domenica 2 gennaio 2022

La mentalità partigiana è una specie di cocktail


Tra i comandanti presenti nelle Langhe non passa in secondo piano la figura di Italo Nicoletto, “Andreis”, commissario della VI Divisione Garibaldi, che svolgerà il delicato compito di ispettore delle formazioni garibaldine nelle Langhe. Diversamente da “Mauri” [Enrico Martini], “Andreis” ha una visione della guerra principalmente dal punto di vista politico. Antifascista attivo a Brescia già a partire dagli anni Venti, la vita di Italo Nicoletto è la più significativa tra gli antifascisti presenti nelle Langhe. Combattente in Spagna, dove diventa responsabile di partito della 12ª brigata Garibaldi, dopo l'8 settembre giunge in Piemonte dalla Francia, ma viene arrestato. Solo dopo la seconda fuga dal carcere di Fossano, nell'agosto '44, riesce a raggiungere le Langhe, dove svolge attività di commissario politico di divisione. La sua maturità politica e la sua esperienza militare in Spagna gli consentono di svolgere efficacemente il suo compito, riuscendo a coordinare e a omologare dal punto di vista militare, politico e disciplinare tutte le brigate. Il suo lavoro nelle Langhe, da agosto a gennaio, è documentato nelle relazioni redatte in seguito all'ispezione delle brigate garibaldine. In quelle, “Andreis” traccia il quadro generale delle brigate, convenendo nell'autunno del '44 della necessità di istituire una scuola per commissari al fine di curare il deficit culturale e politico dei membri delle varie brigate. <473
Sempre nelle Garibaldi troviamo un'altra particolare figura di comandante, quella di “Primo” Giovanni Rocca, <474 Comandante della 78ª brigata, al pari di “Mauri” anche “Primo” è una personalità forte, capace di incidere sul carattere del proprio gruppo, come riporta lo stesso “Andreis” "La storia della 78^ si riassume nella storia del suo Comandante, che, iniziata la vita di partigiano con un fucile da caccia, formò prima una squadra, poi un distaccamento, poi la Brigata, trasfondendo tutte le sue qualità e tutte le sue deficienze nei suoi uomini".
Rocca, <475 di soli 23 anni, «operaio astigiano di Canelli (Asti)», possiede la «V^ elementare», e - secondo il giudizio di “Andreis” - ha una scarsa cultura politica, che si è formato al di fuori del partito e attraverso l'immagine che dei comunisti davano i giornali del regime "sotto l'influenza della propaganda fascista [,] convintosi partigiano comunista così come descrivono i partigiani comunisti i giornali fascisti (rivoluzione, estremismo, ferocia) nella sua lotta ha avuto manifestazioni esteriori ed atti che gli anni [sic, hanno] nuociuto." <476
Una figura come quella di Rocca ci fa riflettere sulla varietà di caratteri che tinge l'universo partigiano. Come scrive Botta «la mentalità partigiana è una specie di cocktail, i cui ingredienti sono brandelli di ideologia fascista, retaggi della cultura tradizionale e di villaggio, nuovo spirito solidaristico e di gruppo, ardore giovanile, riscoperta della politica e della discussione, gusto per la trasgressione, un pizzico di coscienza di classe». <477 Rocca non è l'immagine modello del garibaldino: non è certamente un “vecchio compagno” formatosi all'interno del movimento clandestino, né un idealista, perché iscritto al PNF, ma può vantare una buona esperienza militare, poiché - come scrive “Andreis” - «è stato soldato tre anni» in Croazia dove «riforniva di munizioni i partigiani di Tito» e, tornato in Italia, «iniziò il 15 settembre '43 la lotta partigiana», in modo autonomo e indipendente dal comando garibaldino. <478
Un'autonomia che si realizza anche sul piano dell'approvvigionamento di armi e materiale bellico grazie soprattutto alla «grande combattività che è caratteristica propria della Brigata, la quale si è armata esclusivamente togliendo le armi ai tedeschi e ai fascisti». <479
Il carattere di “Primo” però non deve essere preso come indicatore del profilo politico e militare degli altri comandanti garibaldini nelle Langhe. Giovanni Latilla, “Nanni”, comandante della VI divisione, si distingue invece per la moderazione, la maturità politica e capacità militari, <480 qualità che gli permettono di tenere insieme le sue brigate anche in occasione di momenti critici come quello che si crea in seguito all'uccisione di “Devic”, comandante della 16ª brigata, da parte di un ex garibaldino passato da poco nei “Mauri”. “Andreis” dà a “Nanni”, e a “Tino”, <481 il merito di essere riusciti a tenere in piedi la brigata. <482
La capacità di tenere a freno gli uomini di fronte a situazioni critiche come quella appena accennata è una qualità indispensabile di ogni buon comandante. La sua autorità, la sua influenza sul gruppo determina non solo il carattere ma anche, in alcuni casi, la sopravvivenza della brigata. <483
[...] I regolamenti disciplinari all'interno delle formazioni partigiane costituiscono un ulteriore elemento di definizione della brigata come microcosmo culturale autonomo.
