mercoledì 17 novembre 2021

Il Fascio di Londra nacque nel 1921 e contava circa mille emigrati


Questo intervento si inserisce nel solco delle esplorazioni storiografiche su aspetti diversi della diffusione o della ricezione del fascismo in Gran Bretagna. Si potrebbero citare gli studi di Roberta Suzzi Valli e di Claudia Baldoli che, guardando soprattutto alle politiche di massa del regime, hanno indagato sul sostegno di cui godeva Mussolini tra i membri della comunità di italiani radunati attorno al Fascio di Londra (e sul successivo allontanamento in prossimità dell’inizio dello scontro aperto tra Italia e Inghilterra del giugno del 1940). <3
Tra gli anni 1919 e 1922, l’ascesa al potere del leader fascista fu supportata non solo in patria, ma anche da parte di nazionalisti emigrati che avevano combattuto durante la prima guerra mondiale. Una conseguenza di questo stato di fatti fu la formazione, durante il biennio precedente alla marcia su Roma, di comunità di fascisti residenti all’estero, politicamente organizzati in Fasci italiani all’estero (Fasci). <4
Dal 1923 al 1927 i Fasci furono posti sotto l’egida del Partito Nazionale Fascista (PNF), passando dal 1928 fino al loro definitivo declino nel 1943 sotto quello del Ministero degli Affari Esteri (MAE). <5
Secondo nella formazione solo a quello di Lugano, in Svizzera, il Fascio di Londra nacque nel 1921 e contava circa mille emigrati. Dal XIX secolo gli italiani che vivevano nella capitale britannica erano in prevalenza impegnati nei settori della ristorazione e della vendita al dettaglio di gelati. Tra i loro profili impiegatizi va ricordato anche quello dell’asfaltatore; una figura che era sempre più richiesta in una metropoli in costante sviluppo. Tuttavia, durante gli anni Trenta, aumentò il numero di coloro che avevano un’attività commerciale propria, spesso nel campo della ristorazione o in quello alberghiero. <6
L’interesse per la propaganda in Gran Bretagna durante il ventennio va connesso da un lato all’attenzione del governo verso i Fasci nel paese, con particolare riguardo a quello londinese (come è stato messo in evidenza soprattutto da Baldoli); dall’altro, alla più ampia focalizzazione sul caso britannico e sugli orientamenti simpatetici nei confronti dell’Italia fascista rintracciati, da parte di studiosi come Aldo Berselli e Richard Bosworth, nel mondo dei conservatori inglesi e della stampa periodica locale. <7
Intersecando preesistenti filoni di indagine, questo articolo offre un contributo originale per il discorso della propaganda fascista d’oltremanica. Per conseguire tale risultato si concentra su quella d’élite, analizzando la diffusione della lingua italiana e la sua ricezione e strumentalizzazione politica all’interno dei poli universitari e di altri settori del mondo dell’alta cultura inglese. <8 Metodologicamente, questa ricerca fa leva sullo studio di una corposa e composita documentazione archivistica, proveniente soprattutto dal TNA di Londra, dall’ASMAE e, talvolta, dall’Archivio Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice (AFUS).
Utilizzando i risultati dedotti dall’analisi di queste fonti primarie e focalizzandosi sugli anni tra le due guerre, il presente contributo individua nelle cattedre, nei lettorati e nei dipartimenti di italianistica (noti come Italian Studies) un terreno utilizzato in ambito di propaganda da parte del fascismo ripercorrendone le più significative caratteristiche emerse in relazione al Regno Unito.
Simultaneamente, l’articolo esplora da un lato alcune delle dinamiche e dei protagonisti della propaganda; dall’altro, ne osserva sia l’organizzazione, gli obiettivi e il funzionamento che gli effettivi risultati conseguiti di fronte all’intellighenzia britannica.
