La nascita del fenomeno dei movimenti ultras in Italia si deve datare alla fine degli anni Sessanta: il primo gruppo avente tali caratteristiche è la Fossa dei Leoni milanista, che si forma nel 1968; il primo nucleo ad utilizzare invece questo nome è quello degli Ultras Tito Cucchiaroni, tifosi sampdoriani che si compattano sotto questa sigla nel 1969; <5 è però opportuno segnalare che sarebbe errato credere che è a partire da questi anni che si verificano episodi di violenza attorno a una partita di calcio.
In Italia, fatti simili si sono verificati fin dagli anni Venti (il primo morto in uno stadio è il viareggino Augusto Morganti, durante il match tra la squadra della città versiliese e la Lucchese, il 2 maggio 1920). <6 Sempre durante quel decennio, si registrano dei pesanti tafferugli, oltre all’esplosione di alcuni colpi di pistola, presso la stazione di Torino Porta Nuova tra le tifoserie del Genoa e del Bologna, nel 1925, in occasione della finale per l’assegnazione dello scudetto, <7 giacché in quegli anni il campionato non è ancora a girone unico, come sarà decretato a partire dal 1929. Come scrive Valerio Marchi nel saggio Italia 1900-1990: dal supporter all’ultrà, contenuto in Ultrà, "oltre alla violenza, è il fenomeno del tifo calcistico nel suo insieme a caratterizzare questo periodo: proseguendo nel trend d’anteguerra, il tifo si trasforma sempre più da fenomeno privato a evento pubblico, e le prime carovane di supporters a seguito della squadra iniziano a trasformarsi in quelle trasferte più o meno di massa che si registrano già da decenni in Gran Bretagna". <8
L’8 dicembre 1929, presso il campo della Rondinella, sito nei pressi dell’attuale Flaminio, si disputa il primo derby tra e la Società Sportiva Lazio e l’Associazione Sportiva Roma, nata due anni prima dalla fusione di tre società calcistiche precedenti, ossia l’Alba-Audace, la Fortitudo-Pro Roma e il Foot Ball Club di Roma, meglio noto col nome di Roman: <9 il risultato finale è di 0 a 1 in favore dei giallorossi. I dirigenti della Lazio, in preparazione al match, decidono di portare la squadra in ritiro fuori dalla città, ai Castelli, perché i giocatori non siano disturbati «dall’atmosfera caldissima che si respirava nella capitale». <10 Le autorità fasciste avevano inoltre deciso di schierare seicento tra poliziotti, carabinieri e volontari della milizia; <11 la Roma, secondo uno schema che è stato valido per diversi anni ma che ormai oggi appare decisamente superato, è all’epoca la squadra tifata nelle borgate e dal popolino, il che fa sì che, nonostante si giochi in casa della compagine biancoceleste, le cronache riportano che il pubblico presente è in gran parte di fede romanista, dato che i tifosi laziali, di estrazione decisamente più borghese, decidono di tenersi lontano dal proprio stadio. <12 In quell’occasione il clima si mantiene sostanzialmente tranquillo, ma già per il derby che si gioca il 24 maggio 1931 presso lo stadio Nazionale (poi demolito nel 1957 per far posto al Flaminio) La Gazzetta dello Sport del giorno successivo così scrive: "l’arbitro ha appena fischiato la fine che vediamo giocatori laziali e romanisti alle prese; accorrono dirigenti a separarli e accorre anche la folla che stazionava sulla pista; la confusione è grande e ad accrescerla sopravviene l’invasione di campo da parte del pubblico. La forza pubblica ha un gran da fare per sgomberare il terreno di gioco e vi riesce solo dopo molti stenti e senza aver potuto impedire molte colluttazioni non precisamente verbali". <13
Anche la stracittadina del 21 febbraio 1937 è caratterizzata da scontri piuttosto pesanti tra gli stessi giocatori e, successivamente, tra i tifosi, con la polizia che incontra non poche difficoltà a ristabilire l’ordine. <14
Molto interessante appare infine un fondo anonimo databile alla metà degli anni Trenta, secondo il quale "nella grande, entusiasta, educata, sportivissima massa di tifosi che segue la Roma si sia da qualche tempo infiltrata una minoranza tumultuosa di mascalzoni, che macchiano con il loro contegno teppistico il buon nome della gloriosa società romana. Crediamo perciò di gettare un buon seme rivolgendosi ai dirigenti della Roma, invitandoli a intervenire con energia per una eliminazione severa dalle scale del Testaccio degli elementi indesiderabili. Essi sono pochi, sempre gli stessi, e con molta facilità individuabili; una minoranza fuori dalla legge che sbava solo livori e provocazioni. Testaccio [lo stadio dove la Roma gioca in quegli anni, collocato nell’omonimo quartiere, ndr] deve essere ripulito presto. Non sarà difficile, volendo". <15
Insomma, già agli albori della storia dello sport più popolare del nostro paese c’è chi propone per i tifosi più esagitati una sorta di D.A.Spo. ante litteram.