Attraverso la lettura delle varie circolari e lettere che informano brigate e distaccamenti sul comportamento da tenere nei confronti della popolazione, in battaglia e nel gruppo, sulle sanzioni per i reati commessi e sulle norme di buona condotta, emerge un quadro significativo, oltre che normativo, delle diverse bande. Ben inteso che, molte delle disposizioni inviate dai comandi centrali e in parte dai comandi divisionali informano più su un modello etico e normativo che i partigiani devono raggiungere anziché sul reale contesto che si crea in banda.
Risulta interessante confrontare le disposizioni che giungono dagli organi centrali con lo stato delle brigate, per far emergere quelle differenze, non solo da formazione a formazione, ma anche da gruppo a gruppo.
Il risultato di questo confronto ci restituirà un quadro molto complesso e variegato del movimento partigiano nelle Langhe.
Le problematiche relative al controllo e alla disciplina degli uomini che compongono le prime bande partigiane emergono fin dai primi mesi di guerra. All'interno del CLNRP si discute fin dal settembre [1943] sulla necessità di inquadrare gli sbandati della IV armata in una struttura militare dipendente dal Comitato, che faccia riferimento a questo come organo legislativo e disciplinare. Purtroppo, l'impossibilità di stabilire un contatto duraturo con le bande almeno nel primo periodo della guerra non permette una funzionale regolamentazione disciplinare all'interno di queste.
In un secondo momento, il periodo invernale e la fase riorganizzativa mettono in secondo piano le questioni di ordine disciplinare per lasciare spazio ad altre urgenze, prima fra tutte quella di sopravvivere ai grandi rastrellamenti invernali che perdurano fino a marzo '44.
Dopo questa fase, che ha condotto a una migliore e più ramificata organizzazione, i Comandi centrali, anche per timore di non riuscire più a tenere sotto controllo le brigate che stanno divenendo divisioni, tornano in modo insistente sui temi legati alla disciplina e all'etica del “buon partigiano”. Ciò che emerge dai documenti del periodo primaverile è la necessità da parte del Comitato di riprendere in mano una struttura militare con cui, per ragioni di sicurezza e per l'impossibilità di alcuni collegamenti, ha ridotto i contatti per diverse settimane. <487
[...] Nella fase estiva, troviamo i documenti che più si interessano alla disciplina interna. In numerose relazioni, che non hanno come oggetto “disciplina” o simili, troviamo costanti richiami al buon comportamento che devono tenere gli uomini, al rispetto delle popolazioni e alla tutela e buon uso del materiale bellico. Nel mese di luglio il CMRP lamenta le continue richieste di armi «e di munizioni per reintegrare in “consumi di fatti d'armi”», il cui uso - secondo il Comitato - è «non soltanto sproporzionato» ma è anche conseguenza del «colpevole abbandono delle armi». La circolare del CMRP si concentra inoltre sulle implicazioni etiche di quei comportamenti "Nella guerriglia [...] l'abbandono delle armi [] é [sic] rinuncia della tutela alla propria incolumità, e la sparatoria é [sic] indice di uno stato d'animo che contraddice nella essenza a quello che deve essere il freddo e risoluto spirito del partigiano". <490
I comandanti vengono inoltre esortati a «instillare nell'animo dei dipendenti la convinzione della necessità della conservazione delle armi e dell'oculato consumo delle munizioni». <491
Il corretto uso delle armi, legato a ragioni di economia di guerra, è un tema che investe anche la sicurezza interna dei partigiani. L'inesperienza militare di alcuni elementi delle brigate, oltre l'immaturità di alcuni di essi, giunti in montagna dopo i bandi del febbraio e quello di maggio 1944, mette i comandi di fronte a nuove problematiche, quali la riorganizzazione dei reparti, dei rifornimenti e, non ultimo, istruire i giovani alla vita militare. Nonostante le precauzioni dei comandi, si verificano episodi come quello di Bucciol Gino, della brigata alta Val Tanaro, che spara per sbaglio a un proprio compagno ferendolo. Nelle dichiarazioni del Bucciol si parla di uno sbaglio, ma altre dichiarazioni e le circostanze del fatto fanno invece pensare a uno scherzo finito male.