Le strategie della propaganda
Alcuni documenti del TNA hanno consentito di osservare che, in un arco cronologico compreso tra l’inizio degli anni Venti e la metà dei Trenta, il Ministero degli Affari Esteri inglese (Foreign Office, FO) affrontò la necessità di accrescere e potenziare la propria azione di propagall’estero. Al centro dell’interesse dell’FO si poneva la strategica diffusione oltre i confini del Regno Unito della lingua e della cultura inglese (ovvero quelle iniziative esplicitamente definite dallo stesso come “propaganda culturale”). <9 Nel riflettere sulla propria posizione, l’FO improntò un confronto con le analoghe politiche intraprese dal resto dei principali paesi stranieri e si impegnò nella raccolta dettagliata di ogni informazione sull’attenzione da essi riservata nel favorire i rispettivi espansionismi culturali. Intorno alla metà degli anni Trenta, non sfuggì al ministero inglese l’attivismo nel settore manifestato dal governo fascista italiano, del quale evidenziò l’incremento in termini di sussidi investiti durante i bienni 1931–32 e 1933–34 rispetto a quelli del 1930. <10 Ulteriori registri dell’ASMAE hanno ampiamente confermato l’impegno
economico del fascismo in questo ambito. Ciò è dimostrato dal sovvenzionamento da Roma delle somme destinate alla vita degli Italian Studies in diverse città del Regno Unito. A Dublino, Bristol e Leeds, per esempio, tali sovvenzionamenti sfociarono nella fondazione ex novo di lettorati impegnati in tale soggetto di studio. <11 L’intervento economico era finalizzato a sopperire alla mancanza temporanea di fondi messi a disposizione dagli atenei locali ospitanti e ad assicurare continuità e normale svolgimento all’insegnamento dell’italianistica. Lo studio dei documenti del MAE conservati alla Farnesina, a Roma (presso la sede dell’attuale Ministero degli Esteri), indica con chiarezza che la forma di organizzazione istituzionale prevalente fu la lectureship.
Ciononostante, ci furono anche casi di chairs. Specificamente, tra la fine dell’Ottocento e il primo dopoguerra, c’erano cattedre di italiano alla University College London (UCL), Oxford, Cambridge e Birmingham (si tratta di cattedre che erano attive anche durante il periodo della dittatura in Italia). <12 Durante i primi anni Trenta, non mancarono neppure departments in cui lo studio dell’italiano si poneva come complementare a quello di altre lingue europee. Ciò si verificò a Cardiff dove, dal 1933, fu abbinato a quello del francese e della filologia romanza. <13
[...] Un altro elemento chiave della valenza propagandistica della diffusione dell’italiano in Gran Bretagna, è la fornitura di libri su temi politici fascisti per le sezioni italiane di biblioteche d’ateneo. Un significativo esempio proviene dalle università di Liverpool e Manchester e fu promosso attraverso l’invio da Roma di plichi di volumi sugli aspetti politici dell’Italia sui quali il governo intendeva insistere con una maggiore forza. <34 Sappiamo dagli elenchi di queste opere, conservati nel fondo AS, che nel 1937 furono fatte pervenire al Consolato di Liverpool, affinché fossero poi “smistate” in entrambi gli atenei, oltre duecentoventi pubblicazioni. I libri inviati per queste due università consentono di delineare i principali temi attorno ai quali fu orientata la propaganda durante la seconda metà degli anni Trenta. L’indice in cui furono elencati è attraversato da tre principali linee tematiche: la valorizzazione della campagna imperiale, lo Stato Corporativo e la figura di Benito Mussolini che, come avveniva in Italia durante la dittatura e nelle linee di propaganda indirizzate agli emigrati, veniva presentato con connotazioni che assunsero quelle di un vero e proprio “culto” e “mito.” <35
L’enfatizzazione della figura del dittatore in Gran Bretagna fu realizzata da un lato proponendo una (sin dal titolo ossimorica) "Storia di umili titani", dall’altro valorizzando le abilità nel combattimento di Mussolini aviatore. <36
La campagna imperiale venne spesso presentata in maniera istrionica, come dimostra il titolo di un volume fornito: "La guerra equatoriale". <37
Il tema della conquista dell’Impero non venne proposto solo attraverso la fornitura di libri (in lingua italiana o in traduzione), ma anche per mezzo di quello di materiale periodico: furono ben venti le copie del numero de Il Popolo d’Italia intitolato e dedicato all’Italia imperiale che, dalla volta della capitale, raggiunsero nel 1937 il Consolato di Liverpool. <38
Non meno lampante fu il peso attribuito allo Stato Corporativo, sul quale insistevano opere che si spostavano da riflessioni sviluppate dallo stesso duce su La Carta del Lavoro e su Lo Stato Corporativo, al suo resoconto de Le Corporazioni nel primo anno della loro applicazione. <39
I documenti dell’ASMAE indicano che la focalizzazione sul mondo dell’alta cultura inglese va motivata in buona parte dalla concezione della lingua italiana diffusa negli ambienti scolastici britannici.
