La storiografia del fenomeno dell’irredentismo annovera una letteratura novecentesca straboccante di studi e pubblicazioni, orientata, almeno fino agli anni Settanta, verso una prospettiva nazionalista, erede delle posizioni liberalnazionali che avevano caratterizzato le istituzioni protagoniste della cosiddetta ‘redenzione’ di Trieste e delle terre ‘italiane’ della monarchia austro-ungarica. <349
Alla lotta per l’autonomia della città presiedeva il Municipio che, attraverso il finanziamento di associazioni e scuole, sosteneva i baluardi del dissenso italiano con il governo austriaco, mentre gli slavi contrapponevano un proprio autonomismo, ma fedele alla Corona. La borghesia triestina liberal-nazionale era in stretto contatto con la massoneria d’Italia, in particolare di Milano, alla quale facevano diretto riferimento gli esponenti del Circolo Garibaldi di Trieste e della Società Dante Alighieri. <350
Era guidata da Felice Venezian e capeggiata da facoltosi imprenditori che, fino al 1914, con l’emporio avevano maturato i propri patrimoni ed erano entrati, oltre che negli organismi industriali e bancari austriaci, anche nella direzione dei maggiori teatri e associazioni culturali: tra coloro che occupavano i posti più prestigiosi, e di appartenenza linguistica italiana, vi erano il futuro senatore commendatore Salvatore Segrè, il barone Rosario Currò, il barone Enrico Paolo Salem, l’avvocato Aristide Costellos, tutti di tendenze nazionaliste. <351
Rosario Currò figurava nei direttivi del Teatro comunale Giuseppe Verdi e del politeama Rossetti, <352 il commendator Segrè tra i direttori della Società Filarmonico-Drammatica e del Circolo Artistico Triestino, oltre che cassiere del teatro Verdi; Salem era presidente del politeama Rossetti. <353 I tre siedevano anche nel consiglio di amministrazione delle Assicurazioni generali, la compagnia che, per statuto, manteneva a Venezia una sede della sua duale attività, in adesione al programma della grande imprenditoria veneta di penetrazione economica in Oriente attraverso la penisola balcanica.354 Parallelamente, con sempre minori punti di contatto con la prima, viveva una corrente minoritaria irredentista di ispirazione mazziniana, a cui guardava invece la piccola borghesia, costituita da imprenditori, commercianti e artigiani: ed era questa l’appartenenza socio-economica dei proprietari e degli impresari del mondo cinematografico e teatrale di nuovo conio. <355
Giovanni Sabbatucci già negli anni Settanta faceva luce sulla distinzione tra irredentismo e nazionalismo, riassumibile nelle nostalgie garibaldine dell’intellettualità piccolo-borghese da un lato e nelle esigenze finanziarie del capitalismo italiano dall’altro, oltre che in un antitetico atteggiamento nei confronti della Triplice. <356
Tuttavia tra le due correnti, eredi di una sensibilità risorgimentale ancora non sopita, esisteva un reciproco annidamento, «un arazzo composito di cui la massoneria fu spesso la tessitrice» nel nome di Trieste italiana. <357
Nel 1882, l’anno della Triplice, il gesto di Guglielmo Oberdan aveva alimentato l’opposizione mazziniana e repubblicana, innescando un più radicale irredentismo, la cui coda, negli anni che precedettero il conflitto, si declinò diversamente rispetto agli accesi fervori postgaribaldini, orientanta cioé più all’affermazione di una propria identità sociale e culturale, corrispondente alla propria lingua parlata. <358
Mario Isnenghi sottolinea che "motore ideale - postumo - di una ipotetica ‘quarta’ guerra d’indipendenza, la città giuliana poco o nulla ha avuto a che fare con le tre guerre d’indipendenza reali". <359
Il conflitto nazionale nella Trieste asburgica era un risultato ibrido, in cui confluivano pre-esistenti diversità etniche, come quelle tra città e campagna (dunque tra italiani urbanizzati e contadini sloveni) e tra le diverse origini geografiche dell’élite economica, accomunate dall’italiano come lingua franca del commercio nell’Adriatico. Gli italiani erano presenti in tutti gli strati sociali della città. <360
