di essere liberato in seguito a scambi di prigionieri. Gli altri due, “Mito” (Nino Satanino) e “Veloce” (Giovanni Rossetto), furono trucidati al comando tedesco di Montezemolo insieme a “Mirko” (Pietro Zavattaro), arrestato qualche tempo prima. I cadaveri vennero esposti per strada, le automobili di passaggio costrette a passarvi sopra in segno di disprezzo <40. Infine, il giorno 29, a Biestro, tra Carcare e Millesimo, furono massacrati dalle SS dopo brutali torture cinque garibaldini del distaccamento “Moroni”, Mario Tagliafico, Luigi Gaggero, Armando Ferraro, Giuseppe Castiglia e Giacomo Ferrando, tutti originari degli immediati dintorni <41. In risposta a questo episodio, i garibaldini decisero pochi giorni dopo di liquidare venti SS catturate nelle ultime settimane, pubblicizzando il fatto con un volantino ad hoc che rivendicava il diritto di ribattere colpo su colpo alla violenza del nemico <42. Non è un caso che gli ultimi due eccidi citati si siano avuti nelle vicinanze della strada statale Savona-Torino, dove più occhiuta e feroce era la vigilanza dei forti presidi tedeschi e repubblicani.
La lunga gestazione delle unità garibaldine della Seconda zona ligure era finalmente giunta a compimento. Il massiccio afflusso di volontari e la forza dei nuovi distaccamenti portarono alla suddivisione della Seconda Brigata Garibaldi in tre diverse unità. La prima in ordine di tempo ad essere istituita fu la Sesta Brigata “Nino Bixio”, nata il 22 settembre <43. Ne facevano parte i distaccamenti “Sambolino” e “Wuillermin” e l’”Astengo”, appositamente trasferito nella zona di Montenotte per volontà del Comando di Sottozona operativa di Savona; a questi si aggiunse poco tempo dopo il “Giacosa”. Vittorio Solari “Antonio”, coadiuvato (e controllato?) dal commissario politico “Emilio” (Libero Bianchi), ebbe il comando dell’unità, destinata a rafforzare la presenza garibaldina in un’area fino allora battuta prevalentemente dagli uomini di “Bacchetta”, con il compito di migliorarne l’inquadramento e la disciplina <44.
Il 26 settembre la Seconda Brigata si suddivise a sua volta nella Quarta e nella Quinta Brigata. La Quarta Brigata, presto intitolata a Daniele Manin, prese alle proprie dipendenze i distaccamenti “Calcagno”, “Rebagliati”, “Maccari” e “Ines Negri”. Comandante di Brigata fu “Enrico” o “Vigoda” (Hermann Wygoda), con G. B. Parodi “Noce” per vice; commissario politico era Pierino Molinari “Vela”, assistito dal suo vice “Fulvio” (Renato Zunino). “Rosso” (Corrado Rossi) fu messo a capo del Servizio Informazioni Militari (SIM); benché avesse svolto attività di intelligence sotto il regime fascista, si dimostrò, oltre che capace, fidatissimo, guadagnandosi la piena fiducia del comandante <45. La Quarta Brigata era destinata ad operare dalla cresta alpina tra il Colle di Cadibona ed il Giogo di Toirano verso i centri rivieraschi da Vado Ligure a Borghetto Santo Spirito, in piena sinergia con le SAP locali. La Quinta Brigata “Baltera” fu creata raggruppando i distaccamenti “Nino Bori”, “Revetria”, “Bruzzone”, “Minetto” e “Moroni” <46. Eugenio Cagnasso “Bill”, ex ufficiale del Regio Esercito proveniente dalle fila degli autonomi di “Mauri”, fu scelto come comandante; “Leone” (Gin Bevilacqua) sarebbe stato commissario politico della brigata <47. L’azione dei distaccamenti coordinati da “Bill” doveva svolgersi a raggiera intorno alla base di Osiglia, spingendosi dalla zona di Bardineto fino alla strada statale Savona-Torino.
La Resistenza garibaldina savonese, cresciuta con difficoltà ed in ritardo rispetto a quelle circonvicine, nonostante l’ambiente sociale altamente propizio, viveva ora i suoi momenti migliori.