[...] Al fianco di James Barnes, un altro sostenitore dell’Italia del ventennio legato ai settori dell’alta cultura inglese fu il direttore del BRI Harold Elsdale Goad. Due files ritrovati nel fondo War Office (WO) del TNA indicano che Goad aveva combattuto durante la prima guerra mondiale. <60 In particolare, nel febbraio del 1917, era stato nominato ufficiale di collegamento (liaison office) tra l’esercito italiano e quello inglese, per conto del quale aveva guadagnato il grado di capitano. <61 Fu probabilmente in seguito a questa esperienza che Goad iniziò a sviluppare sentimenti nazionalisti italiani che, con l’ascesa al potere di Mussolini e più compiutamente con lo sviluppo del corporativismo in Italia e della politica espansionistica del fascismo in Africa Orientale, si trasformarono in un più ampio supporto politico. <62 Goad faceva parte del centro di studi corporativisti legato al Royal Institute of International Affairs, che contava tra i suoi membri anche Barnes. <63 All’interno di questo circolo è possibile ascrivere la pubblicazione, durante il biennio 1931–33, di due opere che esaltavano il sistema corporativo, proponendone al contempo una trasposizione in Gran Bretagna: The Making of the Corporate State e The Working of a Corporate State. <64
Come è stato evidenziato da Dorril, questa personalità fu un importante punto di contatto tra l’Italia e il fascismo in Inghilterra. Tale collegamento fu reso possibile dalla collaborazione con i fascisti italiani a partire dal 1923, all’epoca in cui l’istituto elesse a propria la prestigiosa sede di Palazzo Antinori. <65
Baldoli ha documentato che molti ammiratori inglesi del corporativismo, tra cui Currey, Petrie e lo stesso Goad, appoggiarono la causa italiana lungo il corso della seconda metà degli anni Trenta, supportando le spinte per la proclamazione dell’Impero nel 1936. <66
L’analisi dei documenti rinvenuti a Londra ha permesso di dimostrare che il sostegno di Goad si fosse protratto fino agli anni Trenta. Infatti, una comunicazione inviata dall’Ambasciata britannica a Roma a Charles Bridge del British Council informa che la sua posizione divenne particolarmente scomoda agli occhi dei membri della colonia inglese di Firenze durante il biennio 1937–38.67 La difesa di Goad per l’annessione dell’Abissinia e per il suo riconoscimento nel seno della Società delle Nazioni rendeva intollerabili agli occhi degli inglesi residenti in Italia le aperte simpatie pro-italiane del direttore, che stavano mettendo a repentaglio la vera natura dell’istituto, conferendogli un’impronta troppo marcatamente filoitaliana. <68 Questo stato di fatti ha trovato conferma in una lettera inviata da Janet Trevelyan della British Italian League al medesimo Bridge, che rimarca esplicitamente il ruolo di propagandista svolo dal direttore del BRI nei confronti del regime, il suo sostegno dell’imperialismo fascista e la conseguente diffusione di un profondo malcontento tra i membri della colonia britannica all’altezza cronologica del 1938. <69
Altre fonti del TNA da me identificate indicano che il British Council, congiuntamente all’Ambasciata britannica a Roma e all’FO, era a conoscenza delle posizioni politiche di Goad e delle sue posizioni filoitaliane. <70 Tuttavia, molto probabilmente la sua presenza in Italia fu tollerata fino allo scoppio della guerra nel 1939 al fine di garantire stabilità al BRI dopo le sanzioni, alle quali si era accompagnato lo sviluppo di una violenta propaganda anti-British in Italia. <71
È indicativa di questa tendenza la discussa (ma alfine approvata) decisione dell’FO di consentire a Goad di essere intervistato dalla BBC sulla politica di Mussolini dei mesi gennaio-marzo 1938, relativa all’efficienza nazionale e alle libertà individuali. <72 Ciò doveva avvenire in una serie di conversazioni, non rintracciabile tra i records archivistici della stessa BBC, che si intitolava National Efficiency and Individual Liberty. <73
Come avvenne per Barnes, l’attrazione verso l’universalità del fascismo fu un tassello chiave anche per lo sviluppo in Inghilterra di idee che, pur mostrando istanze nazionaliste proitaliane, non è possibile ricollegare a un atteggiamento di sostegno politico. <74
Ciò risulta ben evidente dall’investigazione di un altro intellettuale britannico: Edmund Garratt Gardner. Tra il 1936 e il 1937, i suoi biografi furono concordi nel mettere in rilievo l’innamoramento di Gardner per l’Italia, duplicemente intesa come cultura e come nazione, e nel segnalare questa inclinazione come determinante per lo sviluppo di idee politiche filofasciste. <75
Ciononostante, il punto di vista dei contemporanei va ridimensionato e non ha, difatti, trovato riscontro tra le fonti del tempo.