Proprio quest’irredentismo dunque, unito ad un utilitarismo economico di classi imprenditoriali piccolo-borghesi divenute protagoniste di nuove professioni manageriali, sarà uno dei tratti caratterizzanti delle piegature strategiche con cui gli impresari cinematografici e teatrali a Trieste, come a Fiume e nel Litorale, operavano durante quegli anni di difficile sopravvivenza e di affiancamento alla causa italiana. Accanto ad una mobilitazione generale dell’esercito, della marina di guerra e delle due milizie territoriali (austriaca e ungherese), con la chiamata progressiva delle classi di leva sorse una parallela ‘mobilitazione’ antiaustriaca civile, infiltrata nelle pieghe di ogni aspetto della vita comunitaria. <361
Le ripercussioni della mobilitazione nel luglio del 1914 non si ebbero solo nella vita economica cittadina, ma anche nell’animo collettivo della popolazione che, colta dal panico, si recava agli istituti di credito per ritirare i propri depositi. Ad intensificare tale sentimento, di cui la corrente organizzata degli irredentisti era solo la punta emergente, aveva contribuito sicuramente il licenziamento dei lavoratori ‘regnicoli’, che non possedevano dunque la cittadinanza austriaca, disposto dal ministero degli Interni nel novembre del 1913, provvedimento contro il quale il Comune aveva presentato ricorso, ovviamente respinto, all’i. r. Tribunale.362 Ma la connotazione di ‘estraneità’ conferita a questa comunità italiana non trovava riscontro, essendosi gli italiani perfettamente integrati nel tessuto socio-economico triestino. <363
Tale sentimento trapelava anche nelle occasioni culturali, antecedenti il conflitto, fra cui le attività collaterali delle società sportive più irredentiste, come l’Associazione Giovanile Triestina (ex La Giovane Trieste), la Società Ginnastica Triestina, gli enti culturali come la Filarmonico-Drammatica e la Lega Nazionale, le associazioni di impiegati e di operai, le scuole di lingua italiana, fra cui i ricreatori comunali e il Ginnasio «Dante Alighieri». Mescolati ai programmi celebrativi, di varietà e cinematografici proposti, le iniziative di sapore antiaustriaco provocavano le animosità, con pratiche cospirative durante gli spettacoli (che portavano anche aumenti di cassetta, meno nobilmente patriottici) in cui erano coinvolti tanto i committenti quanto il pubblico. <364 Alla Ginnastica Triestina, sede dello scoperto nascondiglio di materiale dinamitardo che nel 1904 era stato fatto pervenire dagli irredentisti fuoriusciti di Udine, si organizzavano trattenimenti domenicali per le famiglie: proiezioni, concerti, recite della sezione filodrammatica o anche di attori che si trovavano in città; le pellicole erano «tutte italiane e quando si vedono passare sullo schermo i Reali d’Italia, o una bandiera tricolore, gli applausi sono fragorosi». <365
Proprio per il 28 giugno 1914 la Società Ginnastica aveva organizzato un convegno di tutte le società sportive della Dalmazia, del Friuli orientale, dell’Istria, del Trentino e di Trieste, per celebrare il primo mezzo secolo della sua attività: alle otto del mattino erano in parata tutti i rappresentanti delle maggiori associazioni patriottiche italiane, tra le quali l’associazione Edera e l’Associazione Giovanile Triestina.366 L’attività musicale di propaganda si traduceva musicalmente negli inni nazionali e nelle canzoni patriottiche, eseguiti durante gli eventi sportivi organizzati dal maestro istruttore Giacomo Fumis, membro dell’Associazione giovanile triestina e amico dei fratelli Depaul. <367 La Società Alpina delle Giulie e l’Associazione Giovanile Triestina completavano l’opera della Società Ginnastica. <368 L’attività principale della prima, massonica e antislava, la cui loggia aveva sede a Roma, rivendicava (come dice il nome) l’appartenenza all’Italia dei territori al di qua delle Alpi; le riunioni si tenevano nell’abitazione privata sia del suo presidente Felice Venezian, che del presidente del teatro Verdi Aristide Costellos e i convenuti tenevano sottomano il progetto della costruzione di un teatro, nel caso di una improvvisa incursione della polizia.