In questi casi, la legislazione partigiana prevederebbe la pena di morte, ma la sentenza viene sospesa per richiesta di grazia al maggiore “Mauri” da parte dell'imputato. La grazia pare essere stata concessa, anche se “Mauri” in una lettera al comando della brigata val Tanaro precisa che la grazia sarebbe stata concessa solo se la II divisione Garibaldi, presso le cui file Bucciol aveva militato e compiuto «atti in corso di accertamento», avesse dato riscontro positivo. <492
[...] L'afflusso di elementi nuovi provoca squilibri interni alle singole bande, che avevano fondato la loro coesione sulla fiducia reciproca e creato una legalità informale per una comune convivenza.
“Mauri” esprime le sue preoccupazioni in una circolare del 15 giugno '44 scrivendo che con «l'afflusso di nuovi elementi é [sic] assolutamente indispensabile provvedere al loro immediato inquadramento per evitare quelle sensazioni di disordine» che danneggerebbero il movimento partigiano. <496 Il maggiore vuole evitare che chi sale in montagna abbia «l'idea che al “ribelle” tutto sia lecito» e avverte che sarà «inesorabile contro chiunque» metta a repentaglio la vita dei suoi compagni. Persiste la paura infatti che tra i giovani saliti in montagna possano nascondersi spie o, più semplicemente, immaturi che «chiaccherano [sic] troppo», non rendendosi conto dell'insidia dell'ambiente in cui opera il partigiano. Inoltre, ragazzi giovani, per nulla smaliziati, potrebbero cascare in tranelli come quello orchestrato dalle brigate nere di Ceva, che utilizzano come spia la moglie di un comandante repubblicano facendola passare per «cugina del comandante Mauri». <497
[...] In ogni caso, la contrarietà ad arruolare «chiunque» e la diffidenza di “Mauri” nei confronti di elementi non fidati non è solo da leggere nel contesto di una guerra clandestina in cui la presenza di spie è molto diffusa. L'esperienza vissuta in val Casotto ha sicuramente insegnato a “Mauri” che, se le spie procurano danni enormi al movimento, gli inaffidabili possono distruggere una formazione durante una battaglia; in quella circostanza il carabiniere Gaglietto, <519 avendo dato ordini diversi da quelli impartiti dal maggiore, si era poi allontanato con uomini e armi di Mario Bogliolo <520 senza indicare la destinazione, e ugualmente aveva fatto Folco Lulli, dirigendosi verso Viozene. <521
La relazione sui fatti della val Casotto si conclude infatti con una decisione chiara "Circa il reclutamento, preferisco che, per l'innanzi, esso sia fatto direttamente a cura dei capi gruppo, i quali hanno così la possibilità di scegliersi gli uomini; di massima, tendo anche a costituire i gruppi con uomini dello stesso paese, o di una determinata zona, allo scopo di evitare l'arruolamento di individui infidi o sospetti". <522
In seguito alle disposizioni relative all'epurazione, agli allontanamenti volontari o forzati di elementi «non idonei alla guerra partigiana», grazie anche a un apparato giudiziario che ha iniziato a funzionare anche nei confronti dei patrioti, le bande si avviano a entrare nella dura fase invernale con un numero di uomini relativamente inferiore. <523
[...] nel corso dell'estate del '44, nella fase di espansione del movimento, i comandi di divisione tentano, laddove sia possibile, di occupare nuove aree. La linea di confine tra la Liguria e il Piemonte sembra essere la sede predestinata a questo genere di confronto. Nel luglio infatti, un'unità garibaldina guidata da un certo “Bartali”, «sedicente inviato dal Comitato Ligure di Liberazione Nazionale», aveva disarmato alcuni reparti della Val Tanaro. Il comitato politico e quello militare di Torino rispondevano alla denuncia fatta da “Mauri”, assicurando di non aver mai consentito a un passaggio della val Tanaro alle dipendenze del comitato ligure e, provvedendo a denunciare il fatto alle autorità centrali, lasciava il maggiore libero di «adottare quelle altre misure contingenti che risultassero indispensabili per il ripristino della situazione». <766