Invece, a conferma dei suoi sentimenti nazionalisti, è stato possibile dedurre dalla bibliografia secondaria che Gardner fu coinvolto nell’originario programma gestionale del CINEF con sede a Londra. Nello specifico, Cuzzi ha documentato che il dantista fu contemplato all’interno del comitato del CINEF in seguito al suggerimento di un rinomato propagandista di Mussolini, Luigi Villari, a Hermann De Vries de Heekelingen. <76 Nel proporre il suo nome, Villari definì Gardner come una “personalità eminente nel mondo degli studi, realmente amico dell’Italia ed entusiasta del fascismo, che ha sempre difeso vigorosamente,” ma allo stesso tempo specificò che si tenne sempre lontano dalla vita politica. <77 La mancanza della sua esposizione risulta indirettamente comprovata anche da un testo dell’epoca, in cui si mette in rilievo che il supposto fervore di Gardner nei confronti dell’Italia contemporanea si esplicò soltanto per mezzo della sua attività accademica. <78
La propaganda fascista riuscì a raggiungere più compattamente i circoli cattolici in Gran Bretagna. Si trattò, tuttavia, in questo caso, di risultati solo parziali. Il loro sostegno non raggiunse mai il livello di un’esplicita adesione politica. Si cristallizzò, piuttosto, in posizioni italofile. È stato possibile individuare questo atteggiamento in primo luogo per l’impossibilità di definire delle tendenze ideologiche dichiaratamente fasciste, ma anche per la mancanza di un contributo offerto al regime in forma pubblica. All’interno di questi ambienti furono dati alle stampe dei volumi. Tuttavia, questi testi tesero, più che a esaltare il ruolo politico di Mussolini, a elogiare la Chiesa dell’epoca, con particolare riguardo alla figura del pontefice Pio XI. <79
L’avvicinamento tra cattolici inglesi e fascismo trovò il suo più fertile terreno d’incontro all’interno di motivazioni di matrice spirituale e dalla conseguente convergenza di credenze religiose comuni. Una particolare eco fu giocata dalla stipula dei Patti Lateranensi del 1929.
Egidio Crivellin ha messo in rilievo che i Patti del Laterano garantirono a Mussolini le simpatie di diverse cerchie legate al cattolicesimo di estrazione internazionale. <80 Secondo l’interpretazione dell’opinione pubblica cattolica straniera, la Conciliazione tra Stato laico e Santa Sede in Italia aveva segnato il trionfo di interessi più di natura religioso-spirituale che giuridico-temporale. Peraltro, l’agognato accordo si era presentato non soltanto in maniera “inaspettata, ma anche sotto la forma meno prevedibile, per mezzo di un accordo diretto tra le parti.” <81
La visione sviluppata all’estero nei confronti di questo evento storico, quasi rifletteva con fedeltà il pensiero del Vaticano, che veniva trasmesso e propagato per mezzo di giornali del calibro de L’osservatore romano e riviste rilevanti come La civiltà cattolica. <82
Pertanto, la benevolenza nei confronti del fascismo che si diffuse in Gran Bretagna non va considerata come un fenomeno a sé stante. Al contrario, va inquadrata all’interno di un ampio e generale apprezzamento della politica ecclesiastica italiana della fine degli anni Venti.
[NOTE]
3 Roberta Suzzi Valli, “Il Fascio italiano a Londra. L’attività politica di Camillo Pellizzi,” Storia Contemporanea 26, no. 6 (1995); Claudia Baldoli, Exporting Fascism. Italian Fascists and Britain’s Italians in the 1930s (Oxford: Berg, 2003).
4 Si veda sui Fasci almeno Emilio Gentile, “La politica estera del partito fascista. Ideologia e organizzazione dei Fasci italiani all’estero,” Storia contemporanea 26, n. 6 (1995); Nicola Labanca, “Politica e propaganda. Emigrazione e Fasci all’estero,” in Enzo Collotti, Fascismo e politica di potenza: politica estera, 1922-39 (Firenze: La Nuova Italia, 2000); Emilio Franzina e Matteo Sanfilippo (a cura di), Il fascismo e gli emigrati: la parabola dei Fasci italiani all’estero 1920–43 (Bari: Laterza, 2003); e Luca De Caprariis, “I Fasci italiani all’estero,” in Ibid.
5 Si vedano Gentile, “La politica estera del partito fascista,” 897-906 e 949-53; De Caprariis, “I Fasci italiani all’estero,” 3–25; e Labanca, “Politica e propaganda,” 142–52.
6 Si vedano Suzzi Valli, “Il Fascio italiano a Londra,” 957-59; introduzione a Baldoli, Exporting Fascism della stessa autrice, 1; Lucio Sponza, Italian Immigrants in Nineteenth Century Britain. Realities and Images (Leicester: Leicester University Press, 1988), 36–115; e Alessandro Forte, La Londra degli italiani. Dai Penny Ice alla City. Due secoli di emigrazione (Roma: Aliberti, 2012), 31–104.