L’idea risorgimentale mancata accomunava anche il proletariato, la popolazione ‘anonima’ e la psicologia collettiva di una parte della cittadinanza italiana di ceto medio che, nei teatri come negli altri luoghi di ritrovo pubblico, manifestava la propria delusione e il proprio ardore patriottico. <369
[NOTE]
349 Giorgio Negrelli, Dal municipalismo all'irredentismo. Appunti per una storia dell'idea autonomistica a Trieste. Fonti e memorie, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, in «Rassegna storica del Risorgimento» a. 57, fasc.. 3 (lug.-set. 1970), pp. 347-416; Attilio Tamaro, Storia di Trieste, con saggio introduttivo di Giulio Cervani: La storia di Trieste di Attilio Tamaro, genesi e motivazione di una storia Trieste, II, Trieste, LINT 1976; Carlo Schiffrer, Le origini dell'irredentismo triestino 1813-1860, Udine, Del Bianco, 1979; Angelo Vivante, Irredentismo adriatico, con uno studio di Elio Apih, La genesi di Irredentismo adriatico, Trieste, Italo Svevo, 1984; Augusto Sandonà, L'irredentismo nelle lotte politiche e nelle contese diplomatiche italo-austriache 1878-1896, Bologna, Zanichelli, 1938.
350 Luca Manenti, Massoneria e irredentismo. Geografia dell’associazionismo patriottico in Italia tra Otto e Novecento, Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Trieste 2015, pp. 57 sgg. Si veda anche Bruno Coceani, Milano centrale segreta dell’irredentismo, La stampa commerciale, Milano 1962,p. 17. Coceani fu prefetto di Trieste dal 1943 al 1945; vedi, Bruno Coceani, Mussolini, Hitler, Tito alle porte orientali d'Italia, Bologna, Cappelli, 1948.
351 Per questi industriali e la loro affiliazione massonica si veda Anna Millo, L’elite al potere cit., pp. 61, 66, 88, e 111. Inoltre Diego Redivo, Un pensiero imperialista per Trieste: l’irredentismo alla vigilia della guerra, in Fabio Todero (a cura di), L’irredentismo armato. Gli irredentismi europei davanti alla guerra (Atti del Convegno, Gorizia-Trieste maggio 2014), Quaderni dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, II, pp. 303-324: 321. Sull’ebraismo triestino tra Otto e Novecento si veda Tullia Catalan, La Comunità ebraica di Trieste (1781-1914). Politica, società e cultura, Trieste, Lint 2000, p. 284. Il comune obiettivo di rivendicazione nazionale cementò molte amicizie tra ebrei e non ebrei, aderenti agli ambienti associativi di carattere nazionale (la Lega Nazionale, la Pro Patria, la Società Ginnastica, la Società Alpina delle Giulie): ivi, p. 318.
352 Segretario era Eugenio d’Italia: cfr. Guida generale cit., 1914. ad vocem.
353 Guida generale cit., 1914 e 1915, ad vocem. Basti pensare che, per erigere il Teatro Armonia, nel 1857 Francesco Hermet si avvalse di cittadini facoltosi quali il barone Pasquale Revoltella, il barone Giovanni B. Scrinzi, il barone Giovanni G.. Sartorio, Carlo M. Morpurgo, e altri; nella Società Anonima proprietaria del Politeama Rossetti figuravano i nomi del barone Rosario Currò (presidente), del conte Giovanni Battista Sordina, del cav. Giovanni Scaramangà e del futuro podestà Paolo Emilio Salem (direttori): si vedano Paolo Quazzolo, Un teatro scomparso: l’Armonia di Trieste, in «Archeografo Triestino», s. IV, LXIII (CXI), 2003, pp. 313-330.
