Come si è detto, La Cava intesse in questi anni una fitta rete di rapporti con diverse case editrici nel tentativo di trovare un canale di pubblicazione ai suoi romanzi. È lecito ipotizzare, però, che Italo Calvino, in qualità di editor dell’Einaudi, sia stato il suo referente principale anche per quanto riguarda la produzione romanzesca. Come ci ricorda Ernesto Ferrero, lo scrittore di Bovalino fa parte (con Amoruso, Seminara, De Jaco, Montella, Sciascia, Bonaviri e altri) di quella «nutrita rappresentanza» di autori meridionali che Calvino «accudisce con cure addirittura affettuose, che hanno del parentale» <463. A partire dai primi anni Cinquanta e fino al 1982, La Cava invia a Calvino i suoi testi, perché sa di trovare in quest’ultimo, prima che un consulente editoriale, un estimatore della sua arte. L’autore delle Fiabe italiane legge i suoi dattiloscritti e comunica a La Cava le decisioni della casa editrice in merito ai suoi libri. Non è possibile, però, ricostruire interamente il dialogo epistolare intercorso tra i due. A oggi sono soltanto tre le lettere di Calvino indirizzate a La Cava a nostra disposizione, di cui due risalgono ai tempi della pubblicazione delle Memorie del vecchio maresciallo, e un’altra riguarda una raccolta di caratteri e di favole che lo scrittore calabrese vorrebbe proporre per una ristampa. Altre lettere inedite sono conservate nel fondo privato di La Cava, ma alcune informazioni sui giudizi di Calvino alle opere che lo scrittore andava proponendo alla casa editrice torinese si ricavano per via indiretta dal carteggio intercorso fra La Cava e Sciascia. Alcuni esempi: dalla lettera <464 di La Cava, datata 3 agosto 1955, si apprende che Calvino ha restituito il Diario di Marianna Procopio (madre dello scrittore) perché inadatto alla pubblicazione, pur giudicandolo con «grandi parole di lode», e consigliando come destinazione più appropriata la rivista «Nuovi Argomenti». Allo stesso modo, andranno incontro a un giudizio editoriale negativo, qualche anno dopo, il romanzo inedito L’amica, la cui stesura definitiva risale al 1977, il romanzo La ragazza del vicolo scuro e la raccolta di racconti campestri dal titolo La lucertola della fortuna. A proposito di questo ennesimo rifiuto La Cava scrive: «[...] il primo volume dei racconti brevi [...] è stato rifiutato recentemente da Calvino con belle parole. Le credo sincere. Fece delle critiche alla Ragazza del vicolo oscuro, che ho subito accettate» <465. Nel caso di questo romanzo, quindi, e verosimilmente anche per tutti gli altri che Calvino ebbe in lettura, è ipotizzabile che i suggerimenti e i giudizi esplicitati dall’autore di Ti con zero abbiano condizionato La Cava nelle successive riscritture dei suoi testi. Dalle pur scarne informazioni sulla loro comunicazione epistolare desumibili indirettamente, si percepisce qualcosa della cordialità che, nonostante tutto, ha contraddistinto il dialogo dello scrittore calabrese con Calvino, il quale, in qualità di consulente editoriale, è costretto, nella maggior parte dei casi, a rifiutare i testi di La Cava, cui però andava sempre il suo apprezzamento di lettore.
Usciranno invece presso Einaudi, per interessamento dello stesso Calvino e di Giulio Bollati, sia I fatti di Casignana del 1974, sia il romanzo Una storia d’amore dell’anno precedente. Ma anche quando la pubblicazione di un testo diventa finalmente possibile, nuove complicazioni assillano lo scrittore di Bovalino. Non solo l’uscita di ogni libro è continuamente rinviata, ma la casa editrice trascura la sua promozione attraverso un adeguato supporto pubblicitario, e anche la distribuzione dei testi alle librerie e ai critici procede a rilento, mentre lo scrittore, costretto da uno stato di salute sempre più precario e dalle difficoltà economiche a rinunciare ai viaggi e a interrompere il lavoro creativo, ignora il destino dei suoi libri, e si definisce, in una missiva in cui esorta Sciascia a fornirgli informazioni anche negative al riguardo «corazzato contro ogni dispiacere» <466.
A ciò si aggiunge un crescente disinteresse da parte della critica. In un’altra missiva a Sciascia datata 20 settembre 1973, La Cava esprime insoddisfazione per la ricezione critica di Una storia d’amore:
"Non so il successo di vendita che abbia avuto Una storia d’amore. Ho avuto alcune critiche soddisfacenti. Ma non mi pare che sia stata difesa esplicitamente la mia poetica, secondo la quale è possibile scrivere romanzi con personaggi e intreccio di tipo tradizionale. Ora appunto di questo si tratta, se si vuole rendere giustizia alla mia arte". <467
Egli riconosce, insomma, con grande rammarico, che le recensioni, benché positive, facciano riferimento solo alla sua ultima prova narrativa, senza risolversi in un riconoscimento complessivo della sua poetica. È proprio questa la situazione che puntualmente si verifica anche per tutti gli altri romanzi e per i racconti di La Cava pubblicati in questo giro d’anni: l’apprezzamento per le qualità estetiche e per l’impegno etico professato in ogni nuova prova narrativa da parte di La Cava non può non accompagnarsi, nel giudizio dei suoi critici, alla constatazione del fatto che la sua arte sia, per stile e per contenuto, troppo lontana dagli orientamenti letterari più aggiornati, e al sospetto che l’aderenza ostinata ad alcune tematiche tipiche del proprio repertorio fosse dovuta all’incapacità di confrontarsi con temi e motivi culturali più attuali. Crediamo che le riflessioni di Calvino contenute nell’ultima delle sue lettere (15 marzo 1982) a La Cava a nostra disposizione, pur nella loro assoluta concisione, riescano a spiegare meglio di qualsiasi discorso ermeneutico questo dato di fatto:
"Caro La Cava,
ho letto Favole e caratteri e ho ancora una volta apprezzato la tua finezza nelle notazioni psicologiche più lievi, il tuo garbo, la tua fedeltà a una civiltà letteraria fatta di classicità e misura.
