venerdì 13 maggio 2022

Ondina che voleva essere "rapita"



La tradizione storiografica nazionale fa nascere la lotta armata partigiana dopo l'armistizio con gli Alleati dell'8 settembre.
In linea di massima questo giudizio storico è corretto per quasi tutta Italia fatta eccezione del Friuli Venezia Giulia. Qui la Resistenza armata nacque sin dal 1942 perché l'opposizione al fascismo nei venti anni di dittatura non si era mai spenta. Gli storici hanno parlato di "anni del consenso" riferendosi agli anni Trenta del Novecento. Un consenso largo e diffuso che circondò il fascismo che coglieva il suo trionfo con la guerra di Etiopia e la conseguente "proclamazione dell'Impero".
Gli antifascisti militanti in esilio o ridotti al silenzio in Italia erano certamente pochi in quegli anni di entusiasmi mussoliniani, pochi ma attivi. Alcune aree operaie italiane avevano ancora dei nuclei comunisti e socialisti che continuavano ad operare in clandestinità.
In Friuli Venezia Giulia una delle zone di resistenza politica è Monfalcone e particolarmente il cantiere navale. Occorre tenere presente che Monfalcone - proprio grazie alla nascita dell'attività cantieristica - si era trasformato da piccolo villaggio anima a borgo operaio con più di diciannovemila abitanti nel 1936. La vicina Ronchi dei Legionari nel giro di qualche decennio arrivava a contare ottomila abitanti e così tutti i piccoli comuni dell'area. Uno sviluppo impetuoso che "operaizzò" ampie fasce di popolazione e che, per conseguenza, condusse ad un rapporto con la politica assai diverso rispetto a quanto accadeva in aree del Paese meno industrializzate. Il cantiere - come la fabbrica altrove - divenne il terreno di sviluppo della coscienza sindacale prima e politica poi dei nuovi operai friulani.
Così negli "anni del consenso" in questa zona gli operai socialisti e comunisti lanciano manifestini contro la guerra d'Etiopia nel 1935, nel 1937 fanno decollare un pallone con la scritta "Viva l'URSS. Morte ai criminali fascisti", creano un circuito di assistenza - il "Soccorso Rosso" - che dal 1936 raccoglie tra gli operai fondi per aiutare le famiglie dei militanti arrestati dalla polizia politica fascista. Nasce ed opera una tipografia clandestina. Si distribuiscono copie de "L'Avanti" portate clandestinamente da Padova, si tengono riunioni di partito nelle case operaie <1.
Non è difficile essere reclutati ed entrare nelle fila del dissenso. Giovanni Fiori, nome di battaglia "Cvetko" ricorda così il suo arruolamento: ".... un pomeriggio verso la fine dello stesso mese di agosto [1940] mentre, come ogni giorno ritiravo delle bollette dai rispettivi bollettari mi si avvicina Fontanot Armido [...] ed incomincia a dirmi che il fascismo è contro i lavoratori e fa solo gli interessi dei capitalisti ecc. e che deve essere abbattuto per vivere liberi. [...] mi parlò di Soccorso Rosso e che io avrei dovuto contribuire a quella forma di sussidio per aiutare le famiglie ed i compagni caduti in sventura (disgrazia) a causa del fascismo. Da quel giorno contribuii regolarmente versando una quota fissa di due lire al mese. Un giorno, fine ottobre 1940 Armido mi portò a conoscenza che ad un convegno della cellula i compagni che componevano detta cellula e cioè: Fontanot Giovanni (padre di Armido, Licio e Vinicio); Armido, sua moglie (Lisa), Licio, Vinicio e sua moglie (Giovanna "Nina"), Ondina Peteani; Ribella [Fontanot], Mario Campo e Rosa o De Rosa [...] aprirono una clausola per accogliermi come simpatizzante del PCI dandomi un programma di lavoro, cioè fare propaganda ai giovani locali [...]" <2.
