giovedì 12 maggio 2022

Per l’Italia Hugh Dalton fece il tentativo di instaurare a Londra un governo italiano in esilio


Lo Special Operations Executive fu un organismo creato dagli inglesi nella seconda guerra mondiale dopo la sconfitta della Francia e l’entrata in guerra dell’Italia (l’autorizzazione alla sua costituzione venne data da Churchill nel luglio del 1940) per guidare il movimento di resistenza antinazista e antifascista e le operazioni sovversive nell’Europa occupata dalle potenze dell’Asse. Esso agì coerentemente con questo obiettivo anche rispetto all’Italia, muovendosi su due piani interconnessi: il primo, operativo, consistente nell’invio nella penisola di agenti capaci di promuovere azioni di sabotaggio o sovversive, il secondo, spiccatamente politico, volto ad accelerare il crollo del regime fascista.
Le difficoltà della Gran Bretagna a penetrare e operare in Italia e il fallimento della politica di reclutamento di agenti tra i Pow e gli enemy aliens italiani spiegano i modesti esiti dell’approccio operativo del Soe.
D’altro canto, l’approccio “politico” ebbe risultati persino peggiori. Il Soe, mirando a favorire un’uscita soft dell’Italia dalla guerra, entrò in contatto con antifascisti in esilio come Emilio Lussu e con gli ambienti del Partito d’azione; con esponenti della “fronda” militare come Badoglio; con industriali antifascisti come Adriano Olivetti. In ogni caso, le sue relazioni con gli oppositori al regime vennero bloccate: prima da un vuoto di indicazioni politiche, poi dall’adozione da parte del War Cabinet della “linea dura” rispetto all’Italia, vale a dire di una chiusura totale a qualsiasi richiesta di patteggiamento per la pace, portata avanti più o meno esplicitamente dagli interlocutori italiani del Soe.
A ciò si aggiunga che il Foreign Office riteneva troppo debole l’antifascismo politico italiano, poco credibile l’opposizione “istituzionale” al regime, e pericoloso rispetto agli alleati assumere nei loro confronti una condotta che potesse far sorgere anche il minimo dubbio sulla lealtà britannica.
Mireno Berrettini, Set Italy ablaze! Lo Special Operations Executive e l’Italia 1940-1943, “Italia contemporanea”, settembre-dicembre 2008, n. 252-253

Alla metà del 1940 Churchill lanciò la proposta di creare un’organizzazione specifica per la guerra sovversiva. Il 22 luglio 1940 nacque ufficialmente lo Special Operations Service, aggregato al Ministero dell’economia bellica, sotto la direzione di Dalton. La sua missione era stata espressa icasticamente da Churchill: “Incendiate l’Europa”.
[...] La propaganda puntava in primo luogo sulla radio. Nell’Europa occupata era un mezzo di comunicazione già abbastanza diffuso: milioni di persone potevano ricevere le notizie e le parole d’ordine, e diffonderle. La propaganda del SOE 1 si svolgeva su due registri: quella “aperta” o “bianca” consisteva in messaggi provenienti da fonti chiaramente identificabili, autorità britanniche o governi in esilio. Si svolgeva non solo alla radio, ma anche con volantini e giornali che la RAF lanciava sull’Europa. La propaganda “nera” o “mascherata”, svolta da Unità radio speciali, doveva essere anzitutto non identificabile come britannica, e tendeva a seminare confusione, per esempio portando la voce di fascisti critici verso Mussolini, o di francesi disgustati da Pétain.
L’Unità radio per l’Italia, più conosciuta come Radio Londra, iniziò le trasmissioni nel novembre 1940; era affidata all’allora corrispondente a Londra dell’EIAR, Ruggero Orlando, che venne ben presto affiancato da altri tre, un cattolico, un liberale e un repubblicano, che con il socialista Orlando coprivano lo spettro politico italiano, esclusi i comunisti. Il discorso era concorde: tutti parlavano di un nuovo Risorgimento che avrebbe dovuto eliminare il fascismo, concludere la pace e terminare il dominio tedesco.
La seconda direttrice di azione del SOE prevedeva l’invio di agenti, inglesi o stranieri, con il compito di formare cellule clandestine nei paesi occupati. Le missioni organizzate negli anni 1940 e 1941 non ebbero esito brillante, e quanto all’Italia, non vi fu alcun movimento.