Anche nel periodo dopo la seconda guerra mondiale le partite sono spesso disturbate da episodi di violenza: ma si tratta, nell’ampia maggioranza dei casi, di situazioni legate all’andamento della partita, in particolare a decisioni dubbie da parte dell’arbitro, mentre hanno un netto calo gli episodi di tafferugli verificatisi tra tifoserie rivali. Il turbolento decennio degli anni Cinquanta è pieno di episodi che confermano ciò, <16 ed è proprio la dubbia direzione di gara da parte di un fischietto a causare, pur se indirettamente, la seconda vittima registrata in Italia su un campo di calcio.
Il 28 aprile 1963, giorno cruciale per la storia del nostro paese visto che si tengono le elezioni politiche da cui scaturirà, con l’ingresso del PSI, il primo governo di centrosinistra, presso lo stadio Donato Vestuti di Salerno è in programma la partita tra la Salernitana e il Potenza, valevole per la quint’ultima giornata del girone meridionale della Serie C, di importanza cruciale per entrambe le squadre: per sperare nella promozione in Serie B, raggiungibile solo tramite il primo posto nel girone, alla squadra campana non serve altro risultato all’infuori della vittoria, mentre il Potenza capolista, poi vincitore finale del campionato, può anche accontentarsi di un pareggio. Come ricorda l’arbitro Gandiolo in una dichiarazione del 2001, «andava tutto per il verso giusto, la partita scorreva tranquillamente quando, all’improvviso, successe davvero il finimondo». <17
Gli animi si scaldano in seguito alla rete del Potenza al 42° minuto del primo tempo, viziata secondo i giocatori e la tifoseria della squadra di Salerno da una netta posizione di fuorigioco; alla fine la marcatura viene però convalidata. A 10 minuti dalla fine del match, sul punteggio ancora di 0 a 1, non è assegnato quello che al pubblico appare come un netto calcio di rigore in favore della Salernitana. Vi sono un paio di invasioni di campo isolate, alla seconda delle quali la reazione da parte della polizia è veemente, accanendosi con rabbia sul tifoso che aveva scavalcato le recinzioni del Vestuti arrivando in campo. Citando Cuori tifosi di Maurizio Martucci, «il malcapitato non oppone resistenza, ma, seppur ferito, riesce a divincolarsi dai poliziotti, dirigendosi verso la tribuna, dove chiede aiuto alla folla, con ampi gesti, per liberarsi dal blocco delle forze dell’ordine. In cambio, nuove manganellate». <18
Di fronte a questo nuovo sopruso da parte della celere, la reazione del pubblico diviene veemente: in risposta a ciò, la polizia utilizza dei candelotti lacrimogeni, dopo i quali vengono sparati alcuni colpi di pistola in aria, uno dei quali colpisce il quarantottenne Giuseppe Plaitano, ex ufficiale della Marina in pensione, seduto in tribuna in compagnia del figlio Umberto, che così racconta quei tragici momenti: «[mio padre, ndr] venne mortalmente colpito alla tempia, nell’encefalo sinistro, una parte del cranio non protetta, dove non c’è cartilagine, nemmeno una vertebra. Il colpo fu sparato in aria. Certamente non per uccidere, ma il caso volle che mio padre morì. Morì immediatamente». <19
Il decesso del tifoso salernitano, cui è stato dedicato nel 1978 uno dei primi gruppi ultras al seguito della squadra campana, <20 è seguito da un vespaio di polemiche: i giornali e i periodici, naturalmente condizionati dall’orientamento politico di cui sono espressione, commentano con toni molto diversi quell’episodio. Masullo, il corrispondente de l’Unità, l’organo ufficiale del PCI, così scrive nell’edizione del 29 aprile 1963, in un articolo dal titolo “Si chiede la punizione dei responsabili”: "l’esito, le fasi della partita, i presunti errori arbitrali, sono completamente estranei alle discussioni che si svolgono animate in tutta la città. Non si discute che delle violenze della Celere, dei caroselli cui essa si è abbandonata, delle decine di circostanze che aggravano e sottolineano queste manifestazioni poliziesche. Pare che, iniziato il lancio dei lacrimogeni, i cancelli non siano stati aperti al pubblico, che, disperatamente, cercava una via di scampo. Corre anche voce che i carabinieri si siano astenuti dall’aprire il fuoco, malgrado i ripetuti incitamenti che, si dice, sarebbero stati loro rivolti". <21
L’articolo prosegue sottolineando che i deputati comunisti Pietro Amendola e Feliciano Granati, quest’ultimo originario della provincia di Salerno, <22 avevano inviato un telegramma di protesta al Presidente del Consiglio, al Ministero degli Interni e al Prefetto di Salerno.