[NOTE]
27 R. Badarello - E. De Vincenzi, Savona insorge, Savona, Ars Graphica, 1973, pp. 132-133.
28 M. Calvo, Eventi di libertà. Azioni e combattenti della Resistenza savonese, Savona, ISREC Savona, 1995, p. 66.
29 Ibidem, p. 65.
30 Una vivace narrazione delle sue vicende belliche si trova in E. De Vincenzi, O bella ciao. Distaccamento Torcello, Milano, La Pietra, 1975.
31 Mia stima basata su dati contenuti in M. Calvo, op. cit.
32 M. Calvo, op. cit., p. 66.
33 G. Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, Genova, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia - La Stampa, 1985 (3 voll.), ed. 1985, vol. II, p. 195.
34 Ibidem, ed. 1985, vol. II, p. 192.
35 Cfr. Ibidem, ed. 1985, vol. II, p. 195, e M. Calvo, op. cit., p. 66.
36 G. Gimelli, op. cit., ed. 1985, vol. II, pp. 195 – 196.
37 Ibidem, ed. 1985, vol. II, p. 196.
38 N. De Marco - R. Aiolfi, Bombe su Savona. La demolizione dei cassari, Savona, Comune di Savona, 1995, p. 110.
39 Solo il testo sopra citato vi accenna telegraficamente.
40 Cfr. R. Badarello - E. De Vincenzi, op. cit., pp. 120-121 e M. Calvo, op. cit., p. 395.
41 Cfr. M. Calvo, op. cit., p. 66 e N. De Marco - R. Aiolfi, op. cit., p. 110.
42 Cfr. M. Calvo, op. cit., p. 139 e N. De Marco - R. Aiolfi, op. cit., p.110.
43 AA. VV., Le brigate Garibaldi nella Resistenza, Milano, INSMLI - Istituto Gramsci - Feltrinelli, 1979 (3 voll.), vol. II, p. 405. Secondo G. Gimelli, op. cit., ed. 1985, vol. II, p. 192, i tedeschi fucilati dal distaccamento “Revetria” furono dodici.
44 M. Calvo, op. cit., p. 68.
45 Ibidem, pp. 68-69.
46 Ibidem, p. 140. Per l’accenno a “Rosso” e ai suoi trascorsi fascisti, vedi H. Wygoda, In the shadow of the Swastika, Urbana and Chicago, University of Illinois Press, 1998, p. 114.
47 M. Calvo, op. cit., p. 95.
Stefano d’Adamo, Savona Bandengebiet. La rivolta di una provincia ligure (’43-’45), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000
Isolati all’estremo opposto dello schieramento, e indipendenti de facto e de iure dal Comando [n.d.r.: partigiano di] Brigata, il “Sambolino” e il “Wuillermin” vivevano gomito a gomito con gli autonomi di “Bacchetta” nella zona di Montenotte - Pontinvrea - Giusvalla. La forza complessiva dei distaccamenti garibaldini raggiungeva ormai le novecento unità <30.
Una nuova serie di “colpi” riusciti accompagnò verso la fine di settembre la profonda riorganizzazione realizzata in campo garibaldino con la nascita della Quarta, Quinta e Sesta Brigata. Il giorno 18 il distaccamento “Ines Negri” costrinse alla resa nei pressi di Bardineto 23 “marò”, che entrarono più o meno di loro spontanea volontà nei ranghi dei garibaldini <31.
Nelle due settimane seguenti un continuo crescendo di imboscate ed attacchi, talora preceduti da taciti accordi, portò alla cattura o alla diserzione di ben 66 militari della “San Marco” <32, evidentemente poco inclini a difendersi efficacemente da un nemico che appariva e scompariva a suo piacimento. Da Mallare al Melogno, da Murialdo alla Valle di Vado l’estensione del controllo partigiano era una realtà tangibile, cui i tedeschi, colti dal timore di essere presi fra tre fuochi (gli Alleati in Costa Azzurra e in Versilia, che potevano sfondare da un momento all’altro, e i partigiani alle spalle), non potevano per il momento rispondere che con i cartelli “Bandengebiet” affissi all’imbocco delle statali verso il Piemonte <33.
La crescente audacia delle azioni garibaldine è testimoniata dagli obiettivi, non più solo colonne e postazioni isolate, ma anche presidi di fondovalle muniti e fortificati. Il 23 settembre una squadra del “Moroni” capitanata da “Toni” (il vadese Lorenzo Caviglia) catturò gli uomini di guardia ai ponti stradale e ferroviario di Altare (sede del comando divisionale della “San Marco”), poi, avvalendosi della collaborazione di due “marò”, saccheggiò una riservetta di armi e munizioni <34.