Per l’Italia Hugh Dalton fece il tentativo di instaurare a Londra un governo italiano in esilio, sull’esempio della France Libre del generale De Gaulle. Per l’operazione venne scelto Carlo Petrone, un cattolico antifascista rifugiato in Inghilterra fin dal 1939. Nel gennaio del 1941 Petrone fondò un Comitato Italia Libera, che peraltro non ebbe l’approvazione del Foreign Office: Petrone era del tutto sconosciuto in Italia, le sue capacità politiche sembravano limitate, il suo ascendente nullo. La crisi scoppiò nel luglio 1941: alcuni componenti del Comitato revocarono Petrone e nominarono alla presidenza Alessandro Magri, uno degli speaker di Radio Londra. Secondo il Foreign Office, “il dottor Petrone, come da noi previsto fin dall’inizio, è una persona assolutamente inadatta ad essere il leader di un movimento”. Il Comitato venne sostituito da un Movimento Italia Libera, anch’esso ridotto presto all’impotenza, non essendo rappresentativo della situazione politica, sociale, religiosa e psicologica dell’Italia del tempo. Nel dopoguerra Petrone diventerà deputato della Democrazia cristiana e si occuperà di agricoltura.
Nel gennaio 1941, con l’offensiva lanciata in Libia, gli inglesi fecero prigionieri circa 100.000 soldati italiani; fra questi si pensò di trovare dei volontari disponibili ad affiancare le truppe alleate al fronte. Però, come scrisse Gubbins nell’ottobre 1941, “i soldati italiani catturati sono in grande maggioranza perfettamente felici di restare prigionieri e non mostrano alcun desiderio - sia per denaro che per altre ragioni - di tornare al loro paese con atteggiamento avventuriero”. Di fatto, per gli italiani era più difficile pensare di combattere a fianco degli ex nemici contro i loro amici, alleati e connazionali.
Redazione, Il SOE e l’Italia, Centro Studi Luciano Raimondi 

Quella di Adolf Hitler - che iniziò nell’aprile del 1940 con l’attacco alla Scandinavia - fu un’offensiva davvero travolgente a cui arrise un successo che Olivier Wieviorka in Storia della Resistenza nell’Europa occidentale 1940-1945 (in uscita oggi da Einaudi), definisce «spudorato». Il risultato fu che all’inizio dell’estate i principali Paesi europei - Gran Bretagna a parte - avevano deposto le armi e da Bruxelles a Varsavia, da Parigi a Oslo, da Praga ad Amsterdam sventolava la bandiera nazista. I capi di Stato o di governo di Belgio, Norvegia e Olanda avevano trovato riparo a Londra; «nutrite schiere di volontari» risposero agli appelli diffusi dal francese Charles de Gaulle, dal belga Hubert Pierlot e dal norvegese Johan Nygaardsvold e, con il fondamentale sostegno degli Alleati, diedero inizio ad una resistenza contro le truppe che marciavano dietro il vessillo con la croce uncinata.
[...] Se vogliamo ricostruire la storia della Resistenza in Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Francia e Italia - la zona di intervento angloamericana - è necessario, secondo Wieviorka, sfuggire a «quattro forme di semplificazione». La prima è di «credere che gli Alleati onnipotenti tirassero le fila delle resistenze locali». La seconda di «ritenere che queste ultime potessero svilupparsi adeguatamente senza aiuti esterni». La terza di «immaginare che la necessità di abbattere il nazismo abbia fatto scomparire d’un sol colpo le logiche di interesse». La quarta di «sopravvalutare il ruolo svolto dalla dimensione nazionale della lotta comune». Ne viene fuori un quadro assai più sfaccettato di come andarono le cose. [...] Gli inglesi non avrebbero voluto far perno sugli esiliati che consideravano «sconosciuti o dimenticati dai loro compatrioti» (come il conte Carlo Sforza, don Luigi Sturzo o Gaetano Salvemini, che pure aveva creato nel 1939 la «Mazzini Society»). Si illusero che potesse accendere una miccia Carlo Petrone, rifugiato in Inghilterra dal 1939, al quale nel gennaio del 1941 fu affidato il compito di dar vita ad un Comitato dell’Italia libera. Ma si accorsero ben presto che Petrone era «assolutamente ignoto al grande pubblico», le sue capacità di manovra apparivano «sommarie», il suo ascendente «limitato». Inoltre in luglio alcuni membri del Comitato si rivoltarono, revocarono il mandato a Petrone e lo sostituirono con Alessandro Magri, «un annunciatore che lavorava per la propaganda britannica», messo su due piedi a capo del Movimento dell’Italia libera. Risultato? Petrone sostenne di essere stato esautorato per il fatto di esser lui un cattolico e inondò di rimostranze le autorità britanniche. «Molti miei amici come io stesso», scriveva, «siamo preoccupati della tendenza di estrema sinistra che sembra prevalere in seno al Movimento dell’Italia libera... Comincia ad apparirmi necessaria la formazione di un nuovo organismo, più rappresentativo, in grado di esprimere i sentimenti degli italiani che sono leali nei confronti di questo Paese e più aggiornati sulla situazione che regna nel nostro». Poi aggiungeva considerazioni che al Foreign Office furono lette con un certo stupore: «Su un centinaio di membri (del gruppo capeggiato da Magri, ndr) più della metà sono ebrei. Va sottolineato che un tale movimento non è rappresentativo della situazione esistente in Italia». Anche se si sentì in dovere di precisare: «Non parlo evidentemente “da un punto di vista razziale” ma da un punto di vista psicologico, sociale e religioso». I britannici stabilirono che Petrone era diventato «un fastidio».