La Stampa del 29 aprile 1963, invece, sotto al titolo centrale sulle elezioni, di cui sottolinea l’alta affluenza alle urne, scrive in prima pagina di «tifosi scatenati a Salerno e a Napoli» <23 [erano avvenuti dei gravi disordini anche nel capoluogo partenopeo, anch’essi causati da dubbie decisioni arbitrali, ndr]. Risulta chiaro lo spostamento delle responsabilità, che, mentre dal quotidiano comunista appare sulle spalle forze dell’ordine, per l’organo torinese, di proprietà allora come oggi della FIAT, sembra invece nettamente a carico dei tifosi. Alla morte del povero Plaitano, inoltre, viene dedicato solo il sottotitolo, che parla di «un morto e 200 feriti», <24 sommando gli episodi verificatisi nelle due città campane.
Ho voluto dedicare ampio spazio a questo fatto di cronaca, che dal punto di vista giudiziario si risolverà con un nulla di fatto, <25 per dimostrare come di calcio si muoia già prima dell’avvento dei gruppi ultras, e di quanto esso, nel nostro paese, sia già allora un fenomeno sociale avente delle pesanti ripercussioni che vanno ben oltre la cronaca sportiva di ciò di cui si rendono protagonisti i ventidue giocatori in campo.
[NOTE]
5 Cfr. Marchi, Ultrà, cit., p. 218. Il saggio citato è in realtà scritto da Fabio Bruno, dal titolo Storia del movimento ultrà in Italia.
6 Cfr. Maurizio Martucci, Cuori tifosi. Quando il calcio uccide: i morti dimenticati degli stadi italiani, Sperling & Kupfer, Milano, 2010, pp. 1-11.
7 Cfr. Marchi, Ultrà, cit., p. 163
8 Ibidem.
9 Cfr. http://www.asroma.com/it/club/storia, ultimo accesso il 29/10/2016
10 Cfr. Marco Impiglia, Il campo Testaccio, Riccardo Viola editore, Roma, 1996, p. 53, citato da Valerio Marchi, Il derby del bambino morto. Violenza e ordine pubblico nel calcio, DeriveApprodi, Roma, 2005, p. 6.
11 Ibidem.
12 Ibidem
13 Ibidem.
14 Ivi, p. 8.
15 Ivi, pp. 7-8.
16 Un elenco si può trovare in Marchi, Ultrà, cit., a p. 167.
17 Cfr. Martucci, Cuori tifosi, cit., p. 23.
18 Ivi, p. 24.
19 Ivi, p. 28.
20 Ci si riferisce agli Ultras Plaitano (1978), citati in ivi, p. 33.
21 Cfr. http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1963_04/19630430_0010.pdf&query=plaitano, ultimo accesso il 21/10/2016.
22 Cfr. http://storia.camera.it/deputato/feliciano-granati-19220426, ultimo accesso il 21/10/2016.
23 Cfr. http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,avanzata/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0091_02_1963_0100A_0001_24681866/, ultimo accesso il 21/10/2016.