354 Anna Millo, L’élite al potere cit., p. 120.
355 La battaglia patriottica era portata avanti principalmente dal partito liberal-nazionale e dalle associazioni irredentiste di ispirazione mazziniana, come già argomentato: Luca Manenti, Massoneria e irredentismo, cit.,p. 27. Anna Millo, L’élite al potere cit., p. 98.
356 Giovanni Sabbatucci, Il problema dell’irredentismo cit., pp. 467-468.
357 Luca G. Manenti, Massoneria e irredentismo cit., p. 29.
358 Sul disappunto degli ambienti garibaldini e mazziniani verso la politica italiana ufficiale che, per perseguire una moderata politica collaborativa con la corona asburgica, non premeva per la rivendicazione su Trentino e Adriatico si veda Roberto Spazzali, Guglielmo Oberdan tra ribellismo politico ed irredentismo nazionale, in «Quaderni Giuliani di Storia», 2 (2014), pp. 321-334. Sul fenomeno del volontariato dei regnicoli come diretta espressione delle ansie irredentiste e di un patriottismo declinato nelle diverse appartenenze nazionali, si veda Fabio Todero, Morire per la patria. I volontari del Litorale Austriaco nella Grande Guerra, Udine, Gaspari 2005.
359 Mario Isnenghi, I fatti e le percezioni dal Risorgimento cit., p. 289.
360 Sabine Rutar, Le costruzioni dell’io e dell’altro nella Trieste asburgica: i lavoratori e le nazionalità, in Marina Cattaruzza (a cura di), Nazionalismi di frontiera. Identità contrapposte sull’Adriatico nord-orientale 1850-1950, Rubbettino, Soveria Mannelli (CT) 2003, pp. 23-56, 25-26.
361 Sulla mobilitazione generale si veda «Il Lavoratore», 1 agosto 1914.
362 I famosi ‘decreti Hohenohe’: Marina Silvestri, Lassù nella Trieste asburgica, cit., pp. 289-298. «Il 1914 a Trieste e nel mondo» Raccolta di notizie cit., terza puntata, luglio 1914).
363 Come ben argomentato da Marina Silvestri. Lassù nella Trieste asburgica, cit., p.251 sgg.
364 Una densa e informata panoramica delle figure che animarono gli ambienti culturali, e politici della Trieste irredenta è fornita dal direttore del «Piccolo» nel venticinquennio del primo dopoguerra: cfr Rino Alessi, Trieste viva. Fatti, uomini, pensieri, Firenze, Casini Editore 1954, pp. 196 sgg.
365 Aurelia Reina Cesari, Trieste, la guerra cit, pp. 59-60..
366 Cesare Pagnini, Manlio Cecovini, I cento anni della società ginnastica triestina, pp. 154-155.
367 Ivi, pp. 131-132. Per Fumis e Attilio e Marcello Depaul e la loro attività all’interno dell’Associazione Giovanile Triestina, forse la più attiva associazione irredentistica esistente negli anni a ridosso dello scoppio del conflitto, rinvio al cap. II, par. 2.2.
368 Il comitato segreto d’azione «dell’Alpe Giulia» nel 1894 cederà il suo nome alla loggia Alpi Giulie: tra i componenti, presenti in tutte le manifestazioni irredentiste tra il 1866 e il 1878, troviamo anche il tipografo Giuseppe Caprin ed Edgardo Rascovich: cfr. Silvio Gratton, Trieste segreta, Trieste, Ed. Italo Svevo 1987, pp. 22-23 e 51-52. La Società delle Alpi Giulie era alle dipendenze del GOI quale branca cittadina della loggia speciale Propaganda massonica, ideata nel 1877 dal gran maestro Giuseppe Maoni, per accogliervi maggiorenti della società civile di cui era preferibile non rendere pubblica l’appartenenza all’Ordine: in Luca G. Manenti, Massoneria e irredentismo cit., p. 243.
369 Alla delusione trasversale, avvertita tanto dagli intellettuali quanto da tutti gli schieramenti fino a diventare una forma mentis, richiamata da Alceo Riosa, Adriatico irredento. Italiani e slavi sotto la lente francese (1793-1918), Alfredo Guida, Napoli 2009, pp. 13 sgg.