Paolo Mieli, Inglesi alla vana ricerca di antifascisti. Niente da fare prima dell’8 settembre, Corriere della Sera, 2 aprile 2018

Winston Churchill, diventato Primo Ministro nel maggio 1940, approvò il 16 luglio l'istituzione dello Special Operations Executive “to co-ordinate all action by way of subversion and sabotage against the enemy overseas” <100, e mise a capo di quest’agenzia il Minister of Economic Warfare, Hugh Dalton. L’agenzia era un aggregato di diverse agenzie autonome. Dalton divise il SOE in due rami: SO1, che aveva rilevato l'elemento di propaganda segreta di EH, con Reginald Wildig Allen Leeper al comando, e SO2 come responsabile del sabotaggio: quest’ultima sezione assorbiva la Sezione D, un apparato nato con il compito di arruolare e addestrare agenti sotto copertura da inviare nei Paesi occupati dalla Germania nazista <101. La BBC continuava ad avere uno statuto indipendente, poiché il controllo di questa veniva lasciato temporaneamente al Minister of Information.
Quando, a novembre, Dalton cercò di riprendere le sue prerogative anche sulla BBC, trovò l’opposizione di Cooper: era l’inizio di una guerra che si sarebbe protratta per mesi senza conclusione di sorta. Il termine dello scontro avvenne nell’agosto 1941 con la creazione del Political Warfare Executive (PWE), proposto l’8 agosto e firmato da Churchill il 19 dello stesso mese. Era un organismo nato sotto la tutela di un triumvirato di uomini appartenenti a tre corpi, Bruce Lockhart per il Foreign Office, Reginald Alexander Dallas Brooks per il Ministry of Information e Leeper del Ministry of Economic Warfare, il quale assorbiva i compiti dello SO1 e del Ministry of Information.
Entrambe le agenzie giocarono un ruolo di un certo peso, direttamente o indirettamente, sul destino dei prigionieri italiani. Lo SOE cercò di reclutare agenti italiani innanzitutto in Gran Bretagna. Il 19 dicembre 1940 veniva stabilito uno schema per il reclutamento degli uomini, attuando una ripartizione in tre fasce dei possibili agenti: i primi, agenti nel senso proprio del termine, capaci di creare delle strutture sovversive appena giunti in Italia; la seconda di agenti di grado inferiore, sottoposti ai primi; la terza categoria, di “desperados” che avrebbero lavorato indipendentemente <102.
Per arruolare agenti vennero creati dei Pioneer Corps, unità dell’esercito che ospitavano gli italiani filo-britannici, puntando a selezionare i possibili candidati. Più tardi questi corpi pionieri si sarebbero aperti anche ai prigionieri <103. Si cercò inoltre di prendere contatto con gli antifascisti espatriati.