24 Ibidem.
25 Cfr. Martucci, Cuori tifosi, cit., pp. 32-33.
Umberto Resta, Il rapporto tra controcultura ultrà e sinistra. Il caso di Roma sotto le giunte guidate dal PCI, Tesi di laurea, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Anno Accademico 2015/2016
In Italia, fatti simili si sono verificati fin dagli anni Venti (il primo morto in uno stadio è il viareggino Augusto Morganti, durante il match tra la squadra della città versiliese e la Lucchese, il 2 maggio 1920). <6 Sempre durante quel decennio, si registrano dei pesanti tafferugli, oltre all’esplosione di alcuni colpi di pistola, presso la stazione di Torino Porta Nuova tra le tifoserie del Genoa e del Bologna, nel 1925, in occasione della finale per l’assegnazione dello scudetto, <7 giacché in quegli anni il campionato non è ancora a girone unico, come sarà decretato a partire dal 1929. Come scrive Valerio Marchi nel saggio Italia 1900-1990: dal supporter all’ultrà, contenuto in Ultrà, "oltre alla violenza, è il fenomeno del tifo calcistico nel suo insieme a caratterizzare questo periodo: proseguendo nel trend d’anteguerra, il tifo si trasforma sempre più da fenomeno privato a evento pubblico, e le prime carovane di supporters a seguito della squadra iniziano a trasformarsi in quelle trasferte più o meno di massa che si registrano già da decenni in Gran Bretagna". <8
L’8 dicembre 1929, presso il campo della Rondinella, sito nei pressi dell’attuale Flaminio, si disputa il primo derby tra e la Società Sportiva Lazio e l’Associazione Sportiva Roma, nata due anni prima dalla fusione di tre società calcistiche precedenti, ossia l’Alba-Audace, la Fortitudo-Pro Roma e il Foot Ball Club di Roma, meglio noto col nome di Roman: <9 il risultato finale è di 0 a 1 in favore dei giallorossi. I dirigenti della Lazio, in preparazione al match, decidono di portare la squadra in ritiro fuori dalla città, ai Castelli, perché i giocatori non siano disturbati «dall’atmosfera caldissima che si respirava nella capitale». <10 Le autorità fasciste avevano inoltre deciso di schierare seicento tra poliziotti, carabinieri e volontari della milizia; <11 la Roma, secondo uno schema che è stato valido per diversi anni ma che ormai oggi appare decisamente superato, è all’epoca la squadra tifata nelle borgate e dal popolino, il che fa sì che, nonostante si giochi in casa della compagine biancoceleste, le cronache riportano che il pubblico presente è in gran parte di fede romanista, dato che i tifosi laziali, di estrazione decisamente più borghese, decidono di tenersi lontano dal proprio stadio. <12 In quell’occasione il clima si mantiene sostanzialmente tranquillo, ma già per il derby che si gioca il 24 maggio 1931 presso lo stadio Nazionale (poi demolito nel 1957 per far posto al Flaminio) La Gazzetta dello Sport del giorno successivo così scrive: "l’arbitro ha appena fischiato la fine che vediamo giocatori laziali e romanisti alle prese; accorrono dirigenti a separarli e accorre anche la folla che stazionava sulla pista; la confusione è grande e ad accrescerla sopravviene l’invasione di campo da parte del pubblico. La forza pubblica ha un gran da fare per sgomberare il terreno di gioco e vi riesce solo dopo molti stenti e senza aver potuto impedire molte colluttazioni non precisamente verbali". <13
Anche la stracittadina del 21 febbraio 1937 è caratterizzata da scontri piuttosto pesanti tra gli stessi giocatori e, successivamente, tra i tifosi, con la polizia che incontra non poche difficoltà a ristabilire l’ordine. <14
Molto interessante appare infine un fondo anonimo databile alla metà degli anni Trenta, secondo il quale "nella grande, entusiasta, educata, sportivissima massa di tifosi che segue la Roma si sia da qualche tempo infiltrata una minoranza tumultuosa di mascalzoni, che macchiano con il loro contegno teppistico il buon nome della gloriosa società romana. Crediamo perciò di gettare un buon seme rivolgendosi ai dirigenti della Roma, invitandoli a intervenire con energia per una eliminazione severa dalle scale del Testaccio degli elementi indesiderabili. Essi sono pochi, sempre gli stessi, e con molta facilità individuabili; una minoranza fuori dalla legge che sbava solo livori e provocazioni. Testaccio [lo stadio dove la Roma gioca in quegli anni, collocato nell’omonimo quartiere, ndr] deve essere ripulito presto. Non sarà difficile, volendo". <15
Insomma, già agli albori della storia dello sport più popolare del nostro paese c’è chi propone per i tifosi più esagitati una sorta di D.A.Spo. ante litteram.