Ma come far sentire una voce discreta come la tua in mezzo ai fragori assordanti dell’epoca in cui viviamo? Ho paura che questo libro non rientri in nessuna delle categorie che oggi gli editori (e i lettori) s’aspettano. [...]" <468
[NOTE]
463 E. Ferrero, Edizioni Calvino, in Calvino & l’editoria cit., p. 186.
464 M. La Cava, L. Sciascia, Lettere dal centro del mondo cit., p. 230.
465 Ivi, p. 418.
466 Ibidem, p. 469. La lettera è del 23 ottobre 1973.
467 Ibidem, p. 467.
468 I. Calvino, Lettere cit., pp. 1474-1475. Come si è detto in precedenza, con questa lettera Calvino comunica a La Cava l’impossibilità di ristampare una raccolta di prose brevi.
Eleonora Sposato, Oltre le cose, la sostanza che non muta. Mario La Cava. La figura e l'opera, Tesi di dottorato, Università degli Studi della Calabria, 2013
Usciranno invece presso Einaudi, per interessamento dello stesso Calvino e di Giulio Bollati, sia I fatti di Casignana del 1974, sia il romanzo Una storia d’amore dell’anno precedente. Ma anche quando la pubblicazione di un testo diventa finalmente possibile, nuove complicazioni assillano lo scrittore di Bovalino. Non solo l’uscita di ogni libro è continuamente rinviata, ma la casa editrice trascura la sua promozione attraverso un adeguato supporto pubblicitario, e anche la distribuzione dei testi alle librerie e ai critici procede a rilento, mentre lo scrittore, costretto da uno stato di salute sempre più precario e dalle difficoltà economiche a rinunciare ai viaggi e a interrompere il lavoro creativo, ignora il destino dei suoi libri, e si definisce, in una missiva in cui esorta Sciascia a fornirgli informazioni anche negative al riguardo «corazzato contro ogni dispiacere» <466.
A ciò si aggiunge un crescente disinteresse da parte della critica. In un’altra missiva a Sciascia datata 20 settembre 1973, La Cava esprime insoddisfazione per la ricezione critica di Una storia d’amore:
"Non so il successo di vendita che abbia avuto Una storia d’amore. Ho avuto alcune critiche soddisfacenti. Ma non mi pare che sia stata difesa esplicitamente la mia poetica, secondo la quale è possibile scrivere romanzi con personaggi e intreccio di tipo tradizionale. Ora appunto di questo si tratta, se si vuole rendere giustizia alla mia arte". <467
Egli riconosce, insomma, con grande rammarico, che le recensioni, benché positive, facciano riferimento solo alla sua ultima prova narrativa, senza risolversi in un riconoscimento complessivo della sua poetica. È proprio questa la situazione che puntualmente si verifica anche per tutti gli altri romanzi e per i racconti di La Cava pubblicati in questo giro d’anni: l’apprezzamento per le qualità estetiche e per l’impegno etico professato in ogni nuova prova narrativa da parte di La Cava non può non accompagnarsi, nel giudizio dei suoi critici, alla constatazione del fatto che la sua arte sia, per stile e per contenuto, troppo lontana dagli orientamenti letterari più aggiornati, e al sospetto che l’aderenza ostinata ad alcune tematiche tipiche del proprio repertorio fosse dovuta all’incapacità di confrontarsi con temi e motivi culturali più attuali. Crediamo che le riflessioni di Calvino contenute nell’ultima delle sue lettere (15 marzo 1982) a La Cava a nostra disposizione, pur nella loro assoluta concisione, riescano a spiegare meglio di qualsiasi discorso ermeneutico questo dato di fatto:
"Caro La Cava,
ho letto Favole e caratteri e ho ancora una volta apprezzato la tua finezza nelle notazioni psicologiche più lievi, il tuo garbo, la tua fedeltà a una civiltà letteraria fatta di classicità e misura.
Ma come far sentire una voce discreta come la tua in mezzo ai fragori assordanti dell’epoca in cui viviamo? Ho paura che questo libro non rientri in nessuna delle categorie che oggi gli editori (e i lettori) s’aspettano. [...]" <468
[NOTE]
463 E. Ferrero, Edizioni Calvino, in Calvino & l’editoria cit., p. 186.
464 M. La Cava, L. Sciascia, Lettere dal centro del mondo cit., p. 230.
465 Ivi, p. 418.
466 Ibidem, p. 469. La lettera è del 23 ottobre 1973.
467 Ibidem, p. 467.
468 I. Calvino, Lettere cit., pp. 1474-1475. Come si è detto in precedenza, con questa lettera Calvino comunica a La Cava l’impossibilità di ristampare una raccolta di prose brevi.
Eleonora Sposato, Oltre le cose, la sostanza che non muta. Mario La Cava. La figura e l'opera, Tesi di dottorato, Università degli Studi della Calabria, 2013