Fin dal dicembre comunque i britannici cercarono volontari tra gli internati, e nel campo di Ilfracombe nel Devon si arrivò a nove candidati, ma i profili erano in larga parte poco soddisfacenti, era necessario cercare ancora. I risultati tardarono ad arrivare e nell’ottobre 1941 non c’era nessun italiano in addestramento e così sarebbe stato anche l’ottobre dell’anno dopo. Risultati simili si ebbero anche nello SOE di New York (SONY) e in Canada, dove nessuno desiderava tornare in Italia. A realizzare le interviste per il reclutamento degli uomini c’era George Martelli, già giornalista presso «The Times», autore di un volume sulla recente guerra italo-etiopica <104. Nel corso della guerra fu prima arruolato come Lieutenant-Commander della Royal Navy <105, ma sembra abbia ricoperto sempre ruoli d’intelligence. Ebbe un ruolo importante all’interno della burocrazia londinese dello SOE <106 e divenne in seguito membro della “Psycological Warfare Section of Allied Forces HQ in North Africa” <107, un apparato del PWE. Martelli venne impegnato nella campagna di pressione psicologica per permettere la caduta di Pantelleria ed ebbe funzioni simili nel corso della compagnia in Sicilia <108.
Lo SOE ebbe dei contatti diretti con elementi delle forze armate italiane già dal maggio 1942, ma restarono congelati fino ad agosto. Il dottor Rusca, uno dei contatti dello SOE, vicino al Maresciallo Pietro Badoglio, indicò nel generale Annibale Bergonzoli, all’epoca prigioniero in India, una possibile guida di una Free Italy Unit composta di prigionieri di guerra antifascisti. Come vedremo nelle pagine a venire, le cose sarebbero state, in realtà, assai complicate per gli uomini dello SOE, e già da settembre si indicò nel generale Gustavo Pesenti un possibile sostituto come leader della formazione. Anche in questo caso, tuttavia, non si conseguì alcun risultato <109.
Lo SOE ebbe sul suolo indiano un insuccesso ancora più clamoroso: la Mazzini Mission. La missione nasceva dalla necessità di compiere un lavoro di propaganda nei campi e come propagandisti si pensò di scegliere qualche elemento di qualche corpo patriottico riconosciuto. Londra, che aveva seri problemi nel trovare un movimento antifascista di riferimento sul suolo patrio, pensò di utilizzare a metà febbraio italo-americani per attività clandestine. In tutto furono trovati 12 uomini disponibili per questo compito: essi erano 5 cittadini italiani e 7 americani.
Gli uomini venivano dalla Mazzini Society, una associazione antifascista presente negli Stati Uniti, che conteneva al suo interno intellettuali di spicco come Gaetano Salvemini, gli incarichi politici di maggior peso erano svolti da Alberto Tarchiani e Alberto Cianca. Il leader del gruppo destinato ai prigionieri italiani era Lucio Tarchiani, figlio di Alberto. Il gruppo inoltre era dilaniato da conflitti e tensioni tra singoli membri. A settembre si effettuò il trasferimento in India. In una sosta nel viaggio di trasferimento in Sudafrica la missione fu scoperta dalla stampa e fu pubblicata la natura del viaggio sul «Natal Daily News» <110.
Appena giunti al campo di Bhopal, Giuseppe Macaluso, un componente del gruppo, fu subito notato da alcuni prigionieri che lo avevano conosciuto ad Addis Abeba prima della guerra. Ad appena quattro settimane dal loro arrivo si poteva dire che la loro presenza in India si era rivelata del tutto fallimentare e infruttuosa. La missione finì in fallimento velocemente e terminò in via ufficiale nel dicembre del 1941.
L’entrata in scena del PWE nel teatro indiano avvenne sotto l’ala del Colonnello Cudbert John Massie Thornhill <111, già ufficiale di collegamento dello SO1 in Egitto <112. In India si riuscì, dopo sforzi immani, a creare l’unità antifascista, che comunque non ebbe mai nessun battesimo del fuoco e dopo l’8 settembre sarebbe stata usata per scopi civili. Gli antifascisti, ufficiali e soldati, furono inseriti nel campo di Jaipur, aperto dal 1° gennaio 1943 e poterono godere, pur ancora formalmente prigionieri di guerra, di maggiori privilegi rispetto ai loro simili sparsi altrove. Il 24 maggio i componenti formarono l’unità battezzata ufficialmente “Italia Redenta” e dal 1° giugno il campo fu trasformato in “Depot Pioneer Corps Italia Redenta” con l’arruolamento collettivo di questi nel medesimo giorno nell’esercito britannico <113. Il numero, al termine del reclutamento, alla fine del 1943, pare non sia stato superiore ai 900 uomini “poiché per gli avvenimenti in Italia, i Superiori Comandi Inglesi non credettero opportuno incrementare il detto reparto” <114.