Fabiana Licciardi, Echi nei Theater-Kino-Varieté di un confine in guerra: Trieste 1914-1918, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno accademico 2016-2017
Alla lotta per l’autonomia della città presiedeva il Municipio che, attraverso il finanziamento di associazioni e scuole, sosteneva i baluardi del dissenso italiano con il governo austriaco, mentre gli slavi contrapponevano un proprio autonomismo, ma fedele alla Corona. La borghesia triestina liberal-nazionale era in stretto contatto con la massoneria d’Italia, in particolare di Milano, alla quale facevano diretto riferimento gli esponenti del Circolo Garibaldi di Trieste e della Società Dante Alighieri. <350
Era guidata da Felice Venezian e capeggiata da facoltosi imprenditori che, fino al 1914, con l’emporio avevano maturato i propri patrimoni ed erano entrati, oltre che negli organismi industriali e bancari austriaci, anche nella direzione dei maggiori teatri e associazioni culturali: tra coloro che occupavano i posti più prestigiosi, e di appartenenza linguistica italiana, vi erano il futuro senatore commendatore Salvatore Segrè, il barone Rosario Currò, il barone Enrico Paolo Salem, l’avvocato Aristide Costellos, tutti di tendenze nazionaliste. <351
Rosario Currò figurava nei direttivi del Teatro comunale Giuseppe Verdi e del politeama Rossetti, <352 il commendator Segrè tra i direttori della Società Filarmonico-Drammatica e del Circolo Artistico Triestino, oltre che cassiere del teatro Verdi; Salem era presidente del politeama Rossetti. <353 I tre siedevano anche nel consiglio di amministrazione delle Assicurazioni generali, la compagnia che, per statuto, manteneva a Venezia una sede della sua duale attività, in adesione al programma della grande imprenditoria veneta di penetrazione economica in Oriente attraverso la penisola balcanica.354 Parallelamente, con sempre minori punti di contatto con la prima, viveva una corrente minoritaria irredentista di ispirazione mazziniana, a cui guardava invece la piccola borghesia, costituita da imprenditori, commercianti e artigiani: ed era questa l’appartenenza socio-economica dei proprietari e degli impresari del mondo cinematografico e teatrale di nuovo conio. <355
Giovanni Sabbatucci già negli anni Settanta faceva luce sulla distinzione tra irredentismo e nazionalismo, riassumibile nelle nostalgie garibaldine dell’intellettualità piccolo-borghese da un lato e nelle esigenze finanziarie del capitalismo italiano dall’altro, oltre che in un antitetico atteggiamento nei confronti della Triplice. <356
Tuttavia tra le due correnti, eredi di una sensibilità risorgimentale ancora non sopita, esisteva un reciproco annidamento, «un arazzo composito di cui la massoneria fu spesso la tessitrice» nel nome di Trieste italiana. <357
Nel 1882, l’anno della Triplice, il gesto di Guglielmo Oberdan aveva alimentato l’opposizione mazziniana e repubblicana, innescando un più radicale irredentismo, la cui coda, negli anni che precedettero il conflitto, si declinò diversamente rispetto agli accesi fervori postgaribaldini, orientanta cioé più all’affermazione di una propria identità sociale e culturale, corrispondente alla propria lingua parlata. <358
Mario Isnenghi sottolinea che "motore ideale - postumo - di una ipotetica ‘quarta’ guerra d’indipendenza, la città giuliana poco o nulla ha avuto a che fare con le tre guerre d’indipendenza reali". <359
Il conflitto nazionale nella Trieste asburgica era un risultato ibrido, in cui confluivano pre-esistenti diversità etniche, come quelle tra città e campagna (dunque tra italiani urbanizzati e contadini sloveni) e tra le diverse origini geografiche dell’élite economica, accomunate dall’italiano come lingua franca del commercio nell’Adriatico. Gli italiani erano presenti in tutti gli strati sociali della città. <360