7 Si vedano per il secondo orientamento storiografico indicato Richard Bosworth, “The British Press, the Conservatives, and Mussolini: 1920–34,” Journal of Contemporary History 5, no. 2 (1970) e Aldo Berselli, L’opinione pubblica inglese e l’avvento del fascismo 1919–25 (Milano: Angeli, 1971). Ulteriori riflessioni di Baldoli sulla parabola dei Fasci nel Regno Unito sono in Claudia Baldoli, “I Fasci in Gran Bretagna,” in Il fascismo e gli emigrati, 53–76.
8 Sulla centralità della diffusione universitaria della lingua e della cultura italiana oltremanica si vedano Tamara Colacicco, “Strade e volti della propaganda estera fascista: la diffusione dell’italiano in Gran Bretagna, 1921–40,” (Ph.D. dissertation, University of Reading, 2015) e Id., “L’emigrazione intellettuale italiana in Inghilterra: i docenti universitari di italianistica tra fascismo e antifascismo, 1921–39,” The Italianist 35, no. 1 (2015).
9 “Correspondence and Relative Papers Respecting Cultural Propaganda,” in TNA, FO 431/1, vol. I (1919 to 1935), “Memorandum on Facilities Provided by Other Countries for Foreign Students and Other Relevant Matters,” n. 5, [P 474/63/150]: 16–18.
10 “Memorandum on Facilities Provided by Other Countries for Foreign Students and Other Relevant Matters,” in TNA, FO 431/1: 16.
11 Si veda per l’istituzione di questi tre lettorati “Memorandum on Facilities Provided by Other Countries for Foreign Students and Other Relevant Matters.” A Bristol l’insegnamento dell’italiano era stato presente dalla fine
dell’Ottocento, ma fu poi sospeso a partire dal 1928, fino a quando sarà nuovamente inserito grazie al fascismo, sopravvivendo fino al 1934. Così testimoniano i documenti in ASMAE, AS 1929–35, b. 851 e “Relazione sui Lettorati d’italiano dipendenti dal R. Consolato in Cardiff,” in ASMAE, AS 1929–35, b. 858, f. Cardiff Università: Affari generali, 1933–36. Si veda per Leeds (dove il Lettorato di Italianistica fu istituito nel 1933 e sopravvisse fino all’entrata in guerra dell’Italia fascista), ASMAE, AS 1929–35, b. 851, f. Università Leeds, Dr Ungaro Adriano, 1932–33 e ASMAE, AS 1925–45, b. 36, II versamento. Si sottintende ora e sempre per questa b. di AS 1925–45, f. Leeds, Università, Lettorato, 1937–38 (l’ultimo f. citato comprende anche documenti del biennio 1939–40).
12 Si veda Éric Vincent, “Lo sviluppo degli studi italiani in Gran Bretagna durante il ‘900,” in Inghilterra e Italia nel 900. Atti del convegno di Bagni di Lucca: ottobre 1972 (Firenze: La Nuova Italia, 1973), 64.
13 Si veda ASMAE, AS 1925–45, b. 36, f. Cardiff: Università, Lettorato, Technical College, Corsi di italiano, 1937-38 per la forma dipartimentale adottata in questa città del Galles e l’abbinamento dell’italiano al francese e alla letteratura romanza.
34 Rulli al Consolato di Liverpool, tele espresso 843566 del 3 novembre 1937 con oggetto “Invio libri per i Corsi di Lingua e Letteratura italiana,” in ASMAE, AS 1925–45, b.36, f. Liverpool, Università, Lettorato, Corsi lingua, 1937–38.
35 Si veda almeno The Cult of the Duce. Mussolini and the Italians, a cura di Christopher Duggan, Stephen Gundle e Giuliana Pieri (Manchester: Manchester University Press, 2014), 27–224. Per l’enfatizzazione del “mito” di Mussolini tra gli emigrati si veda Pretelli, Il fascismo e gli emigrati, 61–5.
36 Si vedano Lorenzo Viani, Storie di umili titani (s.e.: Roma, 1934) e Guido Mattioli, Mussolini aviatore (Milano: Mondadori, 1942). L’indicazione dell’invio di questi volumi è in Rulli al Consolato di Liverpool, 3 novembre 1937.
37 Si veda Achille Benedetti, La guerra equatoriale con l’armata del maresciallo Graziani (Milano: Obertan Zucchi, 1937) menzionata nel documento cit. alla nota precedente come le opere segnalate alla nota n. 38.
38 Rulli al Consolato di Liverpool, 3 novembre 1937.
39 Si vedano Benito Mussolini, Lo Stato Corporativo (Firenze: Vallecchi, 1936) e Id., Le Corporazioni nel primo anno, pubblicazione a cura della Confederazione fascista dei Lavoratori dell’Industria (Roma: s. e., 1936). Le pubblicazioni sulla Carta del Lavoro inviate a Liverpool furono molteplici. Si potrebbe qui citare, sempre a firma del dittatore, Quattro discorsi sullo Stato Corporativo: con un’appendice contenente la Carta del Lavoro, i principali testi legislativi e alcuni cenni sull’ordinamento sindacale e corporativo (Roma: Laboremus, 1935).