Anche nel periodo dopo la seconda guerra mondiale le partite sono spesso disturbate da episodi di violenza: ma si tratta, nell’ampia maggioranza dei casi, di situazioni legate all’andamento della partita, in particolare a decisioni dubbie da parte dell’arbitro, mentre hanno un netto calo gli episodi di tafferugli verificatisi tra tifoserie rivali. Il turbolento decennio degli anni Cinquanta è pieno di episodi che confermano ciò, <16 ed è proprio la dubbia direzione di gara da parte di un fischietto a causare, pur se indirettamente, la seconda vittima registrata in Italia su un campo di calcio.
Il 28 aprile 1963, giorno cruciale per la storia del nostro paese visto che si tengono le elezioni politiche da cui scaturirà, con l’ingresso del PSI, il primo governo di centrosinistra, presso lo stadio Donato Vestuti di Salerno è in programma la partita tra la Salernitana e il Potenza, valevole per la quint’ultima giornata del girone meridionale della Serie C, di importanza cruciale per entrambe le squadre: per sperare nella promozione in Serie B, raggiungibile solo tramite il primo posto nel girone, alla squadra campana non serve altro risultato all’infuori della vittoria, mentre il Potenza capolista, poi vincitore finale del campionato, può anche accontentarsi di un pareggio. Come ricorda l’arbitro Gandiolo in una dichiarazione del 2001, «andava tutto per il verso giusto, la partita scorreva tranquillamente quando, all’improvviso, successe davvero il finimondo». <17
Gli animi si scaldano in seguito alla rete del Potenza al 42° minuto del primo tempo, viziata secondo i giocatori e la tifoseria della squadra di Salerno da una netta posizione di fuorigioco; alla fine la marcatura viene però convalidata. A 10 minuti dalla fine del match, sul punteggio ancora di 0 a 1, non è assegnato quello che al pubblico appare come un netto calcio di rigore in favore della Salernitana. Vi sono un paio di invasioni di campo isolate, alla seconda delle quali la reazione da parte della polizia è veemente, accanendosi con rabbia sul tifoso che aveva scavalcato le recinzioni del Vestuti arrivando in campo. Citando Cuori tifosi di Maurizio Martucci, «il malcapitato non oppone resistenza, ma, seppur ferito, riesce a divincolarsi dai poliziotti, dirigendosi verso la tribuna, dove chiede aiuto alla folla, con ampi gesti, per liberarsi dal blocco delle forze dell’ordine. In cambio, nuove manganellate». <18
Di fronte a questo nuovo sopruso da parte della celere, la reazione del pubblico diviene veemente: in risposta a ciò, la polizia utilizza dei candelotti lacrimogeni, dopo i quali vengono sparati alcuni colpi di pistola in aria, uno dei quali colpisce il quarantottenne Giuseppe Plaitano, ex ufficiale della Marina in pensione, seduto in tribuna in compagnia del figlio Umberto, che così racconta quei tragici momenti: «[mio padre, ndr] venne mortalmente colpito alla tempia, nell’encefalo sinistro, una parte del cranio non protetta, dove non c’è cartilagine, nemmeno una vertebra. Il colpo fu sparato in aria. Certamente non per uccidere, ma il caso volle che mio padre morì. Morì immediatamente». <19
Il decesso del tifoso salernitano, cui è stato dedicato nel 1978 uno dei primi gruppi ultras al seguito della squadra campana, <20 è seguito da un vespaio di polemiche: i giornali e i periodici, naturalmente condizionati dall’orientamento politico di cui sono espressione, commentano con toni molto diversi quell’episodio. Masullo, il corrispondente de l’Unità, l’organo ufficiale del PCI, così scrive nell’edizione del 29 aprile 1963, in un articolo dal titolo “Si chiede la punizione dei responsabili”: "l’esito, le fasi della partita, i presunti errori arbitrali, sono completamente estranei alle discussioni che si svolgono animate in tutta la città. Non si discute che delle violenze della Celere, dei caroselli cui essa si è abbandonata, delle decine di circostanze che aggravano e sottolineano queste manifestazioni poliziesche. Pare che, iniziato il lancio dei lacrimogeni, i cancelli non siano stati aperti al pubblico, che, disperatamente, cercava una via di scampo. Corre anche voce che i carabinieri si siano astenuti dall’aprire il fuoco, malgrado i ripetuti incitamenti che, si dice, sarebbero stati loro rivolti". <21
L’articolo prosegue sottolineando che i deputati comunisti Pietro Amendola e Feliciano Granati, quest’ultimo originario della provincia di Salerno, <22 avevano inviato un telegramma di protesta al Presidente del Consiglio, al Ministero degli Interni e al Prefetto di Salerno.