Proprio quest’irredentismo dunque, unito ad un utilitarismo economico di classi imprenditoriali piccolo-borghesi divenute protagoniste di nuove professioni manageriali, sarà uno dei tratti caratterizzanti delle piegature strategiche con cui gli impresari cinematografici e teatrali a Trieste, come a Fiume e nel Litorale, operavano durante quegli anni di difficile sopravvivenza e di affiancamento alla causa italiana. Accanto ad una mobilitazione generale dell’esercito, della marina di guerra e delle due milizie territoriali (austriaca e ungherese), con la chiamata progressiva delle classi di leva sorse una parallela ‘mobilitazione’ antiaustriaca civile, infiltrata nelle pieghe di ogni aspetto della vita comunitaria. <361
Le ripercussioni della mobilitazione nel luglio del 1914 non si ebbero solo nella vita economica cittadina, ma anche nell’animo collettivo della popolazione che, colta dal panico, si recava agli istituti di credito per ritirare i propri depositi. Ad intensificare tale sentimento, di cui la corrente organizzata degli irredentisti era solo la punta emergente, aveva contribuito sicuramente il licenziamento dei lavoratori ‘regnicoli’, che non possedevano dunque la cittadinanza austriaca, disposto dal ministero degli Interni nel novembre del 1913, provvedimento contro il quale il Comune aveva presentato ricorso, ovviamente respinto, all’i. r. Tribunale.362 Ma la connotazione di ‘estraneità’ conferita a questa comunità italiana non trovava riscontro, essendosi gli italiani perfettamente integrati nel tessuto socio-economico triestino. <363
Tale sentimento trapelava anche nelle occasioni culturali, antecedenti il conflitto, fra cui le attività collaterali delle società sportive più irredentiste, come l’Associazione Giovanile Triestina (ex La Giovane Trieste), la Società Ginnastica Triestina, gli enti culturali come la Filarmonico-Drammatica e la Lega Nazionale, le associazioni di impiegati e di operai, le scuole di lingua italiana, fra cui i ricreatori comunali e il Ginnasio «Dante Alighieri». Mescolati ai programmi celebrativi, di varietà e cinematografici proposti, le iniziative di sapore antiaustriaco provocavano le animosità, con pratiche cospirative durante gli spettacoli (che portavano anche aumenti di cassetta, meno nobilmente patriottici) in cui erano coinvolti tanto i committenti quanto il pubblico. <364 Alla Ginnastica Triestina, sede dello scoperto nascondiglio di materiale dinamitardo che nel 1904 era stato fatto pervenire dagli irredentisti fuoriusciti di Udine, si organizzavano trattenimenti domenicali per le famiglie: proiezioni, concerti, recite della sezione filodrammatica o anche di attori che si trovavano in città; le pellicole erano «tutte italiane e quando si vedono passare sullo schermo i Reali d’Italia, o una bandiera tricolore, gli applausi sono fragorosi». <365
Proprio per il 28 giugno 1914 la Società Ginnastica aveva organizzato un convegno di tutte le società sportive della Dalmazia, del Friuli orientale, dell’Istria, del Trentino e di Trieste, per celebrare il primo mezzo secolo della sua attività: alle otto del mattino erano in parata tutti i rappresentanti delle maggiori associazioni patriottiche italiane, tra le quali l’associazione Edera e l’Associazione Giovanile Triestina.366 L’attività musicale di propaganda si traduceva musicalmente negli inni nazionali e nelle canzoni patriottiche, eseguiti durante gli eventi sportivi organizzati dal maestro istruttore Giacomo Fumis, membro dell’Associazione giovanile triestina e amico dei fratelli Depaul. <367 La Società Alpina delle Giulie e l’Associazione Giovanile Triestina completavano l’opera della Società Ginnastica. <368 L’attività principale della prima, massonica e antislava, la cui loggia aveva sede a Roma, rivendicava (come dice il nome) l’appartenenza all’Italia dei territori al di qua delle Alpi; le riunioni si tenevano nell’abitazione privata sia del suo presidente Felice Venezian, che del presidente del teatro Verdi Aristide Costellos e i convenuti tenevano sottomano il progetto della costruzione di un teatro, nel caso di una improvvisa incursione della polizia.