Ondina che voleva essere "rapita"
Nella città operaia, nella cellula del Partito Comunista compare il nome di Ondina Peteani. Non si tratta di una militante politica di vecchia data, è una ragazzina che in quell'agosto del 1940 ha da poco compiuto quindici anni. È nata il 26 aprile 1925 a Trieste, è più giovane del regime fascista che combatte, è nata in tempo di dittatura. Ma avere quindici anni non significa non poter essere utili: da tempo uno degli incarichi di Ondina è andarsene in treno a Padova e a Udine per portare tra gli operai copie della "Unità" e del "Avanti". Questa ragazzina cresce per certi versi a "pane e comunismo", un comunismo non da salotto o da teoria, un comunismo rischioso che porta dritti davanti al Tribunale Speciale. Nel 1942 lavora come operaia al cantiere di Monfalcone, sa usare il "tornio a revolver" una conoscenza che le tornerà utile ad Auschwitz. Nei suoi ricordi il ruolo dell'ambiente di lavoro è fondamentale per la crescita politica: "e così, da una parte i colleghi di lavoro e dall'altra un gruppo di studenti che frequentavo a Ronchi, attraverso chiacchierate e discussioni, cominciai ad interessarmi di problemi sociali e politici. Sia alcuni operai del cantiere, sia alcuni studenti, militavano già allora nelle file clandestine dell'antifascismo e quasi tutti erano comunisti ed io mi sentii progressivamente attratta da questi compagni ed infine cominciai a capire quanto eravamo incasermati" <3. Si tratta ancora soltanto di suggestioni e di discorsi, la resistenza armata è ancora qualcosa di distante, di epico e di elettrizzante per l'adolescente Ondina. "Allora in queste terre (soprattutto sul Carso) vi erano già operanti alcuni gruppi partigiani sloveni e parecchi ragazzi di queste località si aggregarono a queste formazioni. I loro familiari dicevano di non saperne niente, che i loro ragazzi erano stati rapiti (ovviamente per cercar di evitare le rappresaglie fasciste nei loro confronti). Da parte nostra, eravamo entusiasti e dicevamo a chi ci raccontava queste cose di dar loro anche il nostro indirizzo per farci "rapire" <4. La realtà che circonda Ondina è un presente fatto di guerra continua. Sin dal maggio 1941 il Partito Comunista Italiano e l'Osvoboldilna Fronta (il Fronte di Liberazione sloveno) collaborano nella lotta armata nella Slovenia occupata. L'invasione italo-tedesca della Iugoslavia ha prodotto un cambiamento profondo nei confini orientali italiani: la Slovenia è divenuta una nuova provincia e la vicina Croazia un regno satellite affidato al duca Aimone d'Aosta che ha slavizzato il suo nome in Tomislav II. A cavallo tra il Friuli e la Slovenia combattono le formazioni partigiane slovene e vi si affiancano anche i comunisti italiani. Di questi scontri si parla anche nel cantiere di Monfalcone e Ondina sogna di essere rapita, di andarsene in montagna.
Nel 1942 il Partito Comunista Italiano si pone l'obiettivo di creare delle unità nazionali che, almeno inizialmente, siano di concreto supporto alla ben più organizzata attività slovena. Le trattative tra i comunisti italiani e gli sloveni portarono alla creazione nel marzo 1943 del "Distaccamento Garibaldi", una piccola unità nella quale sarebbero dovuti confluire tutti i combattenti italiani che si trovavano inquadrati nelle unità partigiane slovene. Si trattava del primo distaccamento partigiano italiano.