60 TNA, WO 372/8/39350, War Office: Service Medal and Award Roll Index, First War World. Gibson A. Hannas J.M.M. Medal Card of Goad, Harold Elsdale. Corp Regiment No Rank Interpreter General Staff and Special List Captain e WO 339/59462, War Office, Officers’ Services, First World War, Long Number Papers (numerical). Officers Services (Including Civilian Dependants and Military Staff Appointments: Long Service Papers. Captain Harold Goad, General List).
61 Si veda “Casualty Form–Active Service” di Captain Harold God in Ibid.
62 Per le posizioni politiche di Goad nel 1923 si veda Dorril, Black Shirt, 199.
63 Ibid., 233–34.
64 Le opere a cui si fa riferimento sono le già citate Goad, The Making of the Corporate State e The Working of a Corporate State, quest’ultimo scritto con Muriel Currey.
66 Baldoli, Exporting Fascism, 102 e 180.
67 Si veda la comunicazione del 19 novembre 1937 a senza nome (s. n.) ma, come si evince dalla carta intestata dall’Ambasciata britannica a Roma, inviata da non identificabili personalità legate alla stessa Ambasciata a Charles Bridge (alla fine del documento dall’aggiunta di una nota autografa nel testo dattiloscritto, compare come destinatario anche il nome di Sir William McClure). Il documento è in TNA, BW 40/3, British Council: Registered Files, Italy. British Institute, Florence, 1937–38.
68 Ibid.
69 Si veda Trevelyan a Bridge, 16 gennaio 1938.
70 L’allusione è a TNA, BW 40/3, British Council: Registered Files, Italy. British Institute, Florence, 1937–38.
71 Sulla propaganda anti-inglese nell’Italia fascista si vedano Denis Mack Smith, “Anti–British Propaganda in Fascist Italy,” in Inghilterra e Italia nel ‘900, 87–117 e Baldoli, Exporting Fascism, 68–80.
72 Sul coinvolgimento di Goad in questa iniziativa della BBC si vedano almeno Bridge a Arthur Yenken (dall’Ambasciata britannica), 2 novembre 1937, in TNA, BW 40/3, British Council: Registered Files, Italy. British Institute, Florence, 1937-38; stesso emittente a Reginald Leeper (dal British Council), comunicazione del 4 ottobre 1937 e “Private and Confidential,” invito di R. Machonochie (BBC, nome di battesimo non identificabile) a Goad il 24 settembre 1937, entrambi in TNA, BW 40/3.
73 Si veda per il titolo della serie Bridge a Leeper, 4 ottobre 1937, in Ibid. Mi sto occupando, nel mio progetto postdoc intitolato British Cultural Diplomacy in Fascist Italy from Harold Goad to Ian Greenlees, 1922–46, di sondare ulteriormente le modalità attraverso cui Goad esplicò il suo sostegno politico all’Italia fascista e le sue collaborazioni con intellettuali e propagandisti sia inglesi che italiani. Una parte di questa ricerca punta ad arricchire le nostre odierne conoscenze sulla sua ideologia e sulla sua attività anche nell’anno successivo alla rimozione della direzione del BRI (una volta cioè, che nel 1940, l’Italia entrò in guerra contro la Gran Bretagna).
74 Si vedano Cesare Foligno, Edmund Garratt Gardner. From the Proceedings of the British Academy (Londra: Humphrey Milford, 1936), 4 e 13 e Mary Monica Gardner e Camillo Pellizzi, Edmund Garratt Gardner: 12 May 1869–27 July 1935. A Bibliography of His Publications, With Appreciations by C.J. Sisson and C. Foligno (Londra: Dent & Sons, 1937).
75 Cfr. Foligno, Edmund Garratt Gardner, 4 e 13–4; Pellizzi e Gardner, Edmund Garratt Gardner, 7.
76 Cuzzi, Antieuropa, 64.
77 Ibid.
78 Pellizzi e Gardner, Edmund Garratt Gardner, 7.
79 Tra questi volumi si vedano almeno Philip Hughes, Pope Pius the Eleventh; Lord Clonmore, Pope Pio XI and World Peace e Benedict Williamson, The Story of Pope Pius XI (Londra: Alexander–Ouseley, 1931). Per avere un’idea dell’ampia circolazione dell’opinione su Pio XI si consideri Wilkinson Sherren, Pope Pius XI for Children. A Biography (Londra: Burns, Oates & Co, 1936), che propone una diffusione pedagogica didattica congegnata per un pubblico di bambini.