Subito dopo si mise in luce a più riprese il distaccamento “Ines Negri”, che nel giro di una settimana attaccò un camion tedesco sulla via Aurelia tra Loano ed Albenga, assaltò e sabotò una postazione antisbarco a Borghetto Santo Spirito catturando sette marinai della RSI, riuscì ad occupare per alcune ore il paese di Balestrino salvo poi esserne cacciato dai tedeschi perdendo tutti i 21 “marò” fatti prigionieri ed aggredì una forte colonna tedesca in marcia presso Bardineto <35.
Anche il “Rebagliati” dovette battersi, il 29 settembre, contro una colonna di “marò” che risaliva la strada del Melogno in cerca di due soldati catturati dai partigiani: nello scontro restò ucciso il tenente che guidava i repubblicani <36.
In aggiunta a tutto ciò, sempre in settembre i garibaldini eliminarono il commissario prefettizio di Roccavignale, Guglielmo Ghione, e il vicedirettore della Cokitalia di San Giuseppe di Cairo, ingegnere Giuseppe Viani <37. Quest’ultimo episodio, per nulla pubblicizzato dalla locale storiografia resistenziale <38, è riconducibile al filone della lotta di classe come elemento pur sempre centrale, al di là della tattica comunista del momento, nella Resistenza garibaldina savonese, permeata di cultura operaista.
Il prezzo pagato per questi innegabili successi fu ancora una volta elevato. Il 19 settembre, a Borgio Verezzi, furono fucilati sette “marò” catturati dai loro camerati mentre si accingevano a raggiungere le formazioni partigiane in base ad accordi intercorsi in precedenza <39. Il 24, a Castelnuovo di Ceva, caddero in un’imboscata tre garibaldini tra cui “Lauri” (Oscar Antibo), Intendente di Brigata. Quest’ultimo, ferito, fu incarcerato e in seguito, mutilato di una gamba, fucilato a Cravasco il 23 marzo dopo essere stato a più riprese sul punto di essere liberato in seguito a scambi di prigionieri. Gli altri due, “Mito” (Nino Satanino) e “Veloce” (Giovanni Rossetto), furono trucidati al comando tedesco di Montezemolo insieme a “Mirko” (Pietro Zavattaro), arrestato qualche tempo prima. I cadaveri vennero esposti per strada, le automobili di passaggio costrette a passarvi sopra in segno di disprezzo <40. Infine, il giorno 29, a Biestro, tra Carcare e Millesimo, furono massacrati dalle SS dopo brutali torture cinque garibaldini del distaccamento “Moroni”, Mario Tagliafico, Luigi Gaggero, Armando Ferraro, Giuseppe Castiglia e Giacomo Ferrando, tutti originari degli immediati dintorni <41. In risposta a questo episodio, i garibaldini decisero pochi giorni dopo di liquidare venti SS catturate nelle ultime settimane, pubblicizzando il fatto con un volantino ad hoc che rivendicava il diritto di ribattere colpo su colpo alla violenza del nemico <42. Non è un caso che gli ultimi due eccidi citati si siano avuti nelle vicinanze della strada statale Savona-Torino, dove più occhiuta e feroce era la vigilanza dei forti presidi tedeschi e repubblicani.
La lunga gestazione delle unità garibaldine della Seconda zona ligure era finalmente giunta a compimento. Il massiccio afflusso di volontari e la forza dei nuovi distaccamenti portarono alla suddivisione della Seconda Brigata Garibaldi in tre diverse unità. La prima in ordine di tempo ad essere istituita fu la Sesta Brigata “Nino Bixio”, nata il 22 settembre <43. Ne facevano parte i distaccamenti “Sambolino” e “Wuillermin” e l’”Astengo”, appositamente trasferito nella zona di Montenotte per volontà del Comando di Sottozona operativa di Savona; a questi si aggiunse poco tempo dopo il “Giacosa”. Vittorio Solari “Antonio”, coadiuvato (e controllato?) dal commissario politico “Emilio” (Libero Bianchi), ebbe il comando dell’unità, destinata a rafforzare la presenza garibaldina in un’area fino allora battuta prevalentemente dagli uomini di “Bacchetta”, con il compito di migliorarne l’inquadramento e la disciplina <44.