L'area però sembra presentare alcune difficoltà di gestione, tanto è vero che - come abbiamo visto sopra - nel mese di settembre il gruppo “Patrioti di Calizzano” e quello di Arturo Pelazza chiederanno di passare con “Mauri”, per evitare di essere inquadrati nelle formazioni garibaldine liguri. Poco più a est, al confine tra la provincia di Savona e quella di Cuneo, “Mauri” si trova ad affrontare un altro problema di definizione dei confini, questa volta con la I divisione Garibaldi “Gin Bevilacqua”, a cui scrive nel febbraio '45, negando ogni suo nulla osta all'“occupazione” dei paesi di Montezemolo e Priero. <767 “Mauri” sostiene infatti di non aver mai preso accordi in tal senso e che il CLN savonese non può avanzare diritti sul territorio piemontese, pregando «codesto Comando di astenersi nel modo più assoluto dall'ostacolare l'attività delle mie formazioni in tale Zona a scanso di spiacevoli incidenti». <768 La questione sembra risolversi con una definizione più chiara dei comandi di zona, che per le Langhe giunge a fine marzo.
In base agli ordini ricevuti dal Comando Militare Regionale Piemontese i limiti della VIª zona Piemontese giungono fino al confine regionale tra Piemonte e Liguria, di conseguenza le località [indecifrabile] entro tale limite sono sottoposte alla mia giurisdizione <769
Ma il problema qui non è la sola definizione dei confini. La “pretesa” del comando della I divisione è determinata dalla presenza nell'area suddetta di reparti garibaldini dipendenti dal comando ligure.
[NOTE]
473 C. Pavone, Una guerra civile, cit., p. 157; si veda inoltre M. Giovana, Guerriglia, cit., pp. 124-6
474 La sua banda, operante intorno a Canelli, si dichiarava «comunista», pur non avendo alcun legame con il partito o con il Comando garibaldino. L'arrivo di “Andreis” presso il gruppo di Rocca è da inquadrarsi nella politica di inquadramento che il PCI e il Comando delle brigate Garibaldi stavano conducendo tra quelle bande di ispirazione comunista ma non ancora controllate dal partito. Nel rapporto tra “Andreis” e “Primo” non sembrano esserci stati particolari problemi dovuti a diffidenze e sospetti, circostanza che invece si verifica in altri contesti. Nelle Alpi Apuane ad esempio, i componenti della banda di Casette di ispirazione comunista, che opera in una zona a nord di Massa, si
mostrano «molto diffidenti verso gli emissari del PCI e riottosi verso qualsiasi tentativo di supervisione politica da parte di 'forestieri'», in M. Fiorillo, Uomini alla macchia, cit., p. 56
475 G. Perona (a cura di), Formazioni autonome, cit., p. 399
476 “Relazione sulla 78^”, “Andreis” alla delegazione militare delle brigate d'assalto Garibaldi per il Piemonte, 12.10.44 in AISRP, B 28 c. A proposito degli episodi che hanno nuociuto a “Primo” si veda: «elementi di Brigate Garibaldi non meglio precisate e formazioni della Brigata MONVISO del movimento “Giustizia e Libertà”»; secondo la comunicazione ricevuta dal responsabile delle GL i garibaldini «”vantando un superiore armamento [...] provocavano il passaggio nelle file garibaldine di ben 36 uomini e due ufficiali della Brigata G.L. senza nemmeno curarsi di provocare alcun nulla osta del Comando G.L. e del C.M.R.P.”»; «"lo stesso Maggiore Scotti, mentre ritornava in auto da un convegno proprio col comandante della Garibaldi (tale a nome Rocca) veniva fatto segno a una fucilata, nei pressi di Isola, al posto di blocco delle forze Garibaldine"», 9.11.44, in AISRP, B 28 i. Questi episodi sarebbero avvenuti tra il 12 e il 14 ottobre; si veda anche il documento di denuncia GL indirizzato alla delegazione piemontese delle Brigate Garibaldi in G. De Luna et alii (a cura di), Le formazioni GL, cit., pp. 214-5