Il "Distaccamento Garibaldi" (aprile - giugno 1943)
Ondina nel 1942 non è stata "rapita": "Eravamo alla fine del 1942 e si parlava che la fuga era da effettuarsi nei primi giorni del 1943. Ma un successivo contrordine ci impedì questa azione. Il contrordine veniva da Padova con la cui
Università i miei amici studenti avevano contatti da tempo. Lì operava Eugenio Curiel e da lì venne l'indicazione di formare gruppi antifascisti sul luogo" <5. Ondina distribuisce manifestini sovversivi e continua a sognare di andare in montagna. La nascita della "Garibaldi" e gli eventi legati al "Distaccamento" furono l'occasione per realizzare il sogno. Nei suoi appunti di ricordi Ondina scrive: "1943 - maggio - giugno: si fa vivo sul terreno un gruppo di cinque partigiani. Dicono che nel Collio era impossibile il mantenimento in zona. Il Davilla, giunto a sapere, li accusa di diserzione dai ranghi partigiani sloveni". I cinque che arrivano dal Collio sono i primi partigiani operativi nella resistenza armata che Ondina vede. Sino a quel momento ha assistito alla partenza dei giovani verso le brigate partigiane in montagna ma combattenti in pianura non se ne erano ancora visti. Se da un lato Ondina è interessata il Partito Comunista locale è invece preoccupato. I cinque partigiani che Ondina ricorda sono un gruppetto di uomini capitanati da Mario Karis, un comunista già condannato a dodici anni dal Tribunale Speciale fascista. Karis era ricercato e si era dato alla clandestinità raggiungendo nel marzo 1943 una unità di partigiani sloveni che operava nella zona del Collio: la "Briski-Beneski Odred". Karis era intenzionato a raggruppare gli italiani che operavano nelle unità slovene con il permesso del comandante della "Briski-Beneski Odred" si incontrò con il responsabile del Partito Comunista Italiano di Udine Mario Lizzero. Karis aveva fretta di costituire una unità italiana di partigiani mentre Lizzero aveva la necessità di procedere con metodo informando prima gli organi nazionali del Partito. I contatti però non riuscirono e Lizzero insieme ad un altro responsabile del Partito Comunista locale, Vincenzo Marcon detto "Davilla", ebbero un secondo incontro con Karis. Questa volta si decise che sarebbe dovuto nascere un distaccamento denominato "Garibaldi". L'avrebbe comandato Karis che per il momento doveva accogliere tutti i partigiani italiani che combattevano nelle unità slovene. La "Garibaldi" in realtà è più un atto politico simbolico che una unità in grado di reggere uno scontro armato con successo. Così la "Garibaldi" si stabilì nel paese di Clap in attesa di ingrandirsi con l'arrivo di altri combattenti. [...]
La compagna "Natalia" va alla guerra
La situazione del "Distaccamento" è assai confusa: il gruppo rimase in attesa di un segnale dai comunisti di Udine che gli permettesse di essere riconosciuti come affidabili e poter cominciare ad operare.
Mario Karis e Darko Pezza facevano la spola in bicicletta da Trieste a Monfalcone per avere notizie. Ondina ha assunto il nome di battaglia di "Natalia" e si reca nell'appartamento di via Seismit Doda per portare cibo e notizie. Il 26 giugno 1943 Karis e Pezza di ritorno da Monfalcone si imbattono in un posto di blocco. Karis spara, ne nasce un conflitto a fuoco. Pezza riesce a rientrare subito a casa mentre Karis ferito di striscio rientra la sera del 27. Proprio la sera del 27 Ondina, che non sa nulla, arriva nell'appartamento per portare come al solito viveri e notizie.
Così Giovanni Fiori ricorda gli avvenimenti successivi: "La sera del 27 giugno 1943 venne la compagna "Natalia" come altre volte per il consueto scambio di informazioni e per portarci da mangiare. La compagna "Natalia", il Karis e io dormivamo in una stanza, in un'altra adiacente alla nostra il Dettori dormiva da solo, mentre in cucina dell'altro appartamento dormiva il Pecic [Darko Pezza] anche lui da solo. Il mattino successivo (28 giugno 1943), alle ore cinque circa, trovammo la casa circondata da carabinieri e da squadristi-fascisti. Un momento prima il Karis era uscito per fare i bisogni corporali ma tutto ad un tratto sento la voce del Karis che grida: "Aiuto, siamo circondati" e nel medesimo istante entrava nella stanza occupata da me e dalla compagna "Natalia". Il mio primo pensiero [fu] quello di saltare dalla finestra (da notare che l'appartamento si trovava al primo piano) ma vidi che il Karis mi rincorreva, pensai alla sua posizione politica e gli lasciai il passo poi feci per seguirlo ma un carabiniere mi puntava la pistola gridando "Fermo, mani in alto o sparo". In camera rimasi io e la compagna "Natalia", mi venne l'idea di far fuggire la compagna magari col sacrificio della mia vita. Finsi un mal di ventre e mi misi in atto di fare i bisogni corporali e dissi alla compagna "Natalia" di passare nella camera adiacente alla nostra [...] lei mi ascoltò malgrado il carabiniere voleva opporsi. Il carabiniere messosi alla porta della stanza da me occupata poteva benissimo controllare tutti e due [...] un momento vidi che il carabiniere aveva l'attenzione verso la compagna, feci un volo, ma in un attimo due squadristi e il carabiniere - che aveva sparato due colpi di pistola e poi mi aveva seguito nel volo - erano sopra di me e mi legarono per bene e poi mi condussero a piedi in caserma. Dopo un breve interrogatorio potei sapere che il Pecic [Darko Pezza], il Dettori feriti ed io eravamo [stati] arrestati mentra la "Natalia" ed il Karis erano fuggiti" <6.