L’idea risorgimentale mancata accomunava anche il proletariato, la popolazione ‘anonima’ e la psicologia collettiva di una parte della cittadinanza italiana di ceto medio che, nei teatri come negli altri luoghi di ritrovo pubblico, manifestava la propria delusione e il proprio ardore patriottico. <369
[NOTE]
349 Giorgio Negrelli, Dal municipalismo all'irredentismo. Appunti per una storia dell'idea autonomistica a Trieste. Fonti e memorie, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, in «Rassegna storica del Risorgimento» a. 57, fasc.. 3 (lug.-set. 1970), pp. 347-416; Attilio Tamaro, Storia di Trieste, con saggio introduttivo di Giulio Cervani: La storia di Trieste di Attilio Tamaro, genesi e motivazione di una storia Trieste, II, Trieste, LINT 1976; Carlo Schiffrer, Le origini dell'irredentismo triestino 1813-1860, Udine, Del Bianco, 1979; Angelo Vivante, Irredentismo adriatico, con uno studio di Elio Apih, La genesi di Irredentismo adriatico, Trieste, Italo Svevo, 1984; Augusto Sandonà, L'irredentismo nelle lotte politiche e nelle contese diplomatiche italo-austriache 1878-1896, Bologna, Zanichelli, 1938.
350 Luca Manenti, Massoneria e irredentismo. Geografia dell’associazionismo patriottico in Italia tra Otto e Novecento, Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Trieste 2015, pp. 57 sgg. Si veda anche Bruno Coceani, Milano centrale segreta dell’irredentismo, La stampa commerciale, Milano 1962,p. 17. Coceani fu prefetto di Trieste dal 1943 al 1945; vedi, Bruno Coceani, Mussolini, Hitler, Tito alle porte orientali d'Italia, Bologna, Cappelli, 1948.
351 Per questi industriali e la loro affiliazione massonica si veda Anna Millo, L’elite al potere cit., pp. 61, 66, 88, e 111. Inoltre Diego Redivo, Un pensiero imperialista per Trieste: l’irredentismo alla vigilia della guerra, in Fabio Todero (a cura di), L’irredentismo armato. Gli irredentismi europei davanti alla guerra (Atti del Convegno, Gorizia-Trieste maggio 2014), Quaderni dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, II, pp. 303-324: 321. Sull’ebraismo triestino tra Otto e Novecento si veda Tullia Catalan, La Comunità ebraica di Trieste (1781-1914). Politica, società e cultura, Trieste, Lint 2000, p. 284. Il comune obiettivo di rivendicazione nazionale cementò molte amicizie tra ebrei e non ebrei, aderenti agli ambienti associativi di carattere nazionale (la Lega Nazionale, la Pro Patria, la Società Ginnastica, la Società Alpina delle Giulie): ivi, p. 318.
352 Segretario era Eugenio d’Italia: cfr. Guida generale cit., 1914. ad vocem.
353 Guida generale cit., 1914 e 1915, ad vocem. Basti pensare che, per erigere il Teatro Armonia, nel 1857 Francesco Hermet si avvalse di cittadini facoltosi quali il barone Pasquale Revoltella, il barone Giovanni B. Scrinzi, il barone Giovanni G.. Sartorio, Carlo M. Morpurgo, e altri; nella Società Anonima proprietaria del Politeama Rossetti figuravano i nomi del barone Rosario Currò (presidente), del conte Giovanni Battista Sordina, del cav. Giovanni Scaramangà e del futuro podestà Paolo Emilio Salem (direttori): si vedano Paolo Quazzolo, Un teatro scomparso: l’Armonia di Trieste, in «Archeografo Triestino», s. IV, LXIII (CXI), 2003, pp. 313-330.
354 Anna Millo, L’élite al potere cit., p. 120.
355 La battaglia patriottica era portata avanti principalmente dal partito liberal-nazionale e dalle associazioni irredentiste di ispirazione mazziniana, come già argomentato: Luca Manenti, Massoneria e irredentismo, cit.,p. 27. Anna Millo, L’élite al potere cit., p. 98.