477 R. Botta, “Il senso del rigore. Il codice morale della giustizia partigiana”, in M. Legnani, F. Vendramini (a cura di), Guerra. Guerra di liberazione. Guerra civile, Franco Angeli, Milano, 1990, p. 153-4
478 «In tutta la sua attività Rocca non è mai stato aiutato, o molto debolmente»; per questa citazione e le precedenti su Rocca si veda “Relazione sulla 78^”, “Andreis” alla delegazione militare delle brigate d'assalto Garibaldi per il Piemonte, 12.10.44 in AISRP, B 28 c
479 Ibidem
480 Sottotenente di cavalleria; si veda http://intranet.istoreto.it/partigianato/dettaglio.asp?id=49192 [consultato il 7.5.2013]
481 Celestino Ombra, “Tino”, commissario politico della VI divisione Langhe; si veda “Ordine del giorno n° 1 (Costituzione della Divisione)”, Comando VI Divisione “Langhe” a tutti i commissari politici, f.to comm. pol. “Tino”, in AISRP, C 14 d
482 “Relazione sulla 16^ brigata”, “Andreis” alla delegazione delle brigata d'assalto Garibaldi per il Piemonte, 12.10.44 in AISRP, B 28 c
483 Diversi sono gli episodi di sangue che caratterizzano le relazioni tra brigate langarole, a partire dalla fase estiva. Le loro cause e implicazioni sul piano dei rapporti verranno affrontate nel successivo capitolo.
487 «Rari documenti sui rapporti tra bande e Co.Mi. del febbraio-marzo sono reperibili negli archivi», M. Giovana, La Resistenza in Piemonte, cit. p. 82
490 “Rifornimento di armi e di munizioni”, CMRP a tutti i comandanti delle formazioni armate del CNL, 11.7.44 in AISRP, B AUT/mb 4 c. Tra l'altro, «codardia di fronte al nemico» e «abbandono di posto in combattimento» sono reati secondo la legislazione partigiana di guerra, «In nome del luogotenente del regno», Sentenza del Tribunale militare di guerra della I Divisione Langhe, 23.3.45, in AISRP, B AUT/mb 2 b
491 “Rifornimento di armi e di munizioni”, CMRP a tutti i comandanti delle formazioni armate del CNL, 11.7.44 in AISRP, B AUT/mb 4 c
492 In AISRP, B AUT/mb 2 b
496 “Disciplina e riservatezza” EILN - Comando I settore cuneese Langhe, “Mauri”, 15.6.44, in AISRP, Fondo Bogliolo, B AUT/mb 4 b
497 “Pro-memoria”, EILN - Comando di Polizia al 1° GDA, 21.2.45, in AISRP, B AUT/mb 2 c
520 Mario Bogliolo, comandante della I divisione autonoma Langhe
521 “Relazione sui fatti d'arme dal 13 al 17 marzo nelle valli Casotto, Mongia e Tanaro”, Langhe, 9.4.44, “Mauri” in G. Perona (a cura di), Formazioni autonome, cit., doc. 2, p. 340 ; anche in AISRP, B 45 b
522 Ibidem
523 “Situazione attuale della forza dei distaccamenti” Comando 48ª Brigata Garibaldi all'intendenza della brigata, 30.11.44, in AISRP, C 14 fasc. d
766 Comunicazione del CLNRP e del CMRP al comandante “Mauri” del I° Settore Cuneese e delle Langhe, f.to “Martini”, “Ferrero”, 20.07.44 in AISRP, B 45 d
767 «Ho appreso che codesto Comando accampa diritti sulle zone Montezemolo-Priero, adducendo in proposito di aver preso accordi con me e col C.L.N. di Savona», “Precisazioni”, lettera di “Mauri” al Comando della 6^ brigata Garibaldi, 21.2.45 in AISRP, B AUT/mb 1 d
768 “Precisazioni”, lettera di “Mauri” al Comando della 6^ brigata Garibaldi, 21.2.45 in AISRP, B AUT/mb 1 d
769 “Zona Priero - Castelnuovo”, “Mauri” al comando I divisione Garibaldi “Bevilacqua”, 27.3.45 in AISRP, B AUT/mb 1 d
Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013