Nel luglio 1943 i dirigenti del PWE furono richiamati per altre missioni; elementi dell’organizzazione sarebbero rimasti anche dopo e il ruolo della struttura avrebbe avuto una certa importanza per la storia dei pows anche dopo. Il Political Warfare Executive non ebbe invece altrettanto potere in Gran Bretagna, quando nei primi mesi del 1943, in conseguenza dell’enorme afflusso di questi sull’isola, si pensava potessero essere utilizzati in nuclei di lavoro (“labour detachments”) che sarebbero potuti sfociare in future unità di combattimento antifascista, ma il potente Ministero dell’Agricoltura bloccò queste speranze, poiché i prigionieri avevano già un ruolo importante, ma non per la propaganda, bensì per la loro utilità lavorativa <115.
Il PWE tornò a farsi sentire all’indomani dell’Armistizio, quando si cominciarono a elaborare le linee guida della cooperazione, contestando che uno stato cobelligerante avesse i propri militari ancora nello status di prigionieri di guerra, così non si sarebbero conquistati alla causa alleata i pows <116. Ancora nei mesi successivi l’apparato avrebbe mantenuto una posizione critica sulla materia, tuttavia risultando, allo stato, sempre perdente.
[NOTE]
100 Charles Cruickshank, The fourth arm. Psychological warfare 1938-1945, London, Davis-Poynter, 1977, p. 17.
101 La Sezione D era nata al momento dell’annessione dell’Austria da parte tedesca, cfr. Mireno Berrettini, La Gran Bretagna e l'antifascismo italiano. Diplomazia clandestina, intelligence, operazioni speciali (1940-1943), Firenze, Le lettere, 2010, pp. 11-3.
102Ivi, p. 33.
103 Ivi, pp. 33-4.
104 George Martelli, Italy against the world. The first complete and impartial account of Italy’s repudiation of the League and her conquest of Abyssinia by an English author writing with an intimate knowledge of the facts, London, Chatto and Windus, 1937.
105 Bob Moore - Kent Fedorowich, British Empire, cit., p. 107.
106 Ibidem.
107 Ivi, p. 258.
108 David Garnetti, The Secret History, pp. 284-5 e 295.
109 Cfr. ivi, pp. 84-98 e dello stesso Berrettini, Set Italy ablaze! Lo Special operations executive e l'Italia 1940-1943, in «Italia contemporanea», 2008, n. 252-3, pp. 428-30
110 Per l’intera vicenda il riferimento indispensabile è all’articolo dedicato di Kent Fedorowich, ‘”Toughs and Thugs”: The Mazzini Society and Political Warfare amongst Italian POWs in India, 1941-43’, in «Intelligence and National Security», 2005, vol. 20, n. 1, pp. 147-72, una descrizione interessante si trova anche in Mireno Berrettini, La Gran Bretragna, cit., pp. 49-54.
111 Si conosce il nome completo solo dall’articolo COLONEL C.J.M. THORNHILL, in «The Times» del 13 agosto 1952, articolo di commemorazione per l’ufficiale, morto il giorno prima. Nelle monografie e nei documenti d’archivio sono riportate solo le iniziali.
112 L’S.O.1 era una branca dello Special Operations Executive (SOE), agenzia d’intelligence nata nel 1940. La specialità dell’S.O.1 era la propaganda. La lettura per introdursi alla storia del SOE non può non essere: M.R.D. Foot, SOE. The Special Operations Executive 1940-46, Pimlico, 1999 [ed. or. 1984].
113 Cfr. il libretto Italia Redenta. Cerimonie Inaugurali Inaugural Cerimonies [il testo è in italiano e in inglese], in NA, FO 898/323.
114 Cfr. la testimonianza del maggiore degli Alpini Carlo Calcia in Italia Redenta, in «Il Corriere», n. 194. A. IV, 8 giugno 1946. L’intero articolo è pubblicato per intero anche in De Gasperi e i traditori, in «La Voce del Prigioniero», n. 10, I, 27 agosto 1946.
115 Bob Moore - Kent Fedorowich, The British Empire, cit., p. 43.
116 Ivi, p. 141.
Salvatore Lombardo, Politiche di propaganda britanniche e storie di prigionia italiana tra Egitto e India, Tesi di dottorato, Università di Pisa, Anno accademico 2011-2012