356 Giovanni Sabbatucci, Il problema dell’irredentismo cit., pp. 467-468.
357 Luca G. Manenti, Massoneria e irredentismo cit., p. 29.
358 Sul disappunto degli ambienti garibaldini e mazziniani verso la politica italiana ufficiale che, per perseguire una moderata politica collaborativa con la corona asburgica, non premeva per la rivendicazione su Trentino e Adriatico si veda Roberto Spazzali, Guglielmo Oberdan tra ribellismo politico ed irredentismo nazionale, in «Quaderni Giuliani di Storia», 2 (2014), pp. 321-334. Sul fenomeno del volontariato dei regnicoli come diretta espressione delle ansie irredentiste e di un patriottismo declinato nelle diverse appartenenze nazionali, si veda Fabio Todero, Morire per la patria. I volontari del Litorale Austriaco nella Grande Guerra, Udine, Gaspari 2005.
359 Mario Isnenghi, I fatti e le percezioni dal Risorgimento cit., p. 289.
360 Sabine Rutar, Le costruzioni dell’io e dell’altro nella Trieste asburgica: i lavoratori e le nazionalità, in Marina Cattaruzza (a cura di), Nazionalismi di frontiera. Identità contrapposte sull’Adriatico nord-orientale 1850-1950, Rubbettino, Soveria Mannelli (CT) 2003, pp. 23-56, 25-26.
361 Sulla mobilitazione generale si veda «Il Lavoratore», 1 agosto 1914.
362 I famosi ‘decreti Hohenohe’: Marina Silvestri, Lassù nella Trieste asburgica, cit., pp. 289-298. «Il 1914 a Trieste e nel mondo» Raccolta di notizie cit., terza puntata, luglio 1914).
363 Come ben argomentato da Marina Silvestri. Lassù nella Trieste asburgica, cit., p.251 sgg.
364 Una densa e informata panoramica delle figure che animarono gli ambienti culturali, e politici della Trieste irredenta è fornita dal direttore del «Piccolo» nel venticinquennio del primo dopoguerra: cfr Rino Alessi, Trieste viva. Fatti, uomini, pensieri, Firenze, Casini Editore 1954, pp. 196 sgg.
365 Aurelia Reina Cesari, Trieste, la guerra cit, pp. 59-60..
366 Cesare Pagnini, Manlio Cecovini, I cento anni della società ginnastica triestina, pp. 154-155.
367 Ivi, pp. 131-132. Per Fumis e Attilio e Marcello Depaul e la loro attività all’interno dell’Associazione Giovanile Triestina, forse la più attiva associazione irredentistica esistente negli anni a ridosso dello scoppio del conflitto, rinvio al cap. II, par. 2.2.
368 Il comitato segreto d’azione «dell’Alpe Giulia» nel 1894 cederà il suo nome alla loggia Alpi Giulie: tra i componenti, presenti in tutte le manifestazioni irredentiste tra il 1866 e il 1878, troviamo anche il tipografo Giuseppe Caprin ed Edgardo Rascovich: cfr. Silvio Gratton, Trieste segreta, Trieste, Ed. Italo Svevo 1987, pp. 22-23 e 51-52. La Società delle Alpi Giulie era alle dipendenze del GOI quale branca cittadina della loggia speciale Propaganda massonica, ideata nel 1877 dal gran maestro Giuseppe Maoni, per accogliervi maggiorenti della società civile di cui era preferibile non rendere pubblica l’appartenenza all’Ordine: in Luca G. Manenti, Massoneria e irredentismo cit., p. 243.
369 Alla delusione trasversale, avvertita tanto dagli intellettuali quanto da tutti gli schieramenti fino a diventare una forma mentis, richiamata da Alceo Riosa, Adriatico irredento. Italiani e slavi sotto la lente francese (1793-1918), Alfredo Guida, Napoli 2009, pp. 13 sgg.
Fabiana Licciardi, Echi nei Theater-Kino-Varieté di un confine in guerra: Trieste 1914-1918, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno accademico 2016-2017