La "Brigata Proletaria" non si arrende
Mentre i carabinieri legavano Fiori, Ondina approfittando della confusione riuscì a fuggire. Non aveva molte altre possibilità se non ritornare a Monfalcone dai Fontanot e riferire quanto era accaduto. Ma neanche Monfalcone è sicura e lo stesso Vinicio Fontanot fugge in montagna per aggregarsi ai partigiani. Si tratta di un momento difficile: la partigiana Alma Vivoda è stata uccisa in uno scontro a fuoco a Trieste alla fine di giugno. Il cerchio si stringe anche intorno ad Ondina. Il 2 luglio la polizia politica l'arresta. Viene portata al carcere femminile dei "Gesuiti" e interrogata. La sua posizione è delicata e qualcuno ha parlato facendo nomi e raccontando fatti. Il carcere ospita prigioniere politiche soprattutto slovene, si fa la fame. A salvare Ondina sono gli avvenimenti del settembre 1943. L'armistizio firmato l'8 settembre mette in subbuglio anche il Friuli Venezia Giulia. Il 9 settembre la folla libera i prigionieri dell'altro carcere triestino, quello del "Coroneo", il giorno successivo vengono liberate anche le recluse dei "Gesuiti". Ondina appena libera decide di unirsi ai partigiani. Ha poche scelte: è oramai conosciuta come attivista comunista e per i fascisti è una "evasa" [...]
[NOTE
1 Fogar, Galliano, L'antifascismo operaio monfalconese fra le due guerre, Vangelista, Milano, 1982.
2 Memoria scritta di Giovanni Fiori "Cvetko" del 20 agosto 1976 consegnata all'ex comandante dei GAP dell'Isonzo e Basso Friuli, Vinicio Fontanot "Petronio".
3 Testimonianza di Ondina Peteani conservata presso l'Associazione Nazionale ex Deportati Politici nei Campi Nazisti di Milano, p. 1.
4 Testimonianza di Ondina Peteani conservata presso l'Associazione Nazionale ex Deportati Politici nei Campi Nazisti di Milano, p. 1.
5 Testimonianza di Ondina Peteani conservata presso l'Associazione Nazionale ex Deportati Politici nei Campi Nazisti di Milano, pp. 1-2.
6 Memoria scritta di Giovanni Fiori "Cvetko" del 20 agosto 1976 consegnata all'ex comandante dei GAP dell'Isonzo e Basso Friuli, Vinicio Fontanot "Petronio".
Redazione, Ondina Peteani, prima staffetta partigiana d'Italia, ANPI Bagno a Ripoli (FI)

Marta Cuscunà

A bottega da Baixas, Marta affina le proprie conoscenze rispetto al teatro visuale e alla manipolazione ed animazione di oggetti, ma l’esperienza spagnola contribuisce anche ad alimentare quella vocazione al teatro politico che avrà tanta parte nello sviluppo della sua poetica personale.
"Dietro 'Merma Never Dies' c’era una lunga storia: la collaborazione con Mirò quando la Spagna non era libera e loro erano costretti a organizzare le repliche in clandestinità, spesso interrotti dalla polizia. Un lavoro, dunque, che aveva radici profonde: è stata una grande scuola per me. Dopo questo spettacolo, con una sostanza così forte e unica, ho incontrato la storia di Ondina Peteani <18.
1.3 José Sanchis Sinisterra e la vocazione drammaturgica
Quella che fa imbattere Marta Cuscunà nella storia di Ondina Peteani è ancora una volta un’occasione fortuita: la storica Anna di Gianantonio, che ha scritto la biografia della staffetta partigiana, deve presentare il suo libro nella sala comunale di Monfalcone e chiede a Marta di leggerne qualche brano.