La Stampa del 29 aprile 1963, invece, sotto al titolo centrale sulle elezioni, di cui sottolinea l’alta affluenza alle urne, scrive in prima pagina di «tifosi scatenati a Salerno e a Napoli» <23 [erano avvenuti dei gravi disordini anche nel capoluogo partenopeo, anch’essi causati da dubbie decisioni arbitrali, ndr]. Risulta chiaro lo spostamento delle responsabilità, che, mentre dal quotidiano comunista appare sulle spalle forze dell’ordine, per l’organo torinese, di proprietà allora come oggi della FIAT, sembra invece nettamente a carico dei tifosi. Alla morte del povero Plaitano, inoltre, viene dedicato solo il sottotitolo, che parla di «un morto e 200 feriti», <24 sommando gli episodi verificatisi nelle due città campane.
Ho voluto dedicare ampio spazio a questo fatto di cronaca, che dal punto di vista giudiziario si risolverà con un nulla di fatto, <25 per dimostrare come di calcio si muoia già prima dell’avvento dei gruppi ultras, e di quanto esso, nel nostro paese, sia già allora un fenomeno sociale avente delle pesanti ripercussioni che vanno ben oltre la cronaca sportiva di ciò di cui si rendono protagonisti i ventidue giocatori in campo.
[NOTE]
5 Cfr. Marchi, Ultrà, cit., p. 218. Il saggio citato è in realtà scritto da Fabio Bruno, dal titolo Storia del movimento ultrà in Italia.
6 Cfr. Maurizio Martucci, Cuori tifosi. Quando il calcio uccide: i morti dimenticati degli stadi italiani, Sperling & Kupfer, Milano, 2010, pp. 1-11.
7 Cfr. Marchi, Ultrà, cit., p. 163
8 Ibidem.
9 Cfr. http://www.asroma.com/it/club/storia, ultimo accesso il 29/10/2016
10 Cfr. Marco Impiglia, Il campo Testaccio, Riccardo Viola editore, Roma, 1996, p. 53, citato da Valerio Marchi, Il derby del bambino morto. Violenza e ordine pubblico nel calcio, DeriveApprodi, Roma, 2005, p. 6.
11 Ibidem.
12 Ibidem
13 Ibidem.
14 Ivi, p. 8.
15 Ivi, pp. 7-8.
16 Un elenco si può trovare in Marchi, Ultrà, cit., a p. 167.
17 Cfr. Martucci, Cuori tifosi, cit., p. 23.
18 Ivi, p. 24.
19 Ivi, p. 28.
20 Ci si riferisce agli Ultras Plaitano (1978), citati in ivi, p. 33.
21 Cfr. http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1963_04/19630430_0010.pdf&query=plaitano, ultimo accesso il 21/10/2016.
22 Cfr. http://storia.camera.it/deputato/feliciano-granati-19220426, ultimo accesso il 21/10/2016.
23 Cfr. http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,avanzata/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0091_02_1963_0100A_0001_24681866/, ultimo accesso il 21/10/2016.
24 Ibidem.
25 Cfr. Martucci, Cuori tifosi, cit., pp. 32-33.
Umberto Resta, Il rapporto tra controcultura ultrà e sinistra. Il caso di Roma sotto le giunte guidate dal PCI, Tesi di laurea, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Anno Accademico 2015/2016