80 Sul sostegno al fascismo a partire dai Patti Lateranensi, si vedano Enciclopedia Bompiani, 845 e Egidio Walter Crivellin, Cattolici francesi e fascismo italiano. La Vie Intellectuelle, 1928–39 (Milano: Angeli, 1984), 31.
81 Crivellin, Cattolici francesi e fascismo italiano, 31.
82 Ibid.
Tamara Colacicco, Il fascismo e gli Italian Studies in Gran Bretagna. Le strategie e i risultati della propaganda (1921-40), California Italian studies Volume 6, issue 2 (2016)  

Camillo Pellizzi e il fascismo in Gran Bretagna
Uno dei maggiori esempi di «fiduciari» nonché «pionieri» della diplomazia culturale fascista, potrebbe essere Camillo Pellizzi. La sua rilevante popolarità presso gli ambienti culturali e accademici britannici, il notevole rapporto di confidenza con gli organi diplomatici locali nonché la sua attività diretta presso la Dante di Londra e l’Istituto di Cultura Italiano della capitale britannica, stanno a dimostrarlo.
Già all’inizio degli anni venti, infatti, Pellizzi risultava amico di Janet Trevelyan, moglie del noto storico britannico George Macaulay Trevelyan.
Entrambi i coniugi appartenevano alla British-Italian League, un’associazione che annoverava tra i suoi iscritti personaggi come il visconte Burnham, Harry Levy-Lawson, Edmund Gardner, nonché Antonio Cippico e lo stesso Camillo Pellizzi. L’ente, fondato nel 1916 da George Trevelyan, era nato per migliorare i rapporti di amicizia tra l’Italia e il Regno Unito nel corso della Prima guerra mondiale. Soprattutto grazie a questi contatti, Pellizzi veniva spesso invitato a tenere conferenze presso diversi istituti culturali britannici, dalle associazioni come la Conservative Women’s Reform Association alle diverse sedi delle università inglesi come la Birmingham University. Qui Pellizzi poteva veicolare il «verbo» mussoliniano attraverso la cultura italiana e, nel contempo, migliorare i rapporti tra Italia e Gran Bretagna anche al di fuori dei canali diplomatici tradizionali.
Il processo di fascistizzazione della sda di Londra, invece, fu lungo e accidentato. Cominciò tra il 1921 e il 1922, ma si concluse a ridosso del 1929. In base agli studi di Tamara Colacicco e Roberta Suzzi Valli, la sua fondazione ufficiale risalirebbe al 1912 (Suzzi Valli, 1995, pp. 959-60). Il primo presidente onorario fu Antonio Cippico, un politico e intellettuale molto noto nel panorama culturale britannico. Intorno al 1919, tra i soci comparivano ancora personaggi autorevoli come Ernesto Nathan (in rappresentanza della lidu, Lega Italiana per i diritti umani), il già citato Cippico e la contessa Martinengo Cesaresco.
Il fascio di Londra, invece, era nato nel 1921 per iniziativa di Achille Bettini (Suzzi Valli, 1995, pp. 961-63).
Stando agli scritti di Pellizzi, però, nel 1925 il fascismo non risultava ancora popolare in Gran Bretagna. Esistevano poche informazioni ma le origini «plebee» di Mussolini sarebbero state potenzialmente utili per renderlo noto anche all’estero.
Dopo la Marcia su Roma, l’attenzione nei confronti del fascismo crebbe, soprattutto in quegli ambienti conservatori, liberali e laburisti particolarmente preoccupati a causa della presunta minaccia bolscevica di ispirazione sovietica (Pellizzi, 1925, pp. 170-71).
Il primo ministro britannico, Stanley Baldwin, aveva apprezzato l’ascesa al potere di Mussolini, ma si dimostrava ostile nei confronti dei gruppi fascisti locali come i British Fascists creati dalla signora Linton-Orman nel 1923 (Cuzzi, 2006, p. 22).
Il gruppo, così come i cosiddetti «British Fascisti» (bf), cavalcava l’onda dell’antisocialismo e, a seconda dei punti di vista, esso poteva essere considerato come un esempio di nazionalismo radicale oppure come il potenziale inizio del declino da un regime conservatore (ma liberale) a uno dispotico.
Sebbene non vi fossero chiari riferimenti alla xenofobia e al razzismo, serpeggiavano tra le maglie del gruppo i germi dell’antisemitismo basati sulla teoria della cospirazione.
Camillo Pellizzi scrisse che, nel 1925 i British Fascisti erano circa 150.000 membri, tra cui ex-soldati, ex-ufficiali, giovani di ambo i sessi provenienti dalla media e dall’alta borghesia (Pellizzi, 1925, pp. 170-71).