L’attrice si appassiona e legge il testo per intero, rimanendone folgorata.
"La biografia di Ondina mi ha letteralmente entusiasmata, scossa, “accesa”. Ho incontrato una ragazza, poco più giovane di me, incapace di restare a guardare, cosciente e determinata ad agire per cambiare il proprio Paese; con un’intuizione fondamentale: la Donna è una risorsa irrinunciabile per la Pace e la Giustizia" <19.
Decide, allora, che proverà a farne uno spettacolo teatrale e si rivolge a un drammaturgo perché le scriva il testo, con l’intento di presentare il progetto al Premio Scenario. Il drammaturgo però rifiuta e la scadenza per partecipare al concorso è ormai vicina. Marta si trova quindi nella necessità di dover fare da sé.
Proprio in quel periodo torna a San Miniato per seguire un corso con il drammaturgo valenziano Josè Sanchis Sinisterra e gli parla del suo desiderio di trarre uno spettacolo dalla vita della partigiana Ondina e della necessità di trovare qualcuno che possa scrivere il testo per lei: "[…] la sera prima che cominciasse il corso, a cena, ho raccontato a Josè che stavo cercando qualcuno che mi scrivesse questo testo. E il corso di Josè era diviso in due parti: una parte per attori e una parte per drammaturghi. E io, ovviamente, mi ero iscritta come attrice. E quella sera lui mi disse «Visto che tu stai cercando qualcuno che ti scriva un testo, domani vieni a fare il corso come drammaturga e non come attrice». E lì è stata la svolta perché io ho cominciato a studiare, a provare per la prima volta a scrivere qualcosa". <20
[...] Gli stimoli suggeriti hanno anche lo scopo di spingere l’autore a variazioni di registro, di punti di vista, alla frammentazione del discorso e della linea temporale, così da sperimentare diverse possibilità di composizione.
Marta Cuscunà arriva al suo primo testo drammatico proprio attraverso l’applicazione dei protocolli e già in quei giorni di laboratorio, a San Miniato, comincia a lavorare sulla storia di Ondina Peteani: "[…] quando Josè ci faceva fare degli esperimenti, se non dava un tema preciso, lavoravo su Ondina. Anche perché ce l’avevo molto chiaro, lo stavo studiando, quindi avevo un sacco di informazioni, un immaginario abbastanza fertile e quindi usavo quegli esperimenti, sì, quella storia lì" <25.
L’influenza di questi esercizi compositivi si ritrova nella drammaturgia di "E’ bello vivere liberi!" così come in quella di tutti e tre gli spettacoli successivi. Il continuo passaggio dal livello diegetico a quello extradiegetico nelle parti monologiche, la variazione dei tempi verbali e quindi dei piani temporali, la frammentarietà dei dialoghi nelle scene a più personaggi e la costruzione dei cori delle pupazze monache de "La semplicità ingannata", delle teste mozze di "Sorry, boys" e dei corvi animatronici de "Il canto della Caduta" sono il risultato delle tecniche apprese dal drammaturgo spagnolo.
[...] "E’ bello vivere liberi!", testo nato partire da quei primi tentativi laboratoriali dell’autrice di rendersi autonoma nella scrittura e poter così dare voce all’entusiasmo e all’impegno civile di Ondina Peteani, supera tutte le fasi del Premio Scenario e si aggiudica la vittoria per la sezione Scenario per Ustica 2009. In meno di un anno e mezzo dal debutto lo spettacolo raggiunge le prime cento repliche e ottiene a poco a poco riconoscimenti importanti.
[NOTE]
18 Marta Cuscunà, in Andrea Porcheddu (a cura di), Le Signore Attrici, cit. p. 104.
19 https://www.martacuscuna.it/e-bello-vivere-liberi/ (20 Gennaio 2019).
20 Intervista a Marta Cuscunà, a cura di chi scrive, cit.
Giulia Angeloni, Il teatro di Marta Cuscunà, Tesi di laurea, Università degli Studi di Roma Tre, Anno accademico 2017/2018