Il 26 settembre la Seconda Brigata si suddivise a sua volta nella Quarta e nella Quinta Brigata. La Quarta Brigata, presto intitolata a Daniele Manin, prese alle proprie dipendenze i distaccamenti “Calcagno”, “Rebagliati”, “Maccari” e “Ines Negri”. Comandante di Brigata fu “Enrico” o “Vigoda” (Hermann Wygoda), con G. B. Parodi “Noce” per vice; commissario politico era Pierino Molinari “Vela”, assistito dal suo vice “Fulvio” (Renato Zunino). “Rosso” (Corrado Rossi) fu messo a capo del Servizio Informazioni Militari (SIM); benché avesse svolto attività di intelligence sotto il regime fascista, si dimostrò, oltre che capace, fidatissimo, guadagnandosi la piena fiducia del comandante <45. La Quarta Brigata era destinata ad operare dalla cresta alpina tra il Colle di Cadibona ed il Giogo di Toirano verso i centri rivieraschi da Vado Ligure a Borghetto Santo Spirito, in piena sinergia con le SAP locali. La Quinta Brigata “Baltera” fu creata raggruppando i distaccamenti “Nino Bori”, “Revetria”, “Bruzzone”, “Minetto” e “Moroni” <46. Eugenio Cagnasso “Bill”, ex ufficiale del Regio Esercito proveniente dalle fila degli autonomi di “Mauri”, fu scelto come comandante; “Leone” (Gin Bevilacqua) sarebbe stato commissario politico della brigata <47. L’azione dei distaccamenti coordinati da “Bill” doveva svolgersi a raggiera intorno alla base di Osiglia, spingendosi dalla zona di Bardineto fino alla strada statale Savona-Torino.
La Resistenza garibaldina savonese, cresciuta con difficoltà ed in ritardo rispetto a quelle circonvicine, nonostante l’ambiente sociale altamente propizio, viveva ora i suoi momenti migliori.
[NOTE]
27 R. Badarello - E. De Vincenzi, Savona insorge, Savona, Ars Graphica, 1973, pp. 132-133.
28 M. Calvo, Eventi di libertà. Azioni e combattenti della Resistenza savonese, Savona, ISREC Savona, 1995, p. 66.
29 Ibidem, p. 65.
30 Una vivace narrazione delle sue vicende belliche si trova in E. De Vincenzi, O bella ciao. Distaccamento Torcello, Milano, La Pietra, 1975.
31 Mia stima basata su dati contenuti in M. Calvo, op. cit.
32 M. Calvo, op. cit., p. 66.
33 G. Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, Genova, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia - La Stampa, 1985 (3 voll.), ed. 1985, vol. II, p. 195.
34 Ibidem, ed. 1985, vol. II, p. 192.
35 Cfr. Ibidem, ed. 1985, vol. II, p. 195, e M. Calvo, op. cit., p. 66.
36 G. Gimelli, op. cit., ed. 1985, vol. II, pp. 195 – 196.
37 Ibidem, ed. 1985, vol. II, p. 196.
38 N. De Marco - R. Aiolfi, Bombe su Savona. La demolizione dei cassari, Savona, Comune di Savona, 1995, p. 110.
39 Solo il testo sopra citato vi accenna telegraficamente.
40 Cfr. R. Badarello - E. De Vincenzi, op. cit., pp. 120-121 e M. Calvo, op. cit., p. 395.
41 Cfr. M. Calvo, op. cit., p. 66 e N. De Marco - R. Aiolfi, op. cit., p. 110.
42 Cfr. M. Calvo, op. cit., p. 139 e N. De Marco - R. Aiolfi, op. cit., p.110.
43 AA. VV., Le brigate Garibaldi nella Resistenza, Milano, INSMLI - Istituto Gramsci - Feltrinelli, 1979 (3 voll.), vol. II, p. 405. Secondo G. Gimelli, op. cit., ed. 1985, vol. II, p. 192, i tedeschi fucilati dal distaccamento “Revetria” furono dodici.
44 M. Calvo, op. cit., p. 68.
45 Ibidem, pp. 68-69.
46 Ibidem, p. 140. Per l’accenno a “Rosso” e ai suoi trascorsi fascisti, vedi H. Wygoda, In the shadow of the Swastika, Urbana and Chicago, University of Illinois Press, 1998, p. 114.
47 M. Calvo, op. cit., p. 95.
Stefano d’Adamo, Savona Bandengebiet. La rivolta di una provincia ligure (’43-’45), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000