Li considerava, altresì, come un’imitazione scadente del fascismo italiano e, dunque, inadatti a un futuro progetto di fascismo internazionale (Cuzzi, 2006, pp. 30-33).
Diverso, invece, appariva il movimento di Oswald Mosley, ossia il British Union of Fascists (buf). Secondo gli studi di Salvatore Garau, infatti, l’organizzazione risultava divisa, al suo interno, tra sostenitori della linea fascista (all’italiana) e la crescente interpretazione nazionalsocialista di marca tedesca (Cuzzi, 2006, pp. 30-33).
Dopotutto, nemmeno l’ambiente intellettuale britannico era completamente immune dall’interesse nei confronti del fascismo italiano. Luigi Villari, ad esempio, definiva Edmund Garratt Gardner (storico e italianista) come un buon amico dell’Italia e del fascismo (Cuzzi, 2006, p. 64).
Inoltre, dal 1929, lo stesso Camillo Pellizzi, che aveva ottimi rapporti proprio con Gardner, risultava attivo anche presso l’Istituto di Cultura Italiana di Londra (Collotti, 2000, pp. 152-62).
Successivamente, nel corso degli anni trenta, Pellizzi si mise alla guida della sda di Londra, diventando così «ambasciatore» della cultura italiana all’estero. Pellizzi ebbe probabilmente il merito di sanare o, comunque, di neutralizzare alcuni tra i vari conflitti nati all’interno dell’ambiente diplomatico e culturale italiano. La sda di Londra, grazie all’intermediazione di Pellizzi, tornò a essere un efficace strumento di diffusione della cosiddetta «italianità» in Gran Bretagna. La sua nuova immagine si discostava dal grezzo e aggressivo squadrismo tipico dei fie e si inseriva, abbastanza agevolmente, in diversi ambienti accademici pur non prescidendo dalle direttive del regime.
Lo scenario, tuttavia, cambiò sensibilmente a partire dal 1935 a causa della guerra d’Etiopia e delle conseguenti sanzioni. Il rapporto italo-britannico, incrinatosi per motivi di carattere politico, peggiorò anche in termini culturali. Sino a quel momento, infatti, la sede centrale della sda aveva elargito al comitato di Londra la somma cospicua di 25.000 lire annue. Ma quando fu evidente che ogni risorsa economica sarebbe stata investita nella crescente propaganda antibritannica, il finanziamento destinato al comitato londinese venne sospeso. Un simile provvedimento, tuttavia, non trovava piena giustificazione nella mancanza di fondi a causa dello sforzo bellico, bensì nella precisa intenzione di boicottare la Gran Bretagna anche dal punto di vista culturale. Infatti, quando nel giugno del 1936 Galeazzo Ciano divenne ministro degli esteri, favorì la nascita di nuovi enti culturali all’estero incrementando notevolmente gli stanziamenti economici in loro favore (Medici, 2009, p. 20) [...]
Fabio Ferrarini (Università degli Studi di Milano), Il «peccato originale» della diplomazia culturale italiana (1889-1943), Altreitalie luglio-dicembre 2017

Nell'imponente palazzo all'angolo di Trafalgar Square che fu la sede del Partito fascista italiano in Inghilterra è stata inaugurata la mostra organizzata dall'Anpi di Londra “Mussolini's Folly, farsa e tragedia nella Little Italy” che documenta la nascita di un ambizioso e stravagante passo del regime fascista nel cuore della capitale inglese, a dieci minuti a piedi da Downing Street.
La mostra parte dal 1921 quando venne fondato il “fascio primogenito all'estero” nella capitale inglese e racconta la storia della Little Italy nel Regno Unito durante il Ventennio controllata da un ben organizzato partito fascista che aveva annesso scuole, centri sociali e sindacati tra la comunità italiana impiantando oltre una dozzina di sedi in città attraverso il Regno Unito, incluse Cardiff, Manchester, Liverpool, Glasgow, Belfast e Edimburgo. C'erano un Campo Mussolini nel Kent e manifestazioni col saluto fascista nello stadio di Edgware a Londra in presenza di personalità come Edda Ciano e Guglielmo Marconi.
“Tra gli oltre 700 fasci all'estero, quello di Londra era ritenuto il più importante dal regime” spiega Alfio Bernabei, giornalista e autore che ha curato la mostra, “fu nel 1936 che sotto la spinta dell'allora ambasciatore a Londra, Dino Grandi, venne firmato il contratto d'affitto del palazzo pagato con soldi venuti da Roma e fondi raccolti tra i ventimila italiani che formavano la Little Italy.” [...]
Redazione, Mostra Anpi a Londra: “Mussolini's Folly, farsa e tragedia nella Little Italy”, ANPI, 27